Ironia e creatività: le armi contro il ko da lockdown dello chef toscanaccio Stefano Frassineti
di Stefano Tesi
Ironia e creatività non sono un vaccino contro il Covid, ma possono aiutare a far sopravvivere le attività, tenere su il morale e magari individuare opportunità nuove per ripartire. Con la consueta causticità Stefano Frassineti, patron della Locanda Toscani da Sempre di Pontassieve e chef de Le Tre Rane di Ruffino si esprime a 360° sulla pandemia, la crisi della ristorazione, i movimenti di protesta dei ristoratori e la necessità di lambiccarsi il cervello per arrivare vivi al momento in cui, si spera, tutto ciò sarà solo un ricordo.
Come pochi altri ti sei dato da fare in questi mesi per tenere vivi il tuo lavoro e la clientela con servizi divertenti e invitanti. Ci fai qualche esempio?
Dopo i primi giorni, che per me sono stati di knockdown più che lockdown, ho preso consapevolezza della situazione e a metà marzo ho cominciato un delivery particolare, in collaborazione con Ruffino e lo studio di architettura Qart progetti: Cappuccetto (G)Rosso. Portavamo nelle case, oltre al piatto del giorno, anche una fiaba. Cambiando anche questa ogni giorno. E’ stato un momento particolarmente emozionante e anche di grande successo. Con la seconda chiusura ho deciso invece di lanciare i “kitte”, insomma un kit o una “scatola di montaggio” se preferisci, ovvero un contenitore con dentro tutto il necessario per farsi in casa un piatto da ristorante, ricetta compresa ovviamente. Anche quest’idea sta avendo molto successo, tanto che lo proporremo pure come regalo di Natale ”alternativo” insieme ai prodotti d’eccezione della Valle del Sasso di Santa Brigida, nostro fornitore di carni e salumi pregiatissimi.
Il “kitte” ha avuto una bella eco mediatica: credi la formula possa avere un seguito in tempi “normali” o sia addirittura un “modello di business”?
Credo di sì: ritrovata normalità, resta una formula che permette ai buongustai e agli amanti della cucina di cimentarsi anche in piatti anche elaborati, grazie all’assistenza di un tutor professionale, cioè io, che però non sarà in presenza, ma in video.
In effetti si discute molto se delivery e asporto siano “toppe” antiemergenza o appunto nuove vie commerciali per la risorazione: fuori dal tuo specifico, qual è la tua opinione?
Personalmente credo che siano un’opportunità oggettiva, ma in concreto penso vadano sempre valutati caso per caso e attentamente contestualizzati. Possono ad esempio essere una buona possibilità per allargare il giro di affari nelle grandi città. E magari, una volta messe a punto, che abbiano perfino le caratteristiche per diventare vere e proprie attività autonome, distaccate da quella di ristorazione in sé. Le variabili sono però moltissime e andrei causo a spacciarle come una panacea buona per tutti i mali del settore.
Hai in mente altre “trovate” nel il caso in cui – speriamo di no – il periodo di crisi dovesse andare avanti ancora per molti mesi e magari fino al 2022?
Al momento, se penso al 2022 come anno di uscita dal Covid, mi prende lo sconforto e non ho assolutamente idea di cosa potrei inventarmi per passare altri dodici mesi anno come questi che stanno finendo. Detto ciò, se il peggio dovesse succedere qualcosa in mente ce la faremo venire di sicuro. Ma è presto per saperlo ed io sono troppo concentrato sull’immediato, che è bello pesante già di per sè.
La Toscana è stato il cuore della protesta dei ristoratori, poi dilagata in tutta Italia. Quanto sei stato coinvolto e perché, secondo te, i risultati sono stati inferiori alle attese?
In realtà partecipo marginalmente alla protesta dei ristoratori toscani, li seguo ma non sempre condivido i toni e i modi della protesta. Credo comunque che la classe politica abbia risposto malissimo alle necessità della nostra categoria,
tirando fuori norme e regole una più imbarazzante dell’altra e sempre molto penalizzanti per tutti noi, senza nessunissima logica. Mi sono imposto però di non arrabbiarmi più di tanto e di essere il più sereno possibile, anche se è dura.
La ristorazione conosce molte tipologie. Da tuo punto di vista quali di questi settori sta soffrendo di più e quali avranno più difficoltà a riprendersi?
Il settore più in difficoltà in questo momento è senza dubbio la ristorazione turistica nelle città d’arte, che risente in maniera pesantissima della mancanza di turismo straniero e delle restrizioni per quello italiano, anche se probabilmente sarà anche quella che avrà il rimbalzo maggiore quando si tornerà alla normalità. Viceversa, la ristorazione media e di campagna potrebbe avere una crisi più lunga e difficile, perchè metà degli italiani non lavora, l’economia precipita, i redditi crollano e quindi, anche quando tutto sarà finito, ci saranno pochi soldi da destinare al ristorante.
Come gestisci in questa fase il rapporto con fornitori, anch’essi in difficoltà? Esiste il rischio che la crisi della ristorazione si allarghi ai produttori di vini, formaggi, salumi, etc.?
E’ un rischio reale e molto serio e purtroppo in alcuni casi è già una realtà. Tanti piccoli produttori di eccellenza stavano in piedi perché la ristorazione assorbiva e promuoveva i loro prodotti. Chi non aveva già una struttura commerciale solida, ad esempio una vendita diretta o una vendita on line fa già affermate, farà molta fatica. Credo però che questa possa anche essere una grossa occasione per creare legami nuovi e più profondi tra ristoratori e produttori nel nome della qualità, perchè una ripresa anche morale di questa monnezza di società non può che passare anche attraverso il recupero di certe cose…ma questa è un’altra storia.
Oltre che patron della locanda sei anche chef de Le Tre Rane di Ruffino: in che consiste, se c’è, la differenza tra strutture così diverse in un periodo di pandemia?
Sostanzialmente c’è
una sola ma grande differenza: Ruffino può affrontare questa crisi con maggiori mezzi e con migliori competenze. Tra le due realtà, organizzativamente parlando, non c’è paragone. Al momento della ripartenza, speriamo presto, Le Tre Rane saranno prontissime fin da subito. Noi, chissà…