Il mondo del vino al femminile: le figure italiane coinvolte nel settore 8| Betty Mezzina


Betty Mezzina

Betty Mezzina

di Chiara Giorleo 

I numeri parlano chiaro: le donne rappresentano la maggioranza degli addetti e dei manager nell’ambito marketing e comunicazione (80%), commerciale (51%) e turismo (76%).
Quali sono le figure femminili impegnate nei diversi rami del settore vitivinicolo?
Dopo il successo della serie di interviste alle critiche di vino e parallelamente a quella dedicata alle donne produttrici, scopriamo impostazione, visione e prospettive con le dirette interessate.

Oggi lo chiediamo a Betty Mezzina

Betty Mezzina, molfettese purosangue, ha una formazione umanistica con Laurea in Lettere moderne, indirizzo storico artistico. È sommelier, degustatrice ufficiale e relatrice dell’AIS. Collabora come degustatrice per la Guida nazionale dell’AIS “Vitae”. Scrive per la Rivista nazionale dell’AIS “Vitae”.

 

Quando e come ti sei avvicinata al settore vino?

Mi sono avvicinata a questo mondo oltre 20 anni fa attraverso la lettura di riviste specializzate – numerose a quell’epoca – e di libri. Successivamente mi sono iscritta ad un corso da sommelier.

 

Come hai impostato il tuo percorso formativo ed esperienziale?

Ho iniziato con l’iscrizione ad un corso dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS). Dopo il diploma da sommelier ho superato anche l’esame da Degustatore Ufficiale. Successivamente ho iniziato a prepararmi per l’abilitazione a Relatore/Docente AIS, titolo che ho conseguito la prima volta nel 2005. Insomma ho seguito il normale iter che conduce un sommelier dall’altra parte dei banchi. Intanto ho frequentato degustazioni, fiere, mostre tematiche in Italia e all’estero ma soprattutto ho approfondito lo studio dei territori e dei vini attraverso viaggi nei principali territori enologici del mondo.

Qual è il tuo modello di ispirazione in termini umani, geografici, attitudinali?

 

Un sicuro modello di ispirazione è stato una mia docente campana di origine sarda, Lucia Pintore, prima sommelier donna campione d’Italia, una persona straordinaria con una preparazione solidissima e umanità da vendere. Ora Lucia continua a dispensare conoscenza e saggezza, è una cara amica, anche se purtroppo ci vediamo poco.

Galeotta e fonte di ispirazione per il mio iniziale percorso da docente per i vini extraeuropei è stata una bottiglia di Sauvignon Blanc prodotta dall’altra parte del mondo, a Marlborough, nell’isola sud della Nuova Zelanda, degustata la prima volta a Bruxelles nel 2002; mi riferisco all’iconica Cloudy Bay, azienda che ho poi visitato, tra le altre, durante un viaggio del 2017, ricavandone un’emozione indelebile. Altra grande soddisfazione è stato il conseguire, fra le altre abilitazioni, quella di docente per le lezioni della Francia, il vero fiore all’occhiello dei (rari) relatori in Italia per questa materia.

 

Credi che l’approccio alla tua professione possa cambiare tra uomo e donna?

Come tutte le attività a lungo di appannaggio maschile, le sommelier all’inizio hanno dovuto impegnarsi particolarmente per affermare la loro professionalità. La strada inizialmente intrapresa dalle donne è stata quella dello studio, dell’approfondimento e della conoscenza. Tuttavia, oggi l’asticella della preparazione dei sommelier si è alzata moltissimo per cui, a prescindere dal genere, agli uomini e alle donne che si occupano di formazione viene richiesta cultura, passione e tanto impegno.

Quali sono i punti di forza e di debolezza del sistema Italia nella tua professione?

Ritengo che nella mia professione coincidano. Mi spiego: il grande punto di forza è vivere nel maggiore Paese produttore di vino al mondo, con una ricchezza di vitigni, colori, tipologie davvero ragguardevole, un vero “parco divertimenti” per ogni sommelier. Allo stesso tempo tale ricchezza andrebbe maggiormente valorizzata, promossa, conosciuta in Italia e divulgata meglio all’estero. Andrebbe anche perseguita con più decisione la strada delle zonazioni territoriali per mettere in evidenza le infinite peculiarità delle nostre variegate microaree.

 

Come pensi la tua professione evolverà nei prossimi 20 anni?

Nei prossimi due decenni sicuramente la mia professione navigherà con il vento in poppa poiché si sta assistendo ad un vero e proprio exploit di richiesta di formazione. I nostri affollati corsi interessano giovani e meno giovani, addetti ai lavori e wine lover, uomini e sempre più donne, che ormai rappresentano circa il 40% delle presenze. Si assisterà, inoltre, a una maggiore specializzazione e preparazione, unico argine alla diffusione dell’intelligenza artificiale anche in questo settore. Infine sarà indispensabile la conoscenza delle principali lingue straniere per far fronte alla grande presenza di enoturisti esteri fra le vigne della nostra bella Enotria.

 

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