InvecchiatIGP | Barbaresco Rabajà 2005 Giuseppe Cortese


Barbaresco Rabajà 2005 Giuseppe Cortese

Barbaresco Rabajà 2005 Giuseppe Cortese

di Roberto Giuliani

Sono passati vent’anni da quando sono stato la prima volta in cantina da Giuseppe e Pier Carlo, ero già innamorato dei loro vini ma avevo bisogno di capire meglio chi era a farli e di osservare quell’anfiteatro di vigneti dove confluiscono molte tra le migliori aziende produttrici di Barbaresco.

Chi l’avrebbe mai detto che un romano (anche se non di famiglia) sarebbe stato conquistato dal popolo langhetto e dalle sue terre! Merito prima di tutto del nebbiolo, vitigno che più di ogni altro riesce a mandarmi in sollucchero, a sciogliermi come un cioccolatino, a farmi fusare come un gatto…

Persino un’annata assai poco celebrata come la 2005, a mio avviso molto classica, certamente non facile – tanto che sul sito della famiglia Cortese è valutata tre stelle su cinque – è riuscita a conquistare il mio cuore. Da subito. E ne ho assaggiate tante, anche di Barolo, Roero e delle altre zone dove il nebbiolo è di casa, come la Valtellina, l’Alto Piemonte e la Valle d’Aosta. Raramente sono rimasto deluso.

Cortese - famiglia

Cortese – famiglia

Annata non per tutti, forse, poco incline a concedere grazia e rotondità, semmai austera, essenziale, ma proprio per questo di un’eleganza che trapela con il passare degli anni.

Il Barbaresco Rabajà 2005 è tutto questo, un vino che mette in evidenza quanto non teme il tempo a dispetto di una valutazione all’epoca non entusiastica.

Sta lì, nel calice da oltre mezz’ora, un colore granato vivo che non cede niente, ogni tanto cerco di afferrarne un velo di fragilità, ma non lo trovo. È maledettamente vivo, assertivo, più passa il tempo e più tira fuori frutto, frutto tosto, non marmellatoso, prugna e ciliegia, addirittura si possono cogliere note di viola e iris, cenni agrumati, potremmo trovarci anche sfumature di tabacco e cuoio, ma vanno davvero cercate, meglio liquirizia, radici, sassi sgretolati.

In bocca ci ricorda il tannino del nebbiolo, verace e generoso, ma oggi perfettamente in sintonia con la materia, mentre l’acidità ci ricorda che di strada da fare ne ha ancora tanta, intanto si fa balsamico, di erbe aromatiche e spezie finissime, e siamo già al terzo sorso…

 

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