Il lievito madre nella pizza è una necessità? O una moda per gastrofighetti annoiati?


di Marco Lungo

Ogni tanto, assisto a qualche ondata di mode. Succede in tutti i campi, figuriamoci se non accade pure nell’enogastronomia, ormai così drogata da nuovi acculturati della materia e da massicce iniezioni di estasiati televisivi, quasi tutti laureati in Masterchef e specializzati in Hell’s Kitchen.

Nel campo della pizza, così, vedo che la parola chiave che gira da un po’ è Lievito Madre, il nuovo sigillo di garanzia sulla qualità assoluta di Margherita e le sue Sorelle. Ha un senso o no, questo che alcuni pensano sia il nuovo “must”, la linea di divisione tra chi ne capisce e chi no? Me lo sono chiesto e, cari amici, vediamo insieme le risposte che ne sono scaturite.

Intanto, partiamo dalla definizione del Lievito Madre. Si tratta di un prefermento, in cui la farina viene lasciata a fermentare con dosi più o meno alte di acqua e con sistemi che ne inducano tale tipo di processo o meno, “catturando” anche, dall’ambiente circostante oltre che dalla farina stessa, i componenti vivi che lo creano. Il lievito madre, infatti, alla fine risulta composto da una colonia batterica, lactobacilli in larghissima parte, che coesistono con un insediamento di saccaromiceti. I saccaromiceti, come sanno anche coloro i quali frequentano il primo anno de “La Prova del Cuoco”, sono lieviti ma, prima ancora, li conosciamo come muffe. Mentre nel caso dei lieviti che si usano normalmente nell’impasto di pizza o anche pane, di queste muffe si usa la selezione del lievito della birra, nel lievito madre può essere captato dall’ambiente qualsiasi altro tipo di lievito, prevalentemente, oltre al suddetto Saccaromyces, Candidae, Pichiae o Hansenulae.

Lievito madre

Il meccanismo di funzionamento del lievito madre, per quello che necessario sapere in questa discussione, si può configurare molto banalmente in un sistema di arricchimento della produzione di aromi e di sapori da parte dei lactobacilli, che verranno poi veicolati ai nostri sensi del gusto dagli etili prodotti principalmente dai saccaromiceti quando lavorano in assenza d’aria. Non sto a fare le singole proporzioni o altro di più tecnico relativo al suo impatto sulle caratteristiche del glutine, ripeto, banalizzo molto perché a me interessa parlare del gusto.

Sì, perché, alla fine, di questo stiamo trattando e, per via induttiva, di “Quale è la differenza tra il pane e la pizza?”.

Per molti rimane un grosso mistero anche dopo aver conseguito un Master in “Cucine da Incubo”.

Provo a specificare. Il pane, da sempre praticamente, è prodotto con l’impiego di lievito madre, il sistema più semplice che la Natura ha messo a disposizione dell’uomo per avere un prodotto fragrante e profumato con sofficità ed ariosità della mollica. La pizza, come la conosciamo noi oggi, per quanto derivi forse anticamente come uso per far da piatto a ciò che si mangiava e non era lievitata più di tanto, è invece ottenuta principalmente impiegando solo lievito di birra. Nella tradizione più stretta del riferimento italiano della pizza, cioè la Napoletana, si impiega anche il riporto, cioè si usano nell’impasto del giorno successivo le pallette di impasto avanzate dal giorno precedente. Questo conferisce un aroma diverso, più ricco, perché le pallette dell’impasto avanzate sono state già state lasciate a completare una fermentazione il giorno prima e, parzialmente, si sono innescati anche meccanismi di sviluppo batterico. Parzialmente, quindi, cioè in maniera molto limitata.

Ora, amici che state al quinto anno di “Cuochi per un Giorno”, capite bene che si è ben lontani dai tempi di fermentazione di un lievito madre, e che quindi la principale differenza che si nota è proprio nel gusto che il pane ha, rispetto alla pizza. Evito di fare disquisizioni su chi fa il pane solo con il lievito di birra, sto parlando ovviamente solo di chi fa il pane o la pizza in maniera qualitativamente di livello.

