Invecchiato Igp. Riparossa 2002 Aglianico del Vulture doc, Eubea
di Luciano Pignataro
I vini parlano al palato e all’anima. Dipende dalla suggestione, dai ricordi, dal momento, dal luogo in cui vengono bevuti. Ci può essere qualcosa di più commovente di bere un aglianico di 22 anni nel cuore dei Sassi di Matera? Man mano che gli anni passano sono sempre più alla ricerca di occasioni speciali da raccontare e il viaggio al Sud resta una delle esperienze ancora lontana dalle narrazioni commerciali che partono dal nonno e finiscono in euro.
E la Basilicata forse è la regione che ha meno cambiato pelle da quando mi occupo di vino: per molti questo sarebbe uno svantaggio, per me è un elemento che dovrebbe trascinare qualsiasi narratore a precipitarsi fra castelli federiciani, boschi, pastori e sassi varcando i campi di grano lungo il Basento, il trampolino ideale per tuffarsi nello Jonio, a Metaponto.
In uno di questi trasferimenti, necessariamente in auto, ci fermiamo insieme alle care amiche e colleghe Antonella Amodio e Fabiola Pulieri nel ristorante di Vitantonio Lombardo, eroica stella che ha resistito nel cuore della città ancestrale e che troviamo in magnifica forma.
La giornata è tiepida, l’inverno è ormai alle spalle ma l’estate ancora non ha cominciato a rompere i coglioni e cambiamo il programma che doveva portarci nella magnifica Taranto per Ego Festival decidendo di fermarci a pranzo da Batman e Robin, ossia Vitantonio e Donato Addesso, suo fido maitre e sommelier ormai da 12 anni che lo ha seguito dai tempi eroici di Locanda Severino a Caggiano.
Si parla, si assaggia, si sta bene, chiediamo qualcosa di vecchio per godere sull’agnello che lo chef prepara in maniera eccezionale. Ed è così che Donato ci porta un fuori carta, il Riparossa 2001 dell’azienda Eubea a Ripacandida nel Vulture, la storica cantina oggi diretta da Eugenia Sasso, nipote del fondatore che la creò nel 1922 e che noi seguiamo dai tempi in cui il comando era del papà Francesco, detto Il professore, protagonista dell’aglianico vulturino da mezzo secolo. Eugenia, come il padre, è una persona riservata, concentrata sulla famiglia e sul lavoro, di altri tempi insomma. Come quest’aglianico che ci apre Donato superando la difficoltà di un tappo ormai compromesso.
Ci sono due elementi che rendono straordinaria questa bevuta, a parte le circostanze descritte, ossia il momento, la compagnia, il cibo. Il primo è che l’annata 2002, qualcuno lo ricorderà, non è stata particolarmente favorevole per i rossi, anche al Sud. Fu l’anno, ad esempio, in cui Biondi Santi decise di non produrre Brunello e Mastroberardino di seguirlo saltando il Taurasi. Il secondo elemento è che il Riparossa era considerato un vino di ingresso, lavorato solo in acciaio, il più basso di una gamma che arrivava sino al Roinos, che il professore Sasso concepi con l’enologo sannita Angelo Pizzi. Tanto che nella mia guida dedicata ai vini della Basilicata del 2005 l’etichetta non era neanche citata.
Bene, in questo caso bisogna avere pazienza e saper attendere, superare l’odore di ridotto lasciando all’Aglianico il tempo di ossigenarsi e di riprendersi. Piano piano il rosso ha iniziato a prendere fiato e a restituire al naso quelle sensazioni di foglia secca, carruba, cenere, persino rimandi di conserva di amarena e note di macchia mediterranea. Come sempre quando si tratta di Aglianico, è al palato che si gode di un ritmo energico e vivo, con una freschezza sicuramente domata dal tempo ma che mantiene il vino e ne fa una ragione per proseguire. In questa versione, spicca anche una complessiva eleganza e un colore che gaglioppeggia, segno di una estrazione non prolungata.
A dirla tutta, in un momento in cui l’Aglianico del Vulture procedeva a tappe spedite verso gli eccessi di estrazione e di surmaturazione, la sopravvivenza di questa versione la dice lunga su quale sarebbe stata, ed è ancora, la strada da imboccare quando si affronta questo vitigno così ostico, del resto non è un caso che proprio in questa direzione, a cominciare dal 2004, è andata Elena Fucci con il suo Titolo pluripremiato.
Sorso dopo sorso la bottiglia finisce e ci mettiamo leggeri e contenti in auto verso la città dei due mari, un’ora di viaggio confortata da una esperienza perfetta.