Il “viscuotto” de La Campagnola -Biscottificio dal 1960. Tutto il fascino del pane biscottato
di Carmen Autuori
Un cartello sbiadito dal tempo ed una moderna struttura di cemento e acciaio si affacciano sulla provinciale che attraversa Puglietta, frazione di Campagna, uno dei piccoli paesi dell’entroterra salernitano, tra filari di ulivi ed orti curatissimi tanto da sembrare giardini.
E poi c’è un elemento, l’ingegno, che non è visibile agli occhi ma è il fulcro di tutta la storia, quella di Bruno Cerrore, titolare de La Campagnola – Biscottificio dal 1960 che da oltre di sessant’anni produce pane biscottato (qui si chiama ‘viscuotto’) e che tra pochi mesi sarà riconosciuto come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). Ma andiamo per gradi.
Nella cultura contadina di tutto il Meridione, e non solo, l’esigenza di conservare il pane il più a lungo possibile era prioritaria: solo una piccola parte veniva consumata fresca, il resto veniva fatto asciugare nel forno a legna, il più delle volte di proprietà della famiglia. Solo chi non ne possedeva uno, usufruiva di quello del paese a fronte o di una piccola somma di denaro oppure di alcuni pezzi di pane.
A Puglietta Michele ed Angela Cerrone, genitori di Bruno, negli anni Sessanta erano già considerati panificatori all’avanguardia perché avevano sostituito il tradizionale forno a legna con il quale era iniziata la loro attività con quello ad olio combustibile.
Oltre al pane, producevano i ‘viscuotti’, prodotto molto diffuso sul territorio perché in grado di risolvere il problema del pranzo dei carbonai impegnati nella trasformazione della legna del monte Polveracchio in carbone vegetale. In quel piccolo locale, con le mani in pasta, Bruno ci era cresciuto ed aveva imparato l’arte da mamma Lilina.
<< Negli anni Settanta, la richiesta di pane sia fresco che biscottato era davvero ridotta perché questa è una zona di campagna e la maggior parte delle famiglie lo produceva in casa nel proprio forno a legna – spiega Bruno Cerrone -, si rese necessario, allora dare una svolta all’attività di famiglia. Siccome sono stato sempre convinto che ‘il problema non è il problema, ma trovare una soluzione ad esso’, decisi di guardare al mercato di Salerno e a quello del Cilento che, soprattutto nella stagione estiva si andava sempre più popolando di turisti. E la svolta poteva essere proprio il pane biscottato che, essendo un prodotto adatto alla lunga conservazione, eliminava la ‘resa’ del pane fresco che costituiva invece un ulteriore costo per il laboratorio>>.
Inizia così, in maniera quasi pioneristica, l’ascesa commerciale de La Campagnola. Bruno macinava chilometri su chilometri su e giù per la provincia per far conoscere il ‘viscuotto’ che venne immediatamente apprezzato per il suo equilibrio di gusto e friabilità e non c’era fiera del settore che gli sfuggisse per carpire tutte le novità utili alla sua attività.
Così la grande esperienza acquisita sul campo da Bruno ha fatto sì che il suo pane biscottato, oltre al gusto che sa di antico, mantenga la caratteristica di non sfaldarsi a contatto con l’acqua, grazie all’attenta scelta della materia prima e alle tecniche di lavorazione che coniugano metodi di preparazione artigianali a standard industriali.
Bruno monitora ogni fase produttiva, dall’impasto alla lievitazione, dalla cottura (sempre in forni con pietra refrattaria) all’essiccazione e al confezionamento, passaggio importantissimo quest’ultimo per preservare la friabilità del prodotto. A tal proposito La Campagnola è stata tra i primi biscottifici a dotarsi del sistema della doppia busta.
Nel 2006 l’inaugurazione della nuova sede, una moderna struttura dotata di tutti gli standard per una produzione su larga scala che mantiene, però, le caratteristiche del prodotto artigianale. Ne è esempio la tagliatrice, realizzata su disegno di Bruno in persona, che taglia il biscotto come se fosse spezzato a mano perché, ricordiamolo, il viscuotto tradizionale si ottiene dai pezzi di pane spezzati rigorosamente a mano. E qui viene fuori, ancora una volta, l’ingegno di Cerrone che cerca di adattare la macchina all’uomo e non viceversa.
Ad affiancare papà Bruno nell’azienda di famiglia, oggi ci sono Marta laureata in economia, a lei spetta la gestione amministrativa, e Sabrina, psicoterapeuta, che invece si occupa del marketing e della comunicazione.
Nel corso degli anni l’azienda, costantemente attenta alle esigenze di una clientela sempre più vasta – oggi sono circa 1600 le confezioni di pane biscottato prodotte ogni giorno -, ha differenziato la sua offerta.
Accanto agli iconici biscotti di grano che restano lo zoccolo duro della produzione, La Campagnola produce tozzetti, sia da farina bianca che integrale senza alcuna aggiunta di grassi, sostanzialmente lo stesso impasto ma di dimensioni più piccole. La loro friabilità fa sì che necessitino di un passaggio brevissimo in acqua che può essere tranquillamente evitato se accompagnano minestre alquanto brodose. Squisiti in abbinamento alla zuppa di pesce oppure con zuppe di legumi.
Ultime nate a casa La Campagnola sono le schiacciatine, in pratica fette di pane a biscotto, prodotte in tre varianti: di grano, miste integrali ed ai cereali.
<<Queste sono forse il prodotto più versatile della nostra produzione perché si rivelano un validissimo sostituto del pane, utile soprattutto quando per esigenze lavorative si è costretti a pranzare fuori, ma non solo. La loro consistenza particolarmente friabile che non necessita in alcun modo del passaggio in acqua ed il sapore totalmente neutro le rende adatte anche per la colazione, magari con l’aggiunta di un velo di burro ed un po’ di marmellata – spiega Marta -. Accompagnano egregiamente un tagliere di salumi e formaggi, ma anche dei patè per un aperitivo veloce e gustoso. Insieme allo chef Fabio Pesticcio del ristorante Il Papavero di Eboli, 1 stella Michelin, stiamo studiando alcune ricette che vedranno protagonisti i nostri prodotti>>.
Insomma, ne sta facendo di strada il pane biscottato che, da sempre associato alla sussistenza, sta conquistando anche i palati più raffinati.
Come dicevamo all’inizio, la famiglia Cerrone è impegnata in una nuova sfida, sicuramente la più importante per questo prodotto che rappresenta la storia e anche la memoria di un territorio: il riconoscimento come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT). Il percorso è iniziato già da un po’, si aspetta solo l’ufficialità. Gli elementi ci sono tutti: tradizione, territorio, materie prime, tecniche di produzione e l’ingegno di Bruno Cerrone da cui tutto è partito.
Le foto sono di Rosario Rizzo