Perciò, ad oggi, il diverso impiego del tipo di lievito determina anche la definizione del prodotto impastato e una volta cotto, i gusti sono quindi molto diversi, a parità di farine ed altri ingredienti usati.

Allora, sto per arrivare a dire che la pizza fatta con il lievito madre sa di pane, è “panosa”? Sì.

E che questo, è “negativo”? Boh?

No, perché vedete, amici, alla fine è questione di gusti personali. A me la pizza che sa di pane non piace, mi sembra di mangiare una bruschetta molto ben condita, a parte altre caratteristiche dell’impasto che non incontrano i miei gusti, però c’è qualcuno a cui garba. Sicuramente, la pizza realizzata con i metodi che ho descritto sopra è, prima di tutto, riconoscibile senz’altro da tutti, anche da coloro i quali frequentano il primo anno di “Cucine da Incubo”. Questo, senza parlare poi degli aspetti professionali di produzione, perché mentre in un panificio la gestione del lievito madre è cosa routinaria e c’è spazio e personale anche specializzato per fare ciò, in pizzeria non è che ci sia generalmente altrettanta disponibilità di spazi, tempi e competenze, quindi diventa un peso o un elemento mal gestito, con tutto quello che ne consegue.

Perciò, a mio avviso, usare il lievito madre per la pizza come è attualmente concepita, forse è sbagliato, lo trovo uno snaturamento, un non avere chiaro che cosa è la pizza e quale è la sua essenza, sia di gusto, sia di lavorazione.

Non posso però non notare che, in molti blog e similari, si afferma con convinzione che il lievito madre è praticamente una specie di panacea e di bollino di qualità per tutto, quindi anche per la pizza, senza aver mai provato la differenza dal vivo o, peggio, innamorandosi di immagini di strutture di pizza decisamente belle e non tenendo perciò assolutamente in conto che, poi, è il sapore quello che conta e che, in foto, non è che uno lo possa sentire o neanche lontanamente immaginare. Eppure, c’è qualcuno che ha la pretesa di poterlo definire lo stesso in tal modo, nonostante sia stato perfino bocciato al primo anno di “Cuochi e Fiamme”. Dopo il Touch Screen, hanno inventato lo Gnam Screen e non me lo hanno detto?

E Internet fa miracoli, in Rete c’è spazio per tutti, adesso c’è una miriade di blog sulla cucina, grazie alla televisione che ha forgiato dal nulla altri 56 milioni di chef stellati (per non parlare dei Fini Intenditori Enogastronomici), per cui a fare una moda ci si mette un attimo. Questa televisione. Rifletto sul fatto che oggi è la cucina a farla da padrona nella programmazione di tutte o quasi le maggiori emittenti e penso a se, invece, domani prendessero piede come argomento le Onoranze Funebri. Penso a Mastertomb, un programma bello da morire, e alle persone che si inseguono l’un l’altro con la pala in mano per seppellirsi a vicenda nel primo giardino che capita, con intorno un gruppetto a fare da giurati e da critici sulla qualità della inumazione.

Insomma, tornando a noi, secondo me l’uso del lievito madre non è ben compreso e divulgato nella sua peculiarità e, nella pizza ripeto, non credo ci entri affatto.

Perciò, visto che ne stiamo parlando qui insieme, a quanti di voi piace la pizza che sa di pane?

