Il Faro di Capodorso e la cucina di Francesco e Salvatore Sodano
Francesco e Salvatore Sodano, due fratelli, due giovani chef. Promotori del Movimento Cucinanuova. Per l’Italia giovani. Loro però hanno lunga esperienze all’estero e sanno bene che superati trent’anni è il momento di buttare il cuore oltre l’ostacolo e mettere a frutto quanto si è appreso, studiato (Salvatore è tecnologo alimentare), costruito. Capitalizzare l’investimento fatto su sè stessi con spirito di sacrificio sia umano che economico. Il momento di iniziare a dare forma alle proprie idee. Iniziare. Si perché da questa cena di fine estate si vede chiaramente che sono in una fase di ascesa professionale e che seguendoli (come abbiamo iniziato a fare tre anni fa) osserveremo il percorso che li porterà a raggiungere la maturità e sarà un cammino che riserverà grandi sorprese.
Il palato è fine, le tecniche complesse, il pensiero strutturato.
Siamo al Faro di Capo d’Orso a Maiori, storico ristorante della Costiera Amalfitana, a dirigere la cucina Francesco Sodano che insieme a suo fratello Salvatore porta un punto di vista diverso sull’interpretazione del pesce che qui viene lavorato con la tecnica Dry Aged (maturazione del pesce a temperatura controllata). Si frollano dei grandi esemplari di pescato locale, si fermenta, si coltivano muffe, si stagiona in cera d’api. Si progetta insieme agli artigiani locali pezzi unici per il servizio.
Uno stile di cucina in cui non si teme l’uso delle spezie, come negli aperitivi, o quello generoso delle erbe aromatiche dagli antipasti ai secondi. In cui si cerca la sapidità marina tendente all’umami attraverso la bottarga di ricci di mare stagionata in cera d’api o il garum di alici, giusto per fare qualche esempio. In cui si ostentano le sensazioni grasse tanto opulente in bocca per poi asciugarle grazie ai contrappunti amari e acidi, come quelle battute potenti dei pallavolisti che sembrano prendere una direzione diretta e prevedibile per poi virare negli ultimi 2 metri come fosse una magia. Resti lì a guardare la palla che ti cade davanti agli occhi, immobile, ma fondamentalmente ammirando il rischio e l’audacia.
La sala partecipa alla finitura dei piatti che non vengono solo raccontati ma completati al tavolo, con una bella interazione con gli ospiti. Tra i ranghi del servizio così come in cucina mancano però le donne. Integrare il punto di vista dell’altra metà del mondo potrebbe solo giovare. Lo chef esce spesso in sala, è protagonista, ad osservarlo si nota proprio la voglia di raccontarli i suoi piatti di accompagnarli nel percorso dalla sua mente alla bocca degli ospiti. Di dare l’ultima spinta nel cercare di far passare non solo il gusto ma un’idea. Un pensiero che è figlio della forte determinazione, della passione per questo lavoro e principalmente della voglia di dire al mondo che qua ci siamo anche noi!
Cosa si mangia al Faro di Capo d’Orso – Maiori
Sono presenti tre menu, tra cui quello vegetale in cui ogni piatto ha un vegetale come protagonista della preparazione attorno al quale vengono declinati abbinamenti con ingredienti di origine animale. Si potrà quindi dare l’indirizzo della propria cena ma i piatti saranno noti solo al momento di essere serviti. Ovviamente si devono segnalare allergie e alimenti non graditi al fine di informare compiutamente a cucina e consentire di realizzare un percorso di pieno gradimento. Qui, come in tutti i ristoranti che propongono una cucina ricercata fatta di tecniche e sperimentazioni, sarà bello affidarsi serenamente alle mani dello chef.
Cannolo ripieno di stracotto di polpo con pomodoro e pimento
Chips al tè nero, miso di semi di zucca, crema di mandorla amara, bottarga di uovo e tartufo
Chips di pelle di pollo chutney di mango speziato, gel di cocco e polvere di mango acerbo
Fagottino di baccalà mantecato e chutney di melanzana speziata
Waffel alle alghe con caviale di aringa, alici, garum di alici e ricotta affumicata
Fazzoletto di mozzarella di bufala, da prendere con le mani e intingere nel proprio siero assaggio che si basa sul concetto di mochi giapponese declinato con un formaggio della nostra tradizione
Medusa, con beurre blanc al wasabi, cetriolo al sedano fermentato, ricci di mare, caviale arrosto, clorofilla di basilico.
- La medusa è trattata come un carpaccio ed ovviamente è stata privata delle parti urticanti. Il suo gusto è abbastanza neutro ma quello che colpisce è la struttura morbida, lisca e al contempo leggermente tenace. Molto particolare e ben abbinata con elementi freschi e complessi con una intensa nota iodata finale.
Gamberi, gazpacho di arancia, miso di arancia ossidata, gelatina di ostrica e acqua di mare, burro nocciola al prezzemolo
Cardoncello arrosto
- alla base un’emulsione di quinto quarto di agnello che viene marinato e trattato come se fosse un foie gras e che vede come ingrediente base il cervello di agnello. Il fungo riproduce la consistenza della carne ed è un esempio dei paitti che compongono il menu vegetale (non vegetariano). Un percorso composto da portate in cui l’elemento principale e la salsa di accompagnamento deriva dal mondo animale. Un’inversione, rispetto alla cucina classica, degli elementi che compongono il piatto.
Granchio tra Varanasi e Hong Kong
Servito in un piatto che rappresenta uno scoglio della Costiera Amalfitana e composto con un battuto di quanto si può trovare in prossimità di una roccia marina: granchio, ricci di mare, patelle. Completato da una salsa al curry giallo e chips di riso al curry e salsa Xo. Le spezie dell’india unite al gusto più amato di Hong Kong: la salsa Xo.
Porro cotto arrosto su letto di mostarda di Digione, aglio nero confettura di limone e cenere di cipollotto
Un piatto di memoria realizzato per raccontare gli odori nella cucina della nonna che cucinava sotto la cenere
La pasta del soldato
Rivisitazione della classica aglio olio e peperoncino con la pasta cosiddetta “tubetti del soldato”. Alla base un soldatino di prezzemolo, emulsione di limone, polvere di paprica dolce, tubetto mantecato in emulsione di polpo con sconcigli bottarga di ricciola maturata un anno in cera d’api. Piatto dedicato al nonno che ha partecipato alla seconda guerra mondiale.
Risone al Pil Pil di tracina
Pil pil di tracina, risone, tracina reidratata, pelle di tracina soffiata, polvere di black lime e estratto di prezzemolo
Ventresca di ricciola con 21 giorni di maturazione, leggermente grigliata, bottarga di ricci di mare ed emulsione di ricci
Cernia con 32 giorni di maturazione e limone
Piatto estremo, la ricciola ha una consistenza ferma e ricca di succhi. Ricorda un po’ la carne. Accompagnato da carie tipologie di limone: fermentato, salato, nero e finita con emulsione di limone di mare e clorofilla di finocchietto marino.
Il Dessert al Faro di Capo d’Orso – Maiori
Gelato allo yogurt, granita di litchy, litchy marinati in grappa e acqua di rose clorofilla di aneto, un piccolo intermezzo dai toni fruttati e freschi che chiude la aprte salata della cena e prepara al dessert. Poi due dessert diversi ma che hanno un filo conduttore comuqnue quello di chiudere il pasto senza un eccessivo carico di zuccheri e virando verso un leggero tono amaricante, per il Gelato alla mandorla con cioccolato bianco, capperi, cedro e agrumi ossidati. Si spinge con decisione verso l’amaro e le note ossidate, senza dimenticare il ruolo del dessert, con la Ganache al mango, ananas con succo di pesca ossidato, granola, gelato al luppolo, spuma di birra. Un piccolo capolavoro.
Poi una vera coccola: Pane e Nutella. Un gioco a ricordare la merenda preferita dei bambini in cui però si invertono i colori e ovviamente si cerca un gusto adulto e sofisticato. Il pane è scuro e la crema di nocciole è chiara. In sintesi si tratta di un pan brioche caldo accompagnato da un gelato all’olio di nocciole chiarificato completato da una grattugiata di tartufo e servito con alcune gocce di olio di nocciole sul cucchiaino. L’olio viene estratto dalle nocciole di Giffoni, dallo stesso territorio proviene anche il tartufo. Partendo dal concetto di una delle cose cose più banali, gastronomicamente parlando, si arriva ad un piatto ragionato, godibile e complesso, che regala una piacevolissima sensazione umami che chiude in bellezza una cena di grande livello.
A questo punto un caffè da consumare con un tributo a Napoli, ai panni stesi nei vicoli, allo street food (versione dolce) dei quartieri, alla tradizione del caffè sospeso e all’omaggio a Gay Odin con cioccolatino al peperoncino.
Faro di Capo d’Orso
Strada Statale Amalfitana, 44
84010 Maiori (Sa)
Tel. 089.877022
www.ilfarodicapodorso.it