La ricetta cult. Il soffritto di maiale e le interiora (quinto quarto)
In alcune contrade nelle immediate vicinanze di Avellino questo piatto si chiama cioffritto, in altre zuffritto, in alta Irpinia, invece, viene definito soffritto quello che nella bassa Irpinia è la tortiera di carne di maiale con patate e pepaccelle ed in provincia di Benevento la “sfrionzola”. Come al solito basta spostarsi di pochi chilometri che gli usi e costumi , nel nostro caso enogastronomici , cambiano e non di poco. Nei comuni circostanti il capoluogo, così come nella maggior parte della Campania ,il soffritto è una zuppa piccante a base di interiora di maiale. In pratica, si utilizza tutto quello che compone la cosiddetta coratella , con la sola eccezione del fegato, che si prepara a parte nella rete o zeppa, con qualche foglia di alloro, arrostito sulla brace e a mezza cottura.
Ricapitolando, per questa preparazione si utilizzano i polmoni, il cuore, la milza, la trachea, il diaframma (dintorno), i reni , e qualcuno ci mette anche lo stomaco, ma dopo averlo leggermente sbollentato in precedenza, così come si fa per i polmoni ed i reni. Nella tradizione irpina, altre interiora degne di nota che fanno parte del “rito” dell’uccisione del maiale, e che però si cucinano in modo diverso, sono il “tredici morsi”(pancreas) , la “pariata”, che si trova subito dopo lo stomaco, e la “figliarola ” se il maiale è di sesso femminile.
Il tredici morsi è il boccone più prelibato del maiale e tradizionalmente spetta a chi ha svolto il lavoro più difficile e faticoso e cioè l’atto specifico…Quindi è prassi che appena aperto il maiale, ancora caldo, si preleva questa parte e si cuoce arrostita sulla brace già predisposta per l’acqua bollente servita alla depilazione del suino. Si chiama “tririci muorzi”perchè si riesce a farne appena tredici bocconcini, magari da dispensare tra i presenti. La “pariata”, invece, è simile alla pajata romana, è lo stesso pezzo, ma mentre la romana è di vitellino da latte e si cucina con tutto il “ripieno” di latte cagliato, la pariata è di maiale e si svuota pulendola e lavandola più volte. Si cuoce al forno e si usa per condire i crostini di pane tostato. La figliarola si fa, sempre dopo averla spaccata , pulita e lavata, bollita e poi all’insalata con sale olio e limone. Naturalmente altro must della tradizione della “festa del maiale” è il sangue cotto che si può mangiare solo bollito, anche con sale pepe e limone, oppure ripassato in padella a tocchettini con cipolle, patate e pupacchie.
Ingredienti per il soffitto (8/10 persone) :
1 coratella di maiale pesante ( min. Da 180/200 kg)
1 stomaco
2 rognoni (reni)
2 cipolle
6 pupacchie (pepaccelle)
kg 2 passata di pomodoro
gr. 200 concentrato di pomodoro (“salzino” )
10/15 foglie di alloro
2 peperoncini piccanti
acqua, sale e sugna q.b.
Preparazione :
Tagliare a pezzettini piccoli la coratella, lo stomaco e i reni, e soffriggerli in una pentola capiente dove in precedenza si era unto il fondo con la sugna, insieme alla cipolla, all’alloro e al peperoncino.
Rimestare frequentemente e quando i pezzi di carne saranno ben rosolati, aggiungere le pupacchie spezzettate, far andare a fuoco vivo per altri 5/6 minuti, quindi aggiungere passata e concentrato di pomodoro e acqua sufficiente alla prolungata cottura.
Far cuocere per circa un’ora a fuoco medio, e per circa un’altra ora a fuoco basso.
Disporre delle fette di pane tostato sul fondo dei piatti , impiattare e servire, magari con un peperoncino piccante al centro a mo’ di decorazione.
In abbinamento ” Aglucus” 2004 Colle di San Domenico, 100% aglianico di Taurasi da vigne centenarie.
Lello Tornatore – Tenuta Montelaura
5 Commenti
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Mamma mia!!!!!
Sicuramente per pochi questi piatti, per chi tornando indietro con la memoria sa far riemergere i gusti di una volta
Succulente creazioni che non lasciano spazio alla fantasia…..sono “vecchi” come l’essere umano e di una bonta’ indescrivibile.
Quanti danni ha fatto McDonald!!!!
Continuate a lavorare cosi’…….la tradizione non va’ persa.
Complimenti!!
la ricetta avellinese non prevede le cipolle né tantomeno le “pepaccelle”. al posto poi della passata di pomodoro e del concentrato occorrerebbe usare la salsa di peperoncini che una volta si vendeva sfusa e che oggi si trova agevolmente in vendita in barattolo.
“la ricetta avellinese non prevede…” A quale quartiere ti riferisci, Alfonso? ;-))
Lello, ti assicuro che non è questione di quartieri: in tutta Avellino e nei paesi contermini il “cioffritto” o “zoffritto” si prepara come ti ho detto io. Peraltro dalle tue argomentazioni deduco che non hai conosciuto un famoso “aulivaro” (se vuoi ti posso fare anche il nome) che sul Carmine vendeva una salsa di peperoni buonissima e piccantissima.
il soffritto….. piatto da re