Il Verdicchio alla prova del tempo (parte 2): verticale di Vigneto Fogliano di Bisci e Vertis di Borgo Paglianetto
di Raffaele Mosca
Archiviata la verticale di Mirum e Cambrugiano, i due storici pilastri del Verdicchio di Matelica, proseguiamo con l’altro volto di questo territorio singolarissimo: quello rappresentato da due vini parecchio più giovani che, però, hanno scritto un pezzo di storia della denominazione nell’arco di pochi anni.
Vigneto Fogliano di Bisci
La prima delle due realtà proprio giovane non è: la fondazione risale ai primi anni 70’, quando i fratelli Bisci, già attivi nella Silicon Valley del mobile e dell’elettrodomestico, hanno rilevato un podere adagiato su di una collina che offre panorami mozzafiato su tutta l’Alta Vallesina. L’attuale assetto produttivo, però, è molto più recente: è nei primi anni 90’, con il subentro dell’enologo Aroldo Bellelli, che l’azienda è passata dalla produzione di sfuso all’imbottigliamento. Nell’ultimo decennio, poi, c’è stata un’ulteriore evoluzione: i Bisci ha gestito la transizione verso un approccio non intervista (vigne in coltivate in regime biologico, fermentazioni con lieviti indigeni, filtrazioni sempre più grossolane) che ha dato il a là tutti i vini, a partire dal Vigneto Fogliano, cru di Verdicchio che, insieme alla riserva Senex, rappresenta il fiore all’occhiello della produzione aziendale.
Ricavato da una singola parcella su suolo ricco di calcari attivi, con esposizione a sud, il Vigneto Fogliano è una sorta di via di mezzo tra Mirum, Cambugiano e il nostro quarto vino: fa una vinificazione molto essenziale, solo in cemento, senza malolattica. Ha una certa polpa data dalla maturazione perfetta degli acini, la giusta alcolicità, ma anche un’acidità dritta, incalzante, in pieno stile top di gamma altoatesino. E’ un vino polimorfico, più legato alle singole annate dei due protagonisti del precedente articolo, ma proprio per via del binomio struttura-tensione che lo rende molto scorrevole e abbinabile – e per il potenziale d’invecchiamento, ca vans dire – ha avuto un successo notevole sui mercati internazionali.
Vertis di Borgo Paglianetto
E’ la new entry nella galassia matelicese, ma oramai forma il quintetto che fa da traino alla denominazione insieme alle tre realtà già menzionate e a Collestefano. Borgo Paglianetto è il progetto partito nel 2008 di un gruppo di imprenditori con le idee molto chiare che, dopo aver fatto fortuna fuori, hanno deciso di investire nella loro terra natia, recuperando terreni semi-abbandonati di vecchi metalmezzadri, convertendo tutto al biologico e improntando subito lo stile aziendale sulla freschezza, sulla personalità da Riesling appenninico che il Verdicchio assume quando è vinificato in riduzione.
La linea aziendale è la più variegata in assoluto e comprende anche una Riserva, Jera, ma il vino di punta – e anche quello più premiato – è il Vertis, che prende il nome dal verbo latino vertere, ovvero “il punto più alto”. Non si tratta di un riferimento all’altitudine delle vigne – sempre tra i 300 e 400 metri sul mare – ma ai picchi di piacevolezza che riesce a raggiungere in quasi tutte le annate, anche quelle più complesse sulla carta. Anche in questo la vinificazione è essenziale: tutto acciaio, malolattica neanche a dirlo, filtrazioni non troppo pesanti e solforosa totale in bottiglia sotto i 60 mg/l.
La doppia verticale
2019
Vertis
Il Verdicchio senza orpelli e senza fronzoli: freschissimo di mandorla bianca e acacia, glicine, erba falciata. Snello e scattante, ma con la giusta polpa fruttata a supporto. Finale preciso, pulito; facilità di beva garantita.
2018
Vigneto Fogliano
Giovanile, ma già espansivo: profuma di pesca gialla e melone maturo, maggiorana e biancospino, con quel tocco minerale che i produttori matelicesi chiamano “sasso di fiume” e un’idea più dolce di burro fuso sul fondo. Entra teso e leggermente irruente – complice la temperatura “artica” di servizio – e si allarga man mano che si riscalda. Ha polpa e volume, cremosità di fondo che lo rende molto equilibrato, ma deve ancora distendersi.
Vertis
Simile al ‘19, ma appena più rilassato: profuma di yuzu ed erbe aromatiche, pesca nettarina e melone estivo. La gustativa è appena meno austera, ma sempre giocata in verticale sul filo dell’acidità sferzante, con un corpo più leggero rispetto a quello del Fogliano e una chiusura rinfrescante su toni di agrume verde.