31 Commenti

  1. Premesso che anche io sono contro le mode e di atto all’articolo di fornire una visione oggettiva della questione. Stando al gusto che mi sembra l’aspetto su cui l’autore più si sofferma ritengo che il lievito madre restituisca maggiore complessità e questo è per molti versi già spiegato nell’articolo (più tipologie di micro-organismi = più sapori). Sul fatto che la pizza lievitata con pasta madre abbia il gusto del pane non sono d’accordo anche perché ahimè il gusto di pane che abbiamo in mente è sempre più spesso quello del pane lievitato con il lievito di birra (nella migliore delle ipotesi). Infine scusatemi se tendo a considerare anche gli aspetti ambientali ma il processo di produzione del lievito di birra prevede l’utilizzo di grandi quantità di energia (centrifugazioni é pressature) e di acqua (lavaggi).

  2. Salve Sig. Marco ,
    sono d’accordo in pieno, mi complimento per la sua relazione, spero che si sia fatto chiarezza nel far capire la differenza che “deve esserci” tra il pane e la pizza ma anche quando mette in evidenza le problematiche che si creerebbero per la gestione del lievito madre in una Pizzeria, rischiando a volte di fare delle pessime figure, come si suol dire “Il gioco non vale la candela ! Se poi bisogna dire che nella propria pizzeria si utilizza esclusivamente il lievito madre soltanto perché attrae di più e poi però non farlo, personalmente mi sentirei un truffatore.

    Cordiali saluti
    Giacomo Mignacca
    Pizzaiolo per passione

  3. Mi sento chiamato in causa ma devo proprio dire che noi siamo una massa di ” telecomandati” sebbene ora passi come una moda il lievito madre era l unica alternativa al lievito di birra noi come tutti facciamo delle riscoperte che non sono altre che cose ” mode” piatti già utilizzati in tempi passati e portati un pó alla luce prendendosi tutti i meriti .
    Per quanto riguarda il gusto ( ma dipende sempre dal corretto utilizzo ) non teme paragoni il lievito madre ( criscito ) dona all impasto quell acidità profumo e aromi unici senza parlare che una buona pizza con il lievito madre e un impasto bene idratato e possibile consumarlo anche freddo senza essere gommoso e immangiabile.
    Invece aggiungendo a piccole dosi di lievito la pasta di riporto ( pasta del giorno prima ) si ottiene un risultato in po’ diverso dal solito impasto acqua-lievito-sale-farina rendendo l impasto un maggior profumo e a mio parere aroma ma in entrambi i casi non si sentirà quel gusto panoso perché la pizza comunque cuoce in 60/ 90 secondi a una temp minima da 250 gradi a salire mentre il pane cotto a tempersture basse e tempi maggiori sviluppa quella crosta e quei sapore che troviamo nel pane …comunque sia buon impasti a tutti

    1. Antonio, attenzione, nel senso stretto del termine, il crìscito ed il lievito madre sono due cose diverse, anche se nel Napoletano molti lo accomunano. La differenza è che il crìscito viene preparato e usato dopo pochi giorni dallo sviluppo, impiegandolo tutto e buttando il resto, mentre il lievito madre no, se ne prende un pezzo e si continua a rinfrescare la parte rimasta, creando così una selezione di aromi e gusti che rimangono uguali nel tempo, perché tanto tempo ci si mette per ottenerlo e mandarlo avanti negli anni (anche decine di anni). A parte questo, poi, attualmente il crìscito si è anche snaturato molto, perché se leggi in giro c’è addirittura chi lo inizia con il lievito di birra (sic!), e qui ho detto tutto. Questo, tralasciando poi la questione del crìscito secco, novità degli ultimi anni, cosa che, con un minimo di conoscenze, chiunque può ben spiegare per quale motivo non è paragonabile al gusto dello stesso, usato però fresco. Sicuramente è più comodo, però non mi azzarderei ad andare oltre, anche perché, fatti alla mano, ci sono più professionisti che hanno iniziato ad usare il crìscito secco, rispetto a quelli che hanno buttato il loro lievito madre per sostituirlo con esso. Anzi, di questi credo proprio che non ce ne sia stato nessuno che lo abbia fatto… ;-)

