Il Noma 3.0diventa burger bar: Renè Redzepi all’insegna della semplicità ci mette anche il gelato
di Adele Elisabetta Granieri
Uno dei migliori ristoranti al mondo, quelli per cui è impossibile prenotare un tavolo se non con mesi e mesi di anticipo e con grandi acrobazie tecnologiche, riapre dopo più di due mesi di chiusura, ma in una veste totalmente nuova: i clienti verranno fatti accomodare nel parco e i pasti verranno serviti in stile pic-nic. Il menù? Hamburger da 15 dollari e vino.
“Se una volta ci chiedevamo se una formica marinavano carote crude avrebbe potuto stravolgere il modo in cui guardiamo a noi stessi, oggi mi sento di chiedermi: perchè dovrei farla proprio ora? È questione di stare insieme, non di cercare di essere innovativi” – ha commentato lo chef-patron René Redzepi in un’intervista al Los Angeles Times.
È il Noma 3.0, la rivoluzione di uno dei ristoranti più famosi al mondo in burger-wine-bar all’aperto, una scelta radicale, che denota grande spirito di adattamento e capacità di reinventarsi in un momento di profonda incertezza.
“Tutto lo staff del Noma è curioso di vedere cosa succederà la prossima settimana. Il Noma non ha mai servito un hamburger prima, a meno che non si considerino i pasti del personale pre-servizio” – racconta Redzepi.
Redzepi avverte la sensazione che i commensali potrebbero non essere in vena di affrontare lunghe esperienze di fine dining in questo periodo, e che ci sia un diffuso bisogno di convivialità e semplicità. L’hamburger rappresenta il cibo popolare, un modo per accogliere la gente del posto. che spesso non ha mai avuto l’occasione di assaggiare la sua cucina.
Il Noma generalmente ospita poche decine di commensali al giorno, mentre per il Noma 3.0 Redzepi prevede fino a 500 persone, 60 per turno, da pranzo fino al tramonto, dal giovedì alla domenica. L’offerta verrà accompagnata dalla possibilità di asporto.
Menù essenziale, fatto di due sole proposte: il “Noma Cheeseburger”, con bistecca bavarese invecchiata, cheddar, cipolla rossa e maionese fatta in casa, e il “Noma Veggie Burger”, a base di quinoa e tempeh e glassa preparata con i liquidi di fermentazione.
“Tra qualche settimana potremmo aggiungere altre opzioni in menù, come un sandwich di pollo fritto, pesce crudo, qualcosa di vegetariano e il gelato” – continua Redzepi – “ma prima cominciamo con un grande hamburger”.
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Non è il momento per dire, argomentando, cosa penso del Noma.
E cosa penso, soprattutto, della
critica gastronomica italiana che ha esaltato questo locale.
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Da quello che ho capito, interpretando l’articolo, “sembra” che il CORONAVIRUS
abbia “finalmente” anche degli
Effetti Collaterali interessanti.
Se fosse tutto vero, è davvero una RIVOLUZIONE.
Che saluto positivamente.
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Ma, attenzione, questi “PERSONAGGI” MEDIATICI della ristorazione “studiano”…
a tavolino… “tutto”.
Quindi, vediamo come evolverà, nel tempo, questo “cambiamento”.
È improbabile che faccia il PANINARO… per sempre.
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René Redzepi è, comunque, riuscito A STUPIRMI… come mai aveva fatto… con i suoi piatti.
Il signor Luca ha fatto centro:studiano tutto a tavolino.I grandi chef mediatici sembrano orientati verso la semplicità che razionalmente può essere comprensibile dato il momento storico ma se poi dovesse dimostrarsi una tendenza radicata il mondo del cibo perderà per sempre la sua artigianalità per andare verso una massificazione industriale fino al cibo in pillole con buona pace di vignaioli e contadini e dell’ultimo romantico Carlin Petrini.FM