Il paradosso del tonno: il decadimento gastronomico italiano


Tonno sott'olio (FotoPigna)


Guardate questo tonno: è stato pescato dal ristoratore in persona nel mare di Punta Campanella, bollito e conservato con olio extravergine d’oliva.
E’ fuorilegge
Decine di ispettori sono da mesi alla ricerca dello spacciatore a cui hanno deciso di riservare una fine degna di Bin Laden. Un bel buco in testa fatto da una multa di migliaia e migliaia di euro. Come quella che toccherà nelle prossime settimane alle aziende vitivinicole che non sono in regola con le etichette: guai a fare le scritte con dieci millimetri mancanti, scatta la denuncia. Preparatevi al nuovo pizzo di Stato, governato da chi prometteva semplificazione burocratica e meno tasse agli allocchi che hanno abboccato come questo tonno.

Il tonno in scatola

Dunque, ricapitoliamo: se sei un ristoratore della Costiera  e vuoi servire tonno sott’olio come antipasto ai tuoi clienti, puoi andare alla Metro e fare buona scorta di tonno in scatola. Se poi sei un affarista lordo e stordo, vai nell’hard-discount e compri un bel prodottino anonimo.
Sarai perfettamente in legge, in regola.

Il tonno vero fatto in casa (FotoPigna)

Se invece sei un ristoratore che il tonno ha la fortuna di andarselo a pescare, e poi lo lavori e lo presenti ai tuoi clienti sei fuorilegge. Se per caso la Finanza e i Nas trovano questi barattoli nel tuo locale possono chiuderti. Sarai costretto a nasconderli altrove, vai più tranquillo con la coca.

Ora, si dice: le leggi sono leggi.
Va bene, ma non mi pare un argomento decisivo. Quanto stupide e assurde sono queste norme imposte dalla lobby industriale del Nord Europa che non lasciano spazio all’artigianato di qualità?
Quanto paga l’Italia per questa omologazione forzata a modelli alimentari che non sono suoi?
Come è possibile che i politici italiani non sono mai stati in grado di difendere gli interessi nazionali preferendo quelli delle lobby  che distruggono il nostro artigianato e la nostra agricoltura?
Stiamo a guardare con paura l’invasione di qualche migliaio di poveracci che fuggono dalla fame e dalla guerra e non ci accorgiamo di essere diventati cloni di una invasione violenta e terribile dal Nord che impone rituali assurdi per fare affari sulla pelle dei consumatori. Sono gli stessi che volevano togliere il legno ai forni della pizza e del pane del Sud, quelli che hanno messo fuorilegge i pastori che producono formaggi e i contadini che vendono direttamente ai consumatori.
Quelli, gli immigrati, al massimo vorranno una moschea per pregare il loro dio, questa ci obbliga a costruire nuovi reparti oncologici.
Una invasione culturale che porta a questo paradosso: un ristorante di mare sul mare non può servire prodotti del mare in cui ci mette la faccia.

19 Commenti

  1. L’economia ha da molti (troppi) anni ormai preso il sopravvento sulla politica (quella che non esiste più e che dovrebbe riguardare le scelte decisive ed intelligenti nella gestione della cosiddetta “res publica”), e certe cose siamo in pochi a notarle ed a provarne disgusto. Dici bene quando parli di invasione culturale: quanto descrivi è pura espressione di quella assurda “barbarie” di baricchiana memoria che in funzione di certi interessi globali ammazza l’artigianale e la creatività locale. Dico che l’imbellicità umana non ha davvero limiti e non smetterà mai di stupirmi…

  2. ci è andata semplicemente male ,luciano. se a natale vinceva fini forse ci saremmo trovati con un ministro, bocchino, noto gourmet e forse oltre che appassionarsi a ministre gnocche magari se ne sarebbe occupato con passione. invece ci tocca il mago di arcore. a me più che i resoconti sessuali, delle serate di arcore mi hanno stupito i menù, tragicamente anni ’70. il ministro della semplificazione, purtroppo il mio compaesano calderoli , dentista fallito, ha la stessa faccia espressiva di una cernia bollita( e mi scuso con le cernie).

    cosa vuoi che ne capisca di tonni!

    quello fa il pesce in barile e non ci tiri fuori nemmeno uno straccio di colatura :-(

  3. …è una vita che dico queste cose…tra l’altro la stessa storia è per i salumi, per i formaggi, per gli ortaggi sott’olio…insomma per tutte le lavorazioni “artigianali” nella gastronomia!!! Svegliamoci…tutte le leggi favoriscono la grande industria, alla faccia del tipico e delle produzioni di nicchia…:-((

  4. la stessa sorte per la soppressata,il pezzente,la salsiccia che non siano di produzione locale ma delle multinazionali del non gusto e genuinita’ . Preparatevi a non mangiare prodotti di nicchia , ma dover ingurgitare prodotti sintetici e artefatti, vedi made in china

    1. Già, una legge, molto semplice e poco di moda: vietato vietare.
      Si chiede libertà assoluta per la finanza, per gli industriali. Diamo libertà anche ai nostro artigiani di fare il loro lavoro senza essere equiparati alla grande industria

    2. La legge si, Gaspare, ma io che faccio i salumi con i miei maiali, non posso essere “governato” con le stesse regole dei salumifici ed essere costretto “ex legem” a metterci i conservanti dentro!!! Può essere paradossale ma questo dice la legge…:-((

  5. No no Claudio, sarei fuorilegge se li vendessi fuori (il che non farebbe male all’economia della mia azienda), ma limitandomi a “somministrarli”(termine tecnico-burocratico) al tavolo nel mio agriturismo, sono perfettamente in regola con la legge…;-))

    1. meglio cosi’ lello. fra quindi ci giorni arrivo io e non vorrei trovare la carestia dell’anno scorso :-)

  6. Volete sapere il vero paradosso? Che tanti di quei “signori” che in parlamento approvano queste leggi si vantano di conoscere, artigiani, ristoratori, caseifici, salumifici che fanno tutto “artigianalmente”, e ne dispensano a piene mani agli ospiti delle proprie pantagrueliche cene.
    Brutti stronzi incapaci

  7. Trovo tutto ciò assolutamente incredibile. Sono cresciuto con le conserve di pomodoro fatte in casa, così come i succhi di frutta e le marmellate ecc. Si costringe il ristoratore a scegliere la strada più agevole e più economicamente conveniente dietro lo scudo della legge…

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