  4. Carissimo Luciano, avendo trovato interessante l’articolo mi sono permesso di condividerlo con alcuni professionisti pugliesi del settore, che stanno portando avanti l’idea del lievito madre con lievitazioni molto più lunghe e temperature del forno un po’ più basse rispetto agli standard della pizza napoletana. Ti riporto, pertanto, il parere del salentino Luigi Stamerra, presidente dell’APP Associazione Pizzaioli Professionisti, da lui postato su facebook. Un caro abbraccio, sempre interessanti gli spunti del tuo blog.
    Luigi Stamerra dice: “caro Sandro Romano,mi fornisci un assist degno del miglior Platini. x me l impasto è da paragonare alla vita stessa,infatti nasce,cresce, matura e..ahimè ha una parabola discendente che porta ad un invecchiamento,collasso e ..morte.E come la vita, e nella vita tutto e tutti sono importanti ma nessuno indispensabile.Qui si parla di lievito ma potremmo spingerci tranquillamente sull utilizzo del sale ad esempio, crediamo che una pizza senza quest ultimo sia poco sapida?un uso eccessivo di cloruro di sodio nn è che apporti dei gran benefici,e noi tutti superiamo la razione giornaliera raccomandata,ma prova a togliere o a dimezzare la quantità di sale negli impasti ad alcuni pizzaioli e vedi che succede(soprattutto a coloro formati x corrispondenza o su internet,dove si puo trovare l informazione e non la formazione).poi, vogliamo parlare dei grassi negli impasti?da strutto,burro all olio seppur evo?anche di questi se ne può fare a meno,l importante è CONOSCERE e SAPERE.Quindi, ritornando al lievito,resto della mia opinione,il LMN deve esssere IL valore aggiunto e non un peso de gestire o da pubblicizzare x l opinione pubblica e il cliente ,ma anche x questo un ruolo importante lo ricopre la FORMAZIONE e non l INFORMAZIONE, ciao SANDRO e complimenti x il tuo modo di essere vigile sempre su tutto”.

    1. Caro Sandro, grazie per l’interesse e la condivisione che ne hai fatto di questo articolo, così come ringrazio anche Luigi Stamerra per quello che ha scritto. Condivido molte delle sue affermazioni, anche se ovviamente a livello mio ribadisco quella che per me è una delle differenze tra pane e pizza, ma rimarco le cose che ha detto sull’olio e sul sale, cose di cui veramente oggi, con internet, si assiste ad un continuo dis-informare chiunque. Come nella politica attuale, chi più strilla ha ragione. Perciò, si leggono dosi incredibili di sale negli impasti, così come olio e grassi a cui si attribuiscono doti che non hanno, senza considerare assolutamente quali danni creano alla salute con il loro impiego negli impasti (sono anni che porto avanti una mia personale battaglia contro l’acrilammide, oggi finalmente ribadita nella sua correttezza addirittura dall’EFSA). Trovo, però, che nessuno dei due abbiate detto quale considerate essere la distinzione reale ed oggettiva tra la pizza ed il pane, cosa li caratterizza diversamente tanto che, ad occhi chiusi, uno possa dire che cosa stia mangiando. Non è (e non può essere, ovviamente) solo una questione di forma. Perciò, in cosa si sostanzia questa differenza, secondo voi?

