Il “Biondo” di Caulonia. La bella storia di Ilaria Campisi, visionaria imprenditrice agricola della Locride
di Giulia Cannada Bartoli
Tra la frescura della Valle delle fiumare Stilaro e dell’Allaro e le splendide coste ioniche calabresi, sorge Caulonia. Καυλωνία fu colonia greca della Magna Grecia, fondata verso la fine del sec. VII a.C. sulla costa orientale della Calabria (antico Bruzio), presso il promontorio Cocynthus (oggi Capo o Punta di Stilo). Un vero e proprio cucuzzolo collinare, che rende la città simile a una roccaforte, circondata da dirupi, detti timpi.
L’abitato di Caulonia si spinge dal mare fin sulle serre calabresi dell’Aspromonte, a 300 metri di altezza. Comune del Parco Nazionale dell’Aspromonte, Caulonia superiore può contare su uno splendido centro storico medievale con viuzze romantiche, dette “vinedi”, piazze e palazzi signorili di grande pregio architettonico.
Ilaria Campisi nasce qui a Caulonia, nella casa di campagna di famiglia, perchè in quegli anni non si usava partorire in ospedale. La sua vita è un esempio tangibile di passione, impegno e dedizione alla terra e alla comunità che la circonda.
La sua storia ha destato anche la mia proverbiale curiosità quando ho letto che recentemente la rivista Forbes l’ha premiata tra le 100 Eccellenze Italiane con questa motivazione: “una donna che sta dedicando la sua vita e la sua attività lavorativa al recupero di varietà di agrumi ormai scomparsi e riesce a coniugare arte e cultura, insieme con la sua attività economica, senza dimenticare un grande senso di accoglienza verso i migranti che lavorano nella sua azienda”.
Ilaria si occupa dell’azienda agricola di famiglia da circa 25 anni. Prima di lei, i nonni e suo padre Carmelo che l’ha condotta fino agli anni’90, quando, con l’introduzione delle normative europee in agricoltura, la concorrenza divenne stringente, tanto da abbandonare la produzione. Gli agrumeti ultra centenari furono comunque preservati nell’attesa che qualcuno tornasse a occuparsi di loro…
A proposito di papà Carmelo, Ilaria mi racconta che in uno degli agrumeti si è verificata una mutazione spontanea, detta “chimera”, che ha prodotto una nuova qualità di agrumi: una piccola arancia rossa, un “moro” per il quale è stato avviato l’iter, lungo e costoso, per il riconoscimento e sarà chiamato “Moro Carmelo”.
Ilaria, piglio volitivo e occhi azzurri come il mare di Caulonia, ha respirato aria agricola sin dalla nascita. Da ragazza però, voleva intraprendere la carriera teatrale e frequentare l’Accademia di Arte Drammatica a Roma, riuscì a lavorare persino con Albertazzi. Negli anni ’80 tuttavia, di teatro non si “campava” e i suoi genitori le suggerirono di assicurarsi il futuro con una laurea: Giurisprudenza le sembrò la strada più pratica, ma una volta laureata, il forte richiamo della terra si fece sentire e, contro la volontà di tutti, senza l’aiuto di nessuno, Ilaria decise di dedicarsi anima e corpo al recupero dell’azienda agricola di famiglia.
Grazie a contributi europei, rimette in sesto gli agrumeti e, proprio quando stava per estirpare e ripiantare tutto, decise invece, contro il parere di tutti, di non toccare gli antichi alberi di arancio “Biondo di Caulonia” e di altre vecchie varietà che erano le più difficili da coltivare. Da lì nacque la passione per la ricerca degli agrumi antichi: oggi Ilaria ne ha una piccola collezione, non solo “Biondo di Caulonia”, ma anche, limette, tarocchi e sanguinelli antichi dal gusto molto più articolato e complesso rispetto a quello delle arance moderne.
Si tratta di piante ultra centenarie, espressione di un paesaggio che si è fatto storia e della biodiversità che resiste. Inoltre, questi sanguinelli e tarocchi hanno un particolare corredo di antociani che fa sì che, anche dopo parecchi giorni dalla raccolta, il frutto conservi intatta la freschezza del gusto. Ciò si deve al fatto che si tratta di piante che hanno conservato integro il proprio patrimonio genetico, senza successive alterazioni o innesti.
Il Biondo di Caulonia è un’arancia a polpa gialla, di fatto il suo nome è “Biondo di Spina” perché i rami presentano delle piccole spine. La varietà era stata surclassata dall’arancia Navel, soprattutto perché aveva i noccioli, non erano graditi ai consumatori. Da un po’ di anni il “problema” dei semini è stato superato, poiché il ventaglio di sapori unico e variegato che va dalla fragola al mandarino, con punte di pesca, ha conquistato il pubblico. Il gusto è molto equilibrato tra acidità e dolcezza. Matura dai primi di marzo fino a giugno. La polpa è compatta e croccante. La sua buccia è profumatissima e molto ricercata da famosi pasticcieri italiani.
