Il tempo e l’orgoglio dell’Aglianico del Taburno per i cento anni di Cantine Iannella
di Pasquale Carlo
Il tempo e l’orgoglio: ascisse e ordinate di un ideale piano cartesiano entro cui leggere le potenzialità dell’Aglianico del Taburno. Questo, in sintesi, il succo dell’interessante riflessione emersa nell’ambito della ricca degustazione organizzata per i cento anni delle Cantine Iannella a Torrecuso. Una degustazione a cui hanno partecipato Daniele Cernilli (responsabile DoctorWine e Guida Essenziale ai Vini d’Italia), Francesco Iacono (direttore generale Onav), Guido Invernizzi (docente Ais Lombardia) e Pasquale Porcelli (giornalista Guida Winesurf), insieme al nostro Luciano Pignataro. In passerella cinque vecchie annate: l’etichetta Aglianico del Taburno ‘1920’ (2012 – 2008 – 2006 – 2004) e l’etichetta Aglianico del Taburno Riserva ‘Don Nicola’ (2001).
Un percorso lungo venti anni per dimostrare che il tempo, che dà sempre il giusto valore alle persone e alle cose, quando si tratta di vino si rivela un mèntore infallibile. Un concetto fondamentale soprattutto se si parla di Aglianico del Taburno, ottenuto dal vitigno a bacca nera che è croce e delizia dei produttori dell’intera regione. Così difficile da dominare per via del suo carattere esuberante, con tannini volitivi e corpo imponente, spinta freschezza e notevole capacità espressiva nel rincorrere gli anni su tragitti a lunga percorrenza. Un viaggio di venti anni che serve a infondere quell’orgoglio che deve necessariamente scattare nei produttori dell’areale del Taburno (come in quelli di altre aree), dando il giusto valore a vini che i consumatori consumano non solo per assaporarne la piacevolezza, ma soprattutto per conoscere la cultura racchiusa in ogni bottiglia. L’orgoglio che conferisce il giusto valore (economico) ad una “bevanda culturale” straordinaria, che gratifica – per dirla con le parole di Angelo Gaja, citato più volte da Daniele Cernilli nel corso della degustazione – tanti consumatori diversi, ognuno a seconda del potere di acquisto, e che tutti, anche i super ricchi, bevono per condividerlo con qualcuno, caratteristica questa che dona al vino una caratteristica magica che nessuna altra bevanda possiede.
Ad aiutarci in questa degustazione gli enologi Ernesto Buono e Massimo Di Renzo, preziosi ciceroni nell’illustrare gli andamenti climatici delle varie annate e i processi di vinificazione seguiti in cantina.
Aglianico del Taburno Docg ‘1920’ 2012 – È l’annata attualmente in commercio. Il disciplinare della Docg (arrivato nel 2011) prevede che la versione base può essere immessa sul mercato a due anni dalla vendemmia; quella Riserva a tre anni, con almeno un anno di affinamento trascorso in legno. Basta questo per dimostrare l’importanza del tempo quando parliamo di Aglianico. Il vino nel calice non fa una grinza: il colore rosso rubino mostra addirittura leggere percezioni violacee. Al naso ben avvertiti ancora i frutti rossi, mentre in bocca esplode una pregevole freschezza frutto di un’estate che, seppur segnata da temperature massime leggermente più elevate della media, fece registrare notti particolarmente fresche, con alcune precipitazioni generanti escursioni termiche interessanti. Sorso di buona concentrazione, varietale, con un valido apporto tannico, robusto e percettibile, ma mai invadente. Grande utilizzo del legno (francese e americano), dove il vino ha riposato per circa due anni (così come nelle altre versioni del ‘1920’).
Aglianico del Taburno Doc ‘1920’ 2008 – Annata storica. Stagione climatica perfetta, con temperature ideali nella fase finale della maturazione delle uve. Ottime escursioni termiche grazie a cui giunsero in cantina grappoli qualitativamente eccellenti. Il mio preferito nella degustazione. C’è ancora tanto frutto al naso e al gusto. Frutto che a mano a mano lascia il posto alle note terziare, abbondanti per intensità e varietà. Il sorso è rotondo e complesso fin dall’ingresso, progredendo man mano con note austere. Pregevole trama tannica e giusto supporto di acidità per una beva mai stancante.
Aglianico del Taburno Doc ‘1920’ 2006 – Qui la stagione climatica ha giocato tutto sul versante fresco, con piogge frequenti e una raccolta avvenuta con circa dieci giorni di ritardo per via di una maturità raggiunta molto lentamente. L’intensità aromatica raggiunta dai grappoli la scorgiamo tutta al naso, che è veramente esplosivo: avvertiamo bene i frutti rossi del sottobosco, a tratti la foglia di pomodoro. Al sorso è l’acidità a dominare sul tannino, mostrando una leggera magrezza rispetto alle annate precedenti. Prima di chiudere regala interessanti note di agrumi.
Aglianico del Taburno Doc ‘1920’ 2004 – Una stagione climatica a fasi alterne che alla fine ha condotto in cantina un frutto ricco. Si distacca molto dalle annate precedenti e avvertiamo al naso note di cacao, caffè, su di un tappeto di erbe officinali. La bocca è di grande pulizia, molto fresca, con l’acidità che domina sul tannino ben integrato, addomesticato, mai invasivo e con nessuna nota amaricante. Un aglianico nebbioleggiante.
Aglianico del Taburno Doc Riserva ‘Don Nicola’ 2001 – Un’altra grande annata, dal punto di vista climatico, per le uve aglianico. In cantina grappoli sani, di qualità eccellente. Il processo diverso rispetto alle etichette precedenti, con un minore utilizzo del legno (solo un anno, sempre francese e americano). Grande complessità fin dal primo impatto al naso: frutto maturo, cioccolato e resina, note balsamiche, percezioni di tamarindo. Il sorso è pieno, leggermente impolverato dalla trama tannica che ancora si avverte con tutti i suoi piacevoli graffi. Un grande tannino che lo rende accostabile all’annata 2008 del ‘1920’.
CONCLUSIONI
L’interessante degustazione è stata uno dei momenti forti della ricorrenza del centenario aziendale, vissuto nel ricordo di Antonio Iannella, il titolare dell’azienda scomparso alcuni mesi fa e che tanto aveva desiderato questa giornata dedicata all’Aglianico del Taburno. Una giornata da tenere nel 2020 e poi slittata nel 2021 per via dell’emergenza Covid. Questa degustazione è giunta in un momento opportuno, come iniezione di fiducia per Maria Fusco (moglie di Antonio) e la giovanissima figlia Nietta, che senza esitare si sono poste – con orgoglio – al timone di questa storica azienda torrecusana. Con la consapevolezza che il tempo, migliorando le caratteristiche dell’Aglianico, non potrà mai cancellare il ricordo di Antonio e del suo amore sviscerato per i vini del Taburno.