    2. Buongiorno a tutti. concordo pienamente con quello che dice il mio amico e stimatissimo collega Massimo Stamerra alla quale rinnovo i miei complimenti per essere sempre umile e disponibile verso tutto e tutti. Come ben descritto dal collega è proprio la conoscenza approfondita e dettagliata che andrebbe messa in discussione. Chi come me sceglie di utilizzare il LM nella preparazione di alcuni suoi impasti. lo fa perché dopo anni di valutazioni e esperienze fatte, ritiene che l’utilizzo di questa tecnica dia più ‘ spazio all’interpretazione del panificatore, ossia coltivare un lievito significa personalizzarlo con miscele di cereali, quantità d’acqua e temperature, ph di acidificazione , lieviti giovani o maturi, con o senza germe di grano e crusche. Inutile dire che tutto ciò’ si riflette poi su un prodotto che è strettamente legato al professionista. Confermo poi la tesi delle quantità di sale e olio mai messe in discussione ma di fondamentale importanza, vedi x patologie sanitarie e per la diminuzione di grassi in farine ricche di grassi naturali quali il suo germe dato gratuitamente da madre natura ma per anni ignorato da tutti noi a discapito della nostra salute. Argomento a parte poi sarebbe da aprire sulle cosiddette maturazioni degli impasti da tutti osannate a gran voce ma che in certi casi si rivelano inutili e in alcuni , anche dannose. Qualcuno mi dovrebbe spiegare perché utilizzare farine arricchite di glutine e quindi modificate per poi dimenticarle per giorni in frigorifero……. non basterebbe utilizzare farine diverse magari non additivate e ricche delle loro propietà , IMPORTANTISSIME PER IL NOSTRO ORGANISMO!!!!! Per ultimo inviterei il giornalista a non vanificare il lavoro svolto da professionisti attenti che scelgono una strada piuttosto che un altra, tutte degne di rispetto se fatte con criterio e conoscenza. Io personalmente sostengo e sono fermamente convinto che l’innesco di una fermentazione naturale in un impasto per pizza riesca a dare risultati diversi, sicuramente discutibili ma DIVERSI. Provate a sentire l’aroma di una pallina lievitata con all’interno il saccharomyces cerevisiae impastato con metodo diretto e una con il lievito madre, poi ne riparliamo. Grazie comunque per l’opportunità di esprimere i nostri concetti

      1. Giuseppe, grazie per il tuo contributo! Hai scritto molte cose che condivido appieno, soprattutto per la questione grassi nell’impasto e farine, tanto che, se cerchi, vedrai che da anni porto avanti una “battaglia” contro l’acrilammide (e sfruttai, con un sistema particolare, proprio il germe di grano che citi per sostituirli), così come per la farina, per la quale ho collaborato recentemente con un noto Molino ed ho realizzato una farina purissima, senza additivi e ricca di nutrienti, partendo dalla selezione della semente e non lavorando con macchine computerizzate…. Quindi, con me sfondi una porta aperta su queste cose, però io ho limitato tutto alla questione “gusto”, alla individuabilità e peculiarità del prodotto pizza. Al momento, vedo che tra i commenti degli amici, tende a prevalere il non impiego del lievito madre per la pizza, quindi magari mi sento un po’ confortato in quello che penso. Poi, come ho già detto, il mio metodo preferito per la pizza è la biga lunga, perciò il cercare un equilibrio tra le due diverse fermentazioni, mantenendo la prevalenza del Cerevisae. Per il resto, lungi da me l’idea di vanificare il lavoro di tanti serissimi professionisti!!! Stiamo scherzando? Ho solo riportato una questione di gusti e di ricerca dell’identità pizza, niente di più. Al momento, poi, direi che dai commenti degli intervenuti la propensione per il lievito di birra come caratterizzante del sapore “pizza”, sia ancora decisamente prevalente. Fatte salve poi le sperimentazioni ed i percorsi di chi lavora nella pizza con passione e competenza, così come poi le difficoltà oggettive che ho elencato può incontrare l’uso del lievito madre nella media delle pizzerie attuali, sono sempre più che ben disposto alla innovazione e alla ricerca, sperando che porti a qualcosa di nuovo e di meglio. Datemi il tempo di cambiare gusti, però!!! :-D

  5. ottimo articolo: corretto, ironico, attento a sottolineare la leggerezza con cui tutti si improvvisano esperti di…

    io sono un giovane pizzaiolo, e confermo che in pizzeria non ci sono spazi, tempi, personale e comptenze per gestire il lievito madre e che quindi è “robba” che non fa parte del “mio universo di artigiano”.

