Il valzer delle panchine
di Angelo Di Costanzo
Molto lavoro, molti posti di lavoro. Una regola semplice semplice il più delle volte però difficilissima da attuare, almeno con costanza. << Cercasi rappresentante per aree libere di nuovo interesse commerciale>>, oppure << nuova azienda di antiche tradizioni (frequentissimo) cerca collaboratori validi per affermarsi in zone libere di forte interesse commerciale>>. Tanti messaggi beneauguranti se si pensa a tutte le preoccupazioni che il mondo del vino sta attraversando nell’ultimo decennio, sintomo di costanza di investimenti in un comparto che sembra crescere come pochi altri nel nostro sistema economico, imprenditori lungimiranti o piccole aziende familiari che decidono finalmente di mettersi in proprio, di affermare in proprio il valore del proprio lavoro spesso scippato da aziende capaci solo di vendere il marchio piuttosto che il vino e ciò che esso rappresenta, storia, cultura della terra, tradizione.
Un sistema in pieno slancio quindi, in continuo splendore sempre capace di concederci nuove e piacevoli scoperte, nuovi e solidi spunti da approfondire, comunicare, comprare, bere, apprezzare (o rifutare, ndr). Un sistema in fermento che tende verso il futuro, che non si ferma di fronte a problematiche, spesso fisiologiche, di sovrapproduzioni, di sopravvalutazione, di saturazione ed omologazione superate brillantemente dal successo, che Dio ce lo conservi, che miete ogni giorno sempre più appassionati bevitori consapevoli.
Eppure c’è qualcosa che non quadra, c’è qualcosa che ci sfugge e che rischia di instaurare un clima di assoluto pressappochismo che non credo faccia bene, una costanza “COMMERCIALE” che rischia di banalizzare tutto il lavoro che tutti i protagosnisti di questa faccenda portano avanti. Una costanza che ha un nome ben preciso – soldi – una banalizzazione che ha un nome forse più pesante che è – numero -. Ecco allora che numero e soldi stanno prevalicando, si stanno imponendo decisamente e come ogni ricchezza stà alla cultura così i soldi imporeviscono il valore della storia, della cultura della terra, delle persone. Ecco allora scaturire il Valzer delle panchine, come non mai il riferimento calcistico è azzeccato. Manager che vanno a casa per far posto a persone più capaci, enologi e consulenti costretti a virare sulle proprie decisioni per anticipare uscite sul mercato di vini assolutamente da attendere, area manager e rappresentanti che non riescono a preservare mandati per oltre una vendemmia. Nello specifico i primi e i secondi giocano a tirarsi la giacca e non si scopre certo l’acqua calda nel sapere che le ragioni dell’uno sono sempre in conflitto con le aspettative dell’altro; Nel caso dei rappresentanti qui la faccenda si fa ardua poichè proprio per quella regola che molto lavoro vuole molti posti di lavoro la categoria sta vivendo un periodo delicatissimo, contornato da tutta una serie di personaggi che s’inventano professionisti del settore e causano sfraceli indicibili, e qui un’altra regola esige quanto mai non trascurabili qualità di affidabilità, preparazione e soprattutto esperienza. Senza ostentare recriminazioni e facili dissensi a questo punto però è facilmente comprensibile quanto sia insostenibile delegare a pochi le sorti di un mercato complesso e fortemente legato a due parole assolutamente ritondanti quali soldi e numeri. Facile quindi intuire come il Valzer delle panchine a questi livelli raggiunga vortici inenarrabili per i quali può anche capitare un dì di sedere ad un tavolo per riorganizzare la propria cantina dalle due alle quattro ore. E qui mi fermo.