Inzolia 2009 Sicilia igt Cantina Settesoli
Uve: Inzolia (o Ansonica)
Fascia di prezzo: sotto i 5 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Le cantine sociali, spesso snobbate dai wine-writer e dalla wine-community a causa della scarsa qualità dei vini prodotti in passato, delle grandi quantità di vino lavorato (sempre sfuso), degli ambienti vetusti e di quel vergognoso assistenzialismo che le ha sempre caratterizzate (in special modo in Sicilia, dove purtroppo esistono ancora realtà di questo tipo), oggi sembrano vivere una nuova “stagione “, fatta di efficienza, modernità, tecnologia e rispetto delle tradizioni territoriali.
Un rilevante esempio di questa rinascita è certamente costituito dalle Cantine Settesoli, una grande cooperativa vitivinicola con sede a Menfi (una fiorente cittadina di 13 mila abitanti, ricadente nella provincia di Agrigento e che dal 1995 dà il nome all’omonima, rinomatissima doc) che ha dimostrato grande competitività nonché di essere un vero e proprio volano economico del territorio in cui è inserita: oggi genera lavoro per oltre 3000 persone, più di ogni altra industria in Sicilia, ed stata eletta Cantina dell’anno 2008 dal Gambero Rosso. E’ un’azienda che produce più linee di vini, secondo il target-obiettivo di clientela.
Piuttosto che fare una scelta scontata ed optare per la linea “top” (la Mandrarossa), trattandosi di una Cantina Sociale, ho voluto verificarne la qualità partendo dalla linea “classica”, denominata appunto, “Settesoli”. Ho scelto quindi nel vicino Ipermercato una bottiglia di Inzolia in purezza, vitigno autoctono, prezzo 3.90 euro. Come ricordo sempre a molti amici, a bere vini buoni da 10-15 euro siamo tutti bravi: basta metter mani al portafogli. Il bello (e difficile!) è piuttosto trovare un vino altrettanto buono a meno di 5 euro (in Italia, un universo infinito!). Una volta portata la bottiglia ad una temperatura ideale di circa 10 gradi, stappo e verso il vino nel tulipanetto. Il colore, un limpidissimo giallo paglierino scarico ma con splendidi riflessi aurei, fa certo pensare ad un vino fresco, ma di buon equilibrio gustativo. Piuttosto chiuso in prima battuta, all’inizio si dimostra al naso abbastanza intenso ma non particolarmente complesso (tutto sommato accettabile per un vino giovane, in bottiglia da pochi mesi). Ad ogni modo, tergiverso un po’ con il calice in mano, ruotandolo più volte in senso orario, sperando che il vino si apra. Dopo circa 10 minuti buoni, in modo lieve ma percettibile si avvertono note floreali indistinte e soprattutto sentori di frutta decisamente più chiare: note agrumate, pesca bianca, melone cantalupo.
Il vino dimostra una certa “timidezza” di fondo nell’esprimersi, cionondimeno, sembra iniziare a “parlare”. La curiosa e gradevolissima nota di cantalupo mi accompagna per una buona decina di minuti. Resisto alla tentazione di portare il vino alla bocca. Ruoto nuovamente il calice, lo porto al naso e… Finalmente! Le note fruttate sembrano lasciare spazio a descrittori di erbe aromatiche. Mi sembra di riconoscere, anche se appena percettibile, la mentuccia, lievissima ma netta, e un remoto finale di origano fresco. Senza esitare porto dunque il vino in bocca. L’impatto è senz’altro fresco e sapido (la salivazione è evidente), il vino ha una buona spina dorsale, la vivacità della sua giovinezza si avverte inequivocabilmente, ma essendo di corpo, non si può non registrare un interessante equilibrio tra parti dure e parti morbide. Discreta l’intensità gustativa che, per certi versi delude rispetto al naso ma da un lato conferma la “chiusura” del vino. Stupisce invece la buona persistenza aromatica intensa finale, con quelle note di erbe aromatiche di fondo già avvertite sul finale olfattivo. Nel complesso, un vino franco, di buon livello, magari per tutti i giorni, ma che non ha sicuramente nulla da invidiare a tanti “colleghi” altisonanti di prezzo più alto e spesso deludenti.