    Però se un datore di lavoro mi desse i tempi ed i modi di utilizzare il lievito madre perchè no?

    e poi è molto più facile avere il necessario (ingredienti, accessori, competenze, tempi e spazi) in pizzeria per utilizzare il lievito madre LIQUIDO che per fare gli impasti indiretti. ed io vi dico che la pizza con impasto DIRETTO e lievito di birra lieviata 48h inizio a non digerirla più bene la sera (vabbè, io faccio eccezione perchè è colpa di problemi di salute) invece la pizza che faccio a casa lievitata 8h con il lievito madre me ne mangio anche 600 gr (considerate che una pizza pesa dai 200 ai 270gr)

  6. Caro sign. Marco Lungo se posso esprimere la mia modesta opinione essendo pizzaiolo e utilizzatore di Lm ritengo che un impasto per pizza realizzato con LM abbia sicuramente un valore aggiunto a patto che il suddetto sia realizzato in modo corretto e soprattutto che sia usato un lievito vivo, e non i surrogati di pasta acida essiccata che molte aziende molitorie stanno mettendo in commercio per sopperire la mancanza di professionalità permettendo a l’utilizzatore di fregiarsi di capacità inesistenti.Tornando alla differenza di sapore sul prodotto finito pane o pizza che sia trovo che il LM dia un sapore sicuramente diverso e più complesso che non può essere standardizzato dal momento che ogni madre è autoctona e influenzata dai vari metodi di gestione, dalle T° e da altri fattori ambientali. Il mio ad esempio sa di banana se proprio devo definirne un gusto mentre dopo la cottura si hanno dei sentori di latte per effetto dei lactobacilli ma ci sono anche altre caratteristiche che mi spingono ad usarlo come ad esempio la capacità che hanno gli acidi (lattico e acetico) di influenzare la texture dell’impasto permettendo una maggiore idratazione.Concludendo ritengo che il problema non sia LM o lievito di birra lungi da me l’idea di demonizzare il saccaromicete si possono ottenere risultati anche migliori utilizzandolo in lavorazioni indirette come Biga o poolisch. Ma la consapevolezza di quello che si sta facendo e la conoscenza sia delle materie prime sia delle metodiche di lavorazione in una parola FORMAZIONE.

    1. Ciao Giovanni! Sull’essiccato, come la penso lo puoi leggere più sopra, nella risposta che ho dato ad Antonio Molitierno. Per il resto, sì, meno male che hai lo spazio, la competenza ed il metodo per gestirlo, cosa che ti assicuro mediamente in giro non si trova proprio, poi, per il gusto, beh… che ti devo dire? Da quello che hai descritto essere gli aromi della tua pizza, cioè sapori di banana e sentori di latte, fatico un attimo a pensarli uniti ai condimenti della mia “Scacciafica”, pizza con pomodoro, mozzarella, cipolla, gorgonzola e salsiccia…. :-D

  7. Io condivido pienamente con Marco e Luciano. Ho sperimentato tanto e lo continuerò a fare ma tutte le volte che ho usato un lievito madre la Pizza non e venuta x i miei gusti soddisfacente anche perché a me piace il cornicione alto e vuoto e ciò non accadeva con il LM perché non aveva tanta forza e quindi dovevo aggiungere lievito x dare spicco… Tra tanti metodi uso volentieri l’impasto indiretto con poolish o con pasta di riporto con vari procedimenti: massa a TC, autolisi etc…. Spero sia stato utile il mio contributo. Salvatore Impero; Pizzaiolo Gourmet

