Il Melograno con quattro ricette


Il melograno

di Federico Valicenti

Quando la melagrana si spacca offre i frutti poggiati in piccole nicchie, perle che risplendono come gioielli incastonati in logge aperte al cielo. Sembra un favo pieno di chicchi trasparenti e lucidi di rossore, frizzanti e dolci, aciduli e delicati. “Fui giovane e felice un’estate, nel cinquantuno. Nè prima né dopo: quell’estate. E forse fu la grazia del luogo dove abitavo, un paese di figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; metà ristretto su uno sprone di roccia, metà sparpagliato ai suoi piedi ” (Da Argo il Cieco, di Gesualdo Bufalino, cap1.)
Il melograno Punica Granatum dal latino punicum cartaginese, malum mela, granum grano, è originaria dell’Asia occidentale. Poche piante possono vantare un numero di miti e leggende simile a quello che si può associare al melograno. Attraversa praticamente tutte le culture del Mondo antico, comparendo in riti, racconti, simboli, sogni e tradizioni spesso legati alla sensualità. Il fiore, il frutto e i numerosi semi sono quasi sempre associati, in tutte le civiltà, alla fertilità e alla fecondità. Ancora oggi, nell’est europeo lo sposo trasferisce un melograno dal giardino del suocero nel suo, come augurio di prole numerosa mentre la sposa, al termine della cerimonia, scaglia a terra un frutto maturo e il numero di grani fuoriusciti indica quanti saranno i figli.
Misto di fertilità, fratellanza e unità simboleggiata dai tanti chicchi racchiusi in un unico frutto con significato positivo, di abbondanza e di amore ardente per il colore acceso dei semi. Durante le feste in onore della dea Demetra, le ateniesi mangiavano i semi luccicanti del frutto per conquistare la fertilità e la prosperità, mentre i sacerdoti erano incoronati con rami di melograno, ma non potevano mangiarne il frutto in quanto, come simbolo di fertilità, aveva la proprietà di far scendere l’anima nella carne. Il melograno compare anche nel Cantico dei Cantici (IV sec. a.C.) dove l’anonimo autore descrive la sposa amata “Come un nastro di porpora le tue labbra e la tua bocca è soffusa di grazia; come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il tuo velo” e promette la fecondità della Terra Promessa “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane con i frutti più squisiti”. Altri raccontano che sia addirittura il melagrano il pomo offerto da Eva ad Adamo. Nei forti simbolismi delle tradizioni cristiane, nei propri slanci mistici, la buccia dura e i tanti semi rappresentano la Chiesa e i suoi credenti mentre il succo è il sangue di Cristo e dei martiri. Nella Grecia antica era una pianta sacra a Giunone e a Venere. Simbolo di fertilità, fu cara ad Afrodite che la piantò nell’isola di Cipro e divenne frutto d’amore. Ma il più antico mito della Grecia che riguarda il melograno è quello che lo associa ad Orione, figlio della Terra e famosissimo per la sua bellezza, la più grande e luminosa costellazione.

melograno

La leggenda racconta che Orione si sposò con Side ma che non fosse stato fortunato nella scelta, era così vanitosa da credere di essere più bella anche di Era. La dea, gelosa, la punì scaraventandola nell’Ade e trasformandola in melograno. Conosciuto anche dagli antichi Romani, presente in diverse leggende, il frutto è simbolo di amore ardente e resurrezione. Nel suo De raptu Proserpinae, il poeta Claudiano (Alessandria d’Egitto 330 – 404 Roma) ci racconta che Proserpina, figlia di Cerere dea dei raccolti e sorella di Giove, mentre raccoglieva fiori sulle rive del Lago Pergusa ad Enna venne rapita dal dio Plutone, follemente innamorato, e portata negli Inferi per divenire sua sposa. Scomparsa la figlia, Cerere la cercò per sette giorni e sette notti, senza trovarla. Elios, dio del Sole, commosso raccontò l’accaduto a Cerere che si arrabbiò provocando siccità, carestie e pestilenze nella terra di Sicilia. Nel frattempo Proserpina, per volere di Plutone, aveva mangiato chicchi di melagrana, simbolo dell’amore e frutto della fedeltà coniugale, ed era divenuta a tutti gli effetti la sua sposa. Giove, coinvolto dal dolore della sorella ma rispettoso dell’amore nato tra i due, decise che Proserpina doveva trascorrere otto mesi sulla Terra con la madre per portare abbondanza, dal tempo dalla stagione primaverile fino al tempo del raccolto, dopo il quale sarebbe tornata negli Inferi dal marito, per rinascere la primavera successiva, indicando la buona e la cattiva stagione. La Sicilia, per il suo splendido clima deve molto a Proserpina.