Ho abbinato l’Inzolia di Settesoli alla pizza margherita, durante il settimanale ritrovo a casa del mio amico Alberto, appassionato cinefilo, con una videoteca di circa 1500 titoli e proiettore da 100 pollici.
Il film proiettato questa volta è stato SuperSize Me, un film–documentario del 2004 sul fast food in America, diretto ed interpretato da Morgan Spurlock, un filmaker statunitense indipendente, che decide di diventare la cavia di un folle e singolare esperimento: un mese di solo cibo McDonald’s. Dopo 30 giorni di questa abominevole dieta non solo ha guadagnato ben 11 kg ma ha anche provato improvvisi e repentini sbalzi di umore, preoccupanti disfunzioni sessuali e forte stanchezza. Durante la sua Mc-avventura, ha ingurgitato ben 15 kg di zucchero (cioè 1/2 kg al giorno) e ha assunto l’equivalente di ben 5 kg di grassi. Pur risalendo al 2004, il film è più che mai attuale. La cosa spaventosa è che negli USA ci sono milioni di persone che mangiano così ogni santo giorno, e il cibo-spazzatura viene imposto alla popolazione fin dall’infanzia attraverso una efficace azione di marketing. Inoltre il film evidenzia anche come questo “cibo” induca una notevole dipendenza. L’obesità costituisce ormai una enorme piaga sociale ed economica in America, dove la spesa sanitaria per far fronte ai problemi dell’eccesso di peso della popolazione
continua a crescere in maniera spropositata. Una recente ricerca della John Hopkins Bloomberg School of Public Health stima che entro il 2030, infatti, i cittadini americani saranno quasi tutti obesi, nove su dieci per l’esattezza. Quando guardo un film riesco, in genere, a non lasciarmi coinvolgere troppo emotivamente da ciò a cui assisto. Ma siccome l’imperialismo americano non conosce limiti di spazio-tempo, e sono milioni le persone che vorrebbero che tutto il mondo somigliasse all’America, non posso non preoccuparmi un po’. Vero è che da noi non è un pullulare di fast food come a Manhattan o a Boston. Ma è anche vero che è in aumento il consumo di carne (secondo Coldiretti, in Italia è aumentato del 300% dal dopoguerra ad oggi, mentre sono calati quelli di pane, pasta e vino) e di bevande gassate-zuccherate (i cui livelli di consumo hanno ormai abbondantemente superato quelli di vino: 66 litri annui contro 44 del vino, ai dati del 2008). E’ di questi giorni la notizia che Mc Donald’s Italia, dopo la fugace parentesi del McItaly, rilancerà da settembre con il “Mozzarillo”, un panino all’hamburger con uno strato di mozzarella italiana e insalata. Un nuovo panino, dunque, secondo un comunicato, dal sapore tipicamente italiano, che utilizzerà come ingrediente principe la mozzarella, prodotta esclusivamente con latte italiano 100%. E’ curioso notare come questa novità arrivi in un periodo “caldo” fatto di mozzarelle blu e ricotta rossa. Ad ogni modo, se abbiamo a cuore la salute nostra e quella dei nostri figli, cerchiamo di rimanere italiani, o meglio, “mediterranei”, mantenendo i “nostri” stili di vita (magari talvolta non propriamente “salutari”, ma certamente diversi, e più sicuri di quello americano). Iniziamo intanto con l’evitare i fast-food che troviamo nelle nostre città. Se i nostri figli insistono per andarci, perché attratti dal loro marketing esplosivo, dirottiamoli piuttosto sul “cibo da strada” tipico delle nostre zone, magari non proprio salutare, ma sicuramente altrettanto buono e “culturalmente” preferibile come scelta. Esaltiamo sempre più la nostra benefica dieta mediterranea, riduciamo il consumo di alimenti di origine animale e muoviamoci di più. Movimento fisico non significa solo fare sport: significa, per esempio, fare le scale al posto dell’ascensore, non usare l’auto per andare a comprare il pane, prendere l’abitudine di fare due passi la sera dopo cena. Pasteggiare a pizza e Inzolia mentre Morgan Spurlock buttava giù Cheeseburger e litri di Coca Cola era, devo ammetterlo, piuttosto confortante: ti dava l’impressione di sentirti protetto, al sicuro, ti faceva visionare tutto ciò con enorme distacco e non solo: mentre guardavo quel film ho compreso più che mai il valore inestimabile di quel grande, straordinario patrimonio che è costituito dalle nostre tradizioni enogastronomiche regionali. Un inespugnabile “fortezza culturale”, un solido e sicuro baluardo di tipicità, usi e tradizioni in grado di tutelarci, di difenderci efficacemente dagli “attacchi barbarici” d’oltreoceano. E’ il caso di dirlo: nel match PIZZA&INZOLIA vs CHEESEBURGER&COCA COLA, il primo gruppo, almeno per quanto mi riguarda, vince per KO, di sicuro.
Questa scheda è di Carmelo Corona
Cantine Settesoli s.c.a. – S.S. 115 – 92013 Menfi (AG) – Tel 0925 77111 – Fax 0925 75707 – www.cantinesettesoli.it – [email protected] – Produzione: 20 milioni di bottiglie – Numero soci: 2300 – Ettari vitati: 6500 – Vitigni: Inzolia, Catarratto, Grecanico, Chardonnay, Fiano, Viognier, Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Sangiovese, Sirah, Merlot, Cabernet Sauvignon. Enologo: Domenico De Gregorio. Presidente: Diego Planeta.
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Bene Carmelo, è giusto occuparsi anche delle cantine sociali. E mi fa piacere che questa realtà siciliana produca un buon vino, soprattutto valutando il rapporto qualità-prezzo. Leggo anche che l’artefice di cotanto successo(la cooperativa ha ben tre linee di prodotti) è impersonificato dal presidente Diego Planeta, titolare anche di un’azienda sua, familiare. E’ un po’ come se Mastroberardino, in Campania, fosse anche presidente di una delle poche e malridotte cooperative della regione, oltre che essere stato presidente nazionale dell’asso-vini, vicepresidente in carica(di fatto presidente) del consorzio di tutela dei vini dell’Irpinia, ecc. ecc. Non siamo ancora a questo punto, e qui i risultati di tali intricati rapporti che sono sotto gli occhi di tutti, sono ben diversi da quelli siciliani che tu descrivi!Mi domando, e ti domando, come fa Diego Planeta a tenere ben distinti i rispettivi ruoli che assume a seconda dell’interlocutore che ha di fronte? Se ha queste capacità, credo debba fare un pensierino per le prossime politiche e proporsi in alternativa a qualche mostro sacro in termini di capacità di governo dei conflitti…
P.S. Perchè il bicchiere lo fai roteare in senso orario?(sei mancino?) Generalmente questa operazione si fa in senso antiorario…
Ciao, Lello.
Ciao Lello! Innanzitutto ti ringrazio affettuosamente per il tuo (sempre) gradito contributo. Il Presidente della Cantina Diego Planeta è effettivamente l’uomo-simbolo del “miracolo” Settesoli. Di nobile lignaggio e spessore intellettuale, carismatico e cosmopolita, umile e concreto… E dimmi tu chi, se non un uomo con queste doti, poteva fare un simile miracolo. L’azienda agricola Planeta (che nasce sicuramente da una sua geniale intuizione) e che oggi produce vini in più siti della Trinacria (Sambuca, Menfi, Vittoria, Noto ed Etna) non è mai stata gestita da lui ma esclusivamente dalla nuova generazione (sua figlia Francesca ed i nipoti Alessio e Santi). Ruoto normalmente il bicchiere in senso antiorario (involutivo) solo per saggiare visivamente la consistenza del vino salvaguardandone il “naso”. In senso orario (cioè da Ovest verso Est, il senso della rotazione terrestre) per dar modo all’odoroso nettare, di aprirsi, di esprimersi, di liberare tutto il suo spettro aromatico. E’ una vecchia regola empirica, che mi hanno insegnato e che ormai applico meccanicamente.