  8. Caro Marco, io credo che la questione del sapore sia fondamentale come dici tu, però di questi tempi contano anche moltissimo le caratteristiche organolettiche e la digeribilità. Non ci sono dubbi che un impasto di lievito madre ben gestito abbia caratteristiche di gran lunga superiori sotto questi due aspetti. Detto questo, non sono un tecnico e non mi addentro su tali aspetti che rimando agli amici Prudenzano e Stamerra che con l’APP stanno portando avanti un interessante progetto sulla pizza con lievito madre. Certo rimane assolutamente la primogenitura della pizza napoletana con il suo disciplinare, ma da noi ora si sta sviluppando con molta attenzione e serietà questa idea, nella quale lievito madre, farine di qualità e farine alternative sono il vero valore aggiunto. I pizzaioli aderenti a questa associazione, che seguo con attenzione da un po’, gestiscono quei famosi tempi con grande abilità e da veri professionisti, offrendo un prodotto di grande qualità che ti invito a venire a provare in Puglia, telefonandomi e incontrandoci. Due prodotti differenti senza dubbio ma ognuno con una sua dignità, anche se comprendo il tuo scetticismo se hai assaggiato pizze in cui l’impasto non era ben governato. Vero, il lievito madre è più complesso e come dici tu alcuni ne parlano senza averne le competenze e solo per moda. Da noi non è così. Però W la pizza napoletana con lievito di birra (se fatta bene) e W la pugliese con lievito madre (se fatta bene). Ti aspetto.

    1. Sandro, grazie di cuore per l’invito che spero di sfruttare presto!
      Sono più che d’accordo nella ricerca di nuove strade, come quella che state percorrendo in Puglia con l’APP, figurati. Ricercare è sempre una cosa importante, innovare, provare ed evolversi. Spero bene che la pizza, tra venti anni, sia meglio di quella di oggi ma che sia figlia di quanto sta accadendo oggi in questo fervente mondo tutto italiano di idee e di studio, principalmente da parte dei nuovi alfieri che hanno capito e stanno dimostrando sempre di più che fare la pizza non è un mestiere ma una professione.

      1. Mi trovi su facebook oppure l’amico Luciano Pignataro ha il mio cellulare.

  9. Grazie per il post interessante che condivido in buona parte anche se non sono d’accordo sul “sapore di pane” .
    La cosa che mi lascia perplesso è che il lievito madre, a parte una questione di sapore, dovrebbe essere in grado (mi corregga se sbaglio) di mantenere meglio la classica pagnotta di pane che viene consumata in giorni. Cosa che – auspicabilmente – non avviene con la pizza :)
    a.b.

    1. Sì, Andrea, una delle caratteristiche che si ottiene con l’uso del lievito madre è anche una maggiore durata dei lievitati. Infatti, come evidenziavi, con la pizza questa non è che sia una necessità, però, a supporto di quanto dici, personalmente ho sempre visto meglio il lievito madre per la pizza in teglia che non nella tonda, in quanto la durata richiesta è maggiore ed il tipo di utilizzo della pizza a taglio è più stressante (basi pronte, permanenza sul banco per ore, cicli di raffreddamento e riscaldamento anche ripetuti, etc.). Quindi, la mia riflessione su tale merito verteva su questioni di requisiti complessivi e perciò non solo del gusto.

  10. Gentile Marco, quali sono le pizzerie napoletane che usano LM? A parte Sorbillo sul Lungomare, che non ho mai provato.

    1. Purtroppo sulla situazione che chiedi, a Napoli, non sono bene informato. Sai, poi, come ho scritto in una risposta, a Napoli molti dicono “Lievito Madre” intendendo il crìscito, che è una cosa diversa, quindi toccherebbe proprio entrare in laboratorio per capire di che cosa si tratta.

  11. …avevo commenato ieri la bella proposta di dibattito di Marco, non lo vedo pubblicato, niente di grave, dormiro’ lo stesso. Buon pomeriggio, leggo i commenti con interesse e W la buona pizza.

    1. Mannaggia, Carmine, non so che cosa possa essere successo, non è che ti ricordi che cosa avevi scritto, almeno in parte?