Come simbolo di abbondanza e di fertilità compare in un gran numero di rappresentazioni anche in ex voto in numerosi santuari della Sicilia e dell’Italia meridionale. I chicchi maturi mischiati a neve fresca davano sollievo alle arsure dei torridi pomeriggi estivi. Importata dalla città di Granada a cui è stato dato il nome, la granatina veniva preparata facendo bollire per una decina di minuti il succo delle melagrane e miele. Mentre oggi è preparata per lo più con essenze aromatiche. Anche William Shakespeare fece cantare Romeo, la struggente serenata a Giulietta, all’ombra di un melograno ……… a perpetua memoria dell’amore.

Le ricette

Federico Valicenti

Cocktail di melagrane
Ingredienti:
2 flute di spumante secco
1/3 di bicchiere di sciroppa alla fragola
succo di 4 melagrane,da spremere con lo spremiagrumi e poi filtrare
ghiaccio q.b.

Porre nello shaker il succo delle melagrane, lo sciroppo alla fragola e qualche cubetto di ghiaccio.
Versare nei bicchieri ed aggiungere lo spumante

Risotto alle melagrane
Ingredienti:
200 gr. di riso
1 melagrana
30 gr di pancetta
1 cipolla
1/3 di bicchiere di vino bianco
brodo vegetale q.b.
olio, sale, pepe, parmigiano q.b.

Rosolare la cipolla in un tegame, aggiungere lo speck e farlo rosolare per bene, aggiungere il riso. Bagnate con il vino bianco e fate sfumare a fiamma viva. Aggiungere a poco a poco il brodo vegetale, ogni qualvolta l’acqua viene assorbita dal riso. A fine cottura aggiungete i chicchi della melagrana, il parmigiano e il pepe. Per chi vuole un risotto più ricco, può aggiungere una noce di burro. Servite caldo.

Capicollo di maiale con chicchi di melagrane e noci
4 fette di capicollo di maiale
4 cucchiai di farina di castagne
1 melagrana
12 gherigli di noci
1 bicchiere di vino bianco secco
1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva
sale qb

Sgranare la melagrana, tritare finemente i gherigli di noci.
Con un coltellino incidere da un lato le fette di capicollo di maiale, impanarle nella farina e adagiarle in un capiente tegame unto di olio e una noce di burro, girarli velocemente, farle rosolare, quindi aggiungere il bicchiere di vino bianco e le noci tritati finemente, far cuocere per circa 10 minuti, ad ultimo aggiungere i chicchi di melagrana sulla carne, aggiustare di sale, mettere il coperchio sul tegame e far cuocere altri 3 minuti, quindi servire caldo con la salsina del fondo di cottura.

Il grano cotto
500 gr di chicchi di grano
100 gr gherigli di noci
50 gr di acini di melagrane
50 gr di zucchero
1 cucchiaio di vino cotto
Mettete al bagno il grano per 24 ore, in abbondante acqua, cambiate l’acqua e lessate, a cottura ultimata lo scolate e lo versate in una terrina, aggiungete i gherigli di noci tritati, i chicchi di melagrane, lo zucchero e il vino cotto, amalgamate tutto.
Si mangia in occasione della ricorrenza dei morti.

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