Il vino italiano nel 2025. Intervista a Donatella Cinelli Colombini


Donatella Cinelli Colombini

di Giulia Cannada Bartoli

Donatella Cinelli Colombini, imprenditrice toscana di Casato Prime Donne a Montalcino e Fattoria del Colle a Trequanda (Si). Fondatrice del Movimento del Turismo del Vino, tra le socie fondatrici dell’Associazione Nazionale delle Donne del Vino di cui è stata a lungo Presidente nazionale. Oggi presiede il sodalizio regionale.

Ho voluto sentire la sua opinione sia, per autorevolezza, sia, perché il mio percorso nel mondo del vino è iniziato grazie a lei.

Quali sono le maggiori preoccupazioni per le aziende vinicole?

Voglio partire dalla crescita del consumo, soprattutto tra i giovani, delle bevande alternative al vino.  La cosa che mi preoccupa maggiormente  è la cannabis.  La cannabis, per scopi ricreativi, è la diretta competitor del vino. E’ infatti destinata ai consumatori poco esperti che bevono solo per “darsi una spinta” e vivere più piacevolmente i momenti sociali. Se consideriamo che la canadese Canopy Growth, che possiede la maggior superficie coltivata a marijuana al mondo, ha fra i suoi azionisti la Constellation Brands, maggiore gruppo enologico mondiale, si capisce perfettamente la situazione. Inoltre, le bevande a base di cannabis costano anche meno del vino.

L’impatto del cambiamento climatico è il secondo fattore di preoccupazione per noi imprenditori vinicoli.

Indubbiamente produrre uva è più difficile che in passato, soprattutto per chi, come me, coltiva in modo biologico. Tuttavia, le buone e le ottime vendemmie si sono moltiplicate.  Io sono fra quelli beneficati dal cambiamento climatico perché, a Montalcino, le mie vigne sono nella zona più “fredda” del Brunello dove, quarant’anni fa, era difficile portare a completa maturazione l’uva tutti gli anni. Oggi invece ho sempre delle maturazioni complete e, fortunatamente, graduali. Ovviamente la vigna va piantata e coltivata in un modo diverso dal passato: anche i versanti meno assolati possono dare uve di alto livello, così come i terreni a maggiore altitudine sul mare. Bisogna ripensare ai porta innesti cercando tipi più fittonanti e diradare le viti per dare alle radici maggiore spazio da colonizzare. Allo stesso modo il rapporto classico 1m2 di foglie attive per ogni Kg d’uva va ridotto a 80 cm2 per evitare un’eccessiva traspirazione così come la chioma va usata in funzione ombreggiante. Infatti, se un tempo cercavamo il sole, ora bisogna proteggere i grappoli dai suoi raggi e cercare tutti i modi per ridurre lo stress idrico.

Altro elemento di allarme ci viene dalle politiche sempre più stringenti sulla tutela della salute.

Ci sono due fatti strani: la campagna proibizionista sostenuta dalle autorità sanitarie riguarda tutti gli alcolici, ma i suoi effetti si sono concentrati sul vino e questo è sorprendente perché il vino è il solo ad avere anche effetti positivi sulla salute. Infatti, i bevitori moderati (mezza bottiglia divisa su due pasti per gli uomini e un terzo per le donne) hanno un’attesa di vita molto maggiore degli astemi e dei grandi bevitori. Questo perché il vino, soprattutto rosso, protegge il sistema cardiocircolatorio.

La seconda cosa strana riguarda gli esiti delle politiche salutistiche contro il vino. Gli effetti sono disastrosi. Il rapporto “Fumo, alcol, eccesso di peso e sedentarietà”, pubblicato dall’Istat, dice che negli ultimi 10 anni la quota di chi ha abitudine alle ubriacature è aumentata dell’1,5%.

E’ in atto una vera e propria lotta commerciale delle grandi lobbies delle bevande gasate contro il vino e l’introduzione del vino dealcolato non fa eccezione.

Passando a elementi esterni di preoccupazione, sicuramente lo scenario internazionale segnato da congiunture economiche in crisi e guerre, è un altro fattore di allarme.

Da quello che posso vedere le esportazioni hanno tenuto mentre il mercato italiano è in sofferenza. Vanno bene invece le vendite dirette in cantina che sono ancora aumentate.

Tuttavia la situazione internazionale è davvero preoccupante con troppe guerre e tensioni in tante parti del mondo e una fase complessa anche sotto il profilo economico con una grandissima instabilità. La crisi del settore auto e della moda sono solo due manifestazioni di un nuovo sentiment che riguarda tutti i consumi e quindi anche il vino. Nel pubblico c’è un nuovo bisogno di natura e autenticità, una ricerca di diversità e valori che impone a ogni cantina di guardare al futuro con spirito nuovo.

Le imprese si trovano a dover gestire costi sempre crescenti…

E’ complicato mantenere in utile le imprese ed avere risorse per i nuovi investimenti. Tutto costa più di prima del covid a cominciare dai mutui e dai trasporti. Aumenti che non possono essere coperti alzando i prezzi dei vini perché il mercato non lo accetterebbe. Per questo gli aumenti diventano come tarli che minano la stabilità delle imprese. Apparentemente sono i produttori di Bordeaux ad aver preso il maggior contraccolpo ma anche dalle cantine del Sud Italia si sentono grandi lamentele.

La crescente difficoltà nel reperire mano d’opera specializzata nella parte agricola della filiera…

Anche la mano d’opera è un serio problema. Mancano soprattutto addetti alla vigna e al settore turistico nonostante un’autentica impennata delle retribuzioni. Il risultato è una meccanizzazione accelerata in campagna e la chiusura di un numero enorme di ristoranti. I nuovi assunti sono spesso stranieri, senza nessuna esperienza precedente. Bisogna formarli e questo costa molto, ma il turnover è veloce per cui ogni tre anni bisogna iniziare di nuovo e questo è un grave problema gestionale ed economico.

La burocrazia…

Si tratta del problema dei problemi. Tutte le imprese, anche le più piccole, devono avere consulenti per fisco, sanità e antinfortunistica, normative sul vino …. Per non parlare delle ore dedicate alle registrazioni nel portale Sian, in quello di Artea della Regione Toscana, poi c’è il biologico … Un cumulo di adempimenti gigantesco che in certi casi diventa insormontabile. Provate a fare uno stagno per la raccolta delle acque piovane e vedrete quanti documenti, perizie e rilievi vi chiedono. I più tenaci riescono dopo due anni di impegno e dopo aver speso in burocrazia l’equivalente del costo dello stagno.

Le nuove tendenze da tenere d’occhio per intercettare i consumatori del vino nel 2025?

Senz’altro Vini bio, a bassa gradazione e con forti caratteri distintivi. Chi beve vino è sempre più consapevole dell’impatto ambientale dei propri acquisti, e continuerà ad esserlo anche nel 2025, per questo le etichette provenienti da vigneti sostenibili stanno diventando sempre più la prima scelta.

I consumatori sono particolarmente alla ricerca di marchi forti e “vini esperenziali”, questa sembrerebbe essere la strada dei nostri vini da vitigno autoctono e/o da viticoltura eroica….

L’innovazione… sebbene il consumo complessivo di vino stia diminuendo, c’è anche chi sta vivendo una crescita positiva, come il Portogallo, capace di combinare eredità, varietà di stili, vinificazione moderna e soprattutto il rapporto qualità-prezzo, che fanno di questo Paese un “paradiso vinicolo” e una “storia di successo”.

Australia e Nuova Zelanda stanno facendo bene,  nonostante le difficoltà con il mercato cinese.

Anche l’Italia ha potenzialmente le carte in regola per sfruttare l’innovazione.

Pare che al momento siano Piemonte, Toscana, alcuni distretti di Veneto e Lombardia e, in Sicilia, l’Etna ad attrarre nuovi estimatori.

Allora cosa manca alle regioni italiane per diventare attrattive e competitive?

Manca un sistema organico di interazione pubblico\privato. Manca la capacità di sfruttare le risorse europee (OCM vino). Sono ancora troppo pochi i giovani che ritengono interessante e redditivo dedicarsi ad agricoltura ed accoglienza rurale come sta avvenendo in altri paesi europei.

Le sfide sono tante ma, il vino italiano ha superato innumerevoli ostacoli ce la farà anche stavolta.

 

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