      1. Ma figurati, in sintesi dicevo che per me il lievito madre per la produzione di pizza é controproducente perché ci si allontana dall’essenza stessa del prodotto in quanto a freschezza, immediatezza e filosofia.Cio’ non vuol dire che si debba fare un prodotto che non rispetti le qualità alimentari ed organolettiche che richiede una specialità. Per il pane lievitato é diverso, essendo un prodotto nato dal e con il lievito madre, con specificità territoriali ben ancorate nella tradizione, é il prodotto base che accompagna i nostri pasti fino a renderlo necessario. Nel pane le qualità apportate dalla produzione via lievito madre sono evidenti e ricercate. Nella pizza queste qualità sono difficili da evidenziare solo se si associano le due mode del momento e cioé : la produzione col lievito madre con chi fa il buco piu’ grosso.Vedo cornicioni che mi ricordano la Cordigliera delle Ande per far posto ad antri glutinici impressionanti…ecco se la pizza deve diventare un pezzo di pane ok w il lievito madre altrimenti resta una bella figata. Sempre con tutto il rispetto!

  12. Interessante dibattito e costruttivo.
    Sui sapori sino anch’io d’accordo, per forza sono differenti,poi dipende da chi fa la pizza (che deve essere bravo, un professionista) e naturalmente dalle materie prime.Dando per scontati i due punti sopra, e purtroppo non e’ cosi troppe volte
    possiamo a seconda dei gusti preferire l’una o l’altra ma sicuramente per me il Lievito madre e’ un valore aggiunto, a volte si trat

  13. a volte dicevo si tratta di sfumature, ma se ben lavorato l’mpasto con LM a me da ottime senzazioni gustative, cosi come trovo ottime e digeribili, pizze lievitate a lungo e bene nel cui impasto c’e un minimo utilizzo di lievito di birra.

  14. Scusate, non ho finito.
    D’accordissimo sulla pizza in teglia che tendenzialmente e’ un prodotto destinato a restare in banco del tempo oltreche’ magari consumato e riscaldato di nuovo una volta a casa.
    Se lavorata bene anche” l’umile” pizza in teglia ti da gusto.Non d’accordo ( per quel che conta) sullo snaturamento dei sapori.Sono due “ricette” diverse.

    1. Sai, io ho riportato la mia esperienza di qualche anno, penso abbastanza calata nel settore specifico e, quindi, non amatoriale. Per me, oltrettutto, e come ha anche specificato un amico più sopra, il fatto di usare lievito madre o lievito di birra, sempre a livello di gusto, non è che si riesca poi a capire molto nelle pizze che abbiano già una media farcitura, perché gli ingredienti stessi coprono parecchio il sapore dell’impasto. Quello che cambia sicuramente è come questo si comporta, che caratteristiche assume la pizza in conseguenza del suo impiego, ma anche qui ho visto cose discordanti. Per quello che penso sia il metodo migliore e più gestibile per ottenere risultati mediamente superiori da tutti i punti di vista, io continuo a consigliare ed insegnare la biga lunga, un ottimo compromesso tra sapore, facilità di realizzazione e gestione in un laboratorio di pizzeria, caratteristiche meccaniche finali dell’impasto in stesa ed in cottura.

  15. Non sono un cuoco ma la pizza piena di lievito tipica delle nostre pizzerie mi ha sempre creato problemi di digestione. Ho 51 anni e ho sempre digerito anche le pietre. Da almeno 15 anni mangio solo pizze con lievito madre o con il mitico “criscito”. A parte il sapore nettamente migliore, l’ho sempre digerita alla grande.

  16. Complimenti Dell articolo,ideatore di Gennaro ‘O Masto d’a Pizza un nuovo programma televisivo ideato da Francesco Contrastato

  17. sono d accordo con l uso del lievito di birra da sempre da me usato con l aggiunta di una percentuale di pasta da riporto seguo la tradizione di mio padre con piu di 50 anni di mestiere di pizzaiolo

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