L’iter per il riconoscimento della De.Co. per gli agrumi di Caulonia è iniziato, ma l’attuazione fa fatica a concretizzarsi. Esiste una Comunità di Salvaguardia del Biondo di Caulonia e degli agrumi antichi che ha, tra i diversi progetti, quello di far funzionare la De.Co. (Denominazione Comunale di Origine). La De.Co. è un marchio di garanzia nato in seguito alla Legge n. 142 dell’8 giugno 1990, che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali. La De.Co., pertanto, dimostra l’origine locale del prodotto, ne fissa la sua composizione e ne garantisce gli ingredienti ai produttori del territorio e ai consumatori. Con il passare degli anni, le De.Co. sono diventate anche uno strumento di marketing territoriale, comunicando e promuovendo il patrimonio culturale e ambientale presente in una determinata zona, oltre i propri confini locali e regionali. Attraverso la certificazione De.Co. il “prodotto territoriale” agroalimentare e/o enogastronomico acquista un’identità sul mercato.
Ilaria Campisi fonda la Comunità di Salvaguardia nel 2015, in seguito all’introduzione dell’IMU anche sui terreni agricoli. Poiché nel territorio comunale si contavano circa settanta ettari con alberi di Biondo di Caulonia, i proprietari cominciarono a estirpare per pagare meno tasse. Da quel momento, per strappare all’abbandono quanti più ettari di agrumeto possibile, nasce la Comunità di Salvaguardia, costituita oggi da venti soggetti: non solo aziende di produzione, ma, anche semplici cittadini, che nell’orto hanno qualche pianta di Biondo di Caulonia. La produzione a oggi si attesta su circa 530.000 frutti, si tratta dunque di un’arancia rara, poiché nasce solo a Caulonia e perché è coltivata su una superficie veramente limitata. Della Comunità di Salvaguardia fanno parte anche gli estimatori, ovvero gli Ambassador: musicisti, ristoratori e pasticcieri.
Inoltre sono in corso contatti con Slow Food per riconoscere il Presidio del Biondo di Caulonia. Ilaria ha raccontato la storia degli agrumi di Caulonia a Carlo Petrini che ha raccolto con interesse le istanze di questa comunità agricola.
Grazie anche al riconoscimento ricevuto da Forbes, tra le 100 Eccellenze Italiane, alcuni produttori hanno mostrato interesse verso la ripresa della coltivazione del Biondo di Caulonia. L’obiettivo è di crescere e mettere in produzione tutti gli ettari abbandonati, il che non ha solo un valore economico, ma, soprattutto, una valenza paesaggistica e turistica.
La difficoltà di reperimento di manodopera agricola specializzata ha spinto Ilaria, negli anni, a dare lavoro e formare migranti. La visionaria imprenditrice agricola calabrese è riuscita a preservare la biodiversità trasformando gli agrumeti in giardini botanici.
Dal contatto con gli immigrati, si è resa conto del loro bisogno di integrazione con la comunità locale. Ilaria ha cercato di coniugare esigenze imprenditoriali con istanze sociali. A tal fine ha dato vita al progetto “Orti in Giardino”. La Campisi ha creato tanti piccoli orti in regime biologico, da affittare a chi non ha possibilità di averne uno proprio. Gli affittuari che vengono a raccogliere i frutti o, semplicemente a godersi il tramonto, con l’occasione, socializzano con gli operai migranti, che hanno così cominciato a parlare meglio l’italiano e persino, il dialetto calabrese. Negli anni, gli orti sono diventati anche luogo per iniziative culturali, conferenze, spettacoli musicali e di teatro. Si è creata così una rete di coltura e di cultura. Gli Orti in Giardino sono anche strumento per avvicinare le persone e i bambini alla terra e all’agricoltura. Attraverso la salvaguardia di antichi saperi agricoli e la promozione di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, Campisi ha dimostrato che è possibile preservare la biodiversità, offrendo opportunità di lavoro e, al tempo stesso, promuovendo l’inclusione sociale e territoriale. Il lavoro torna a caricarsi di valore esistenziale e di respiro etico, diventando costruzione, solidarietà, crescita personale e comunitaria, un fatto davvero raro in questi tempi…tanto che nel 2019 gli Orti sono stati distrutti da un incendio doloso. La comunità creata da Ilaria Campisi non si è avvilita e gli orti sono rinati più belli e rigogliosi di prima.
Non è facile far appassionare i giovani al lavoro agricolo: Ilaria ha cominciato a incontrare gli studenti degli istituti agrari e, in qualcuno di loro, ha intravisto quella luce negli occhi propria di chi ama la sua terra e vuole rimanerci. Per Campisi il tempo trascorso a parlare con i giovani è prezioso. Mi racconta che circa 20 anni fa, andò in una scuola elementare a parlare del suo lavoro in Agricoltura. A distanza di 20 anni, selezionando un giovane trattorista si sente dire “lei non si ricorda di me? Io sono quel bambino di 20 anni fa, ho deciso di fare questo lavoro grazie alle sue parole di allora, perché mi ha fatto capire la bellezza di lavorare la terra.”.
Ilaria ha rivestito anche incarichi nazionali in Confagricoltura. Nel 2010, ai tempi della rivolta dei migranti a Rosarno, era presidente di Confagricoltura Calabria e si trovò a combattere con imprenditori poco etici.
“Uno dei miei lavoranti andò in Puglia e rimase vittima del caporalato: mi chiamò e gli mandai biglietto del bus e lo feci risarcire dal caporale. Oggi è il mio capo operaio”.
Il cambiamento climatico: oggi è davvero un problema, già in passato bastava una grandinata per perdere tutto. Oggi la siccità estrema è un problema gravissimo, in Calabria d’estate non piove. Le acque irrigue si attingono dalla fiumara d’Allaro che è molto ricca di