2017
Vigneto Fogliano
L’ annata – molto più calda della 2018 – ha amplificato l’intensità aromatica, ma gli ha fatto perdere qualcosa in finezza. L’olfatto deflagra su note di albicocca e crema di limoni, fiori bianchi già in appassimento, fieno, un guizzo di erbe officinali. Il sorso è cremoso e confortante, più bidimensionale di quello della 2018, posato ed equilibrato con leggeri di sovramaturazione sul fondo che mettono in evidenza i limiti dell’annata.
Vertis Molto diverso da ‘18 e ‘19: la dolcezza della 2017 emerge attraverso note più mature di pesca gialla, propoli, crema di limoni, camomilla essiccata. E’ più largo, più rotondo di tutto gli altri millesimi di Vertis, ma non privo di energia di fondo e molto godibile in questa fase.
2016
Vigneto Fogliano
Cambio di colore sorprendente: vira verso il dorato, ma sorprende al naso con profumi più sobri e raffinati della ‘17. La fanno da padrone le erbe officinali insieme a ricordi di caramella al limone e pietra focaia, e propoli, un accenno di idrocarburo. Il sorso è guizzante come l’annata fresca impone ,ma anche cremoso, avvolgente, perfetto per un risotto allo zafferano o un tagliolino al tartufo bianco. Millesimo divisivo: io lo trovo interessante, centrato; qualcun altro, invece, rimane perplesso.
Vertis Insolita nota vegetale di asparago e mughetto che va a braccetto con la frutta a guscio immatura; poi la stessa vena affumicata e idrocarburica presente nel Fogliano. Il corpo è sottile e il nerbo acido conduce i giochi; è la tra le versione più ossute, più semplici in batteria, ma tutti concordiamo sul fatto che scenderebbe giù a secchiate.
2015
Vigneto Fogliano
Colore più chiaro del 2016 che preannuncia un naso sussurrato e sorprendentemente giovanile. Una traccia balsamica fa da apripista a sentori delicati, raffinati di glicine e rosa gialla, limone candito, lavanda, di nuovo “sasso di fiume”. L’ingresso in bocca è morbido, carnoso di pera matura e pesca nettarina, l’acidità è in secondo piano ma esce fuori progressivamente e va a snellire uno sviluppo serafico, rassicurante, molto saporito, ma un po’ frenato in chiusura.
Vertis
Fumè e curcuma, pepe bianco, lampi floreali e un tratto più dolce in sottofondo. Molto più ampio e polputo del 2016, ma pian piano si fa spazio la classica spalla acida (e sapida) intonsa che lo rende dinamico e accattivante. Si passa dallo stile Riesling delle annate più recenti ad assonanze con cru di Chablis da annata soleggiata.
2013
Vigneto Fogliano
Il colore rimane molto chiaro, ma il naso comincia a virare su sensazioni più mature. Un richiamo al fieno lascia spazio a ricordi di cherosene e tabacco biondo, anice e brezza iodata. C’è più frutto in bocca, ma la progressione appare diluita e un po’ scomposta. Una vaga traccia di miele e creme bruleè allunga un finale ampio, ma leggermente monocorde.
2012
Vertis Il quadro cambia ed emergono aromi evoluti, ma intriganti, di acciuga sotto sale e crema catalana, nocciole tostate, senape e pepe bianco che fanno un po’ Borgogna. É sottile, con qualche traccia fungina, ma l’ossidazione non è invadente e la spinta agrumata di fondo riesce a calibrare uno sviluppo che mostra qualche leggero segno di cedimento.
2011
Vigneto Fogliano
Il colore rivela ancora bagliori verdolini, ma il naso è tutto incentrato su sensazioni mature, con il miele, la naftalina e una traccia di mela cotogna a dominare un quadro incorniciato da accenni di zenzero ed erbe aromatiche. Il sorso è rotondo e accomodante, ma più composto e reattivo del naso, con la traccia sapida che dà sostegno ad un finale lungo e piacevolmente affumicato. Ha perso un po’ di grinta, ma in questa fase si beve ancora bene.
Vertis
Molto dolce al naso, ma più integro del ‘12: mela cotogna e propoli, fieno, sambuco, un tocco di lavanda e anisetta. È confortante, rotondo, posato, ma preciso e ravvivato da una traccia balsamica. Anche il finale è garbato, elegante, rafforzato dalla sapidità tonica. Bellissimo.
2008
Vertis
Prima annata in assoluto: era facile sbagliare e, invece, questo vino è ancora vitale, affascinante. Sa di albicocca e mandarino, anice ed aloe. Ha mantenuto il frutto e un’ acidità ancora vibrante che lo rende scorrevole anche a fronte dell’ampio corredo ossidativo – nocciole tostate, crema chantilly – che allunga la chiusura serafica, appagante. Sta benissimo da solo e anche meglio con piatti cremosi: penso, ad esempio, a un risotto allo zafferano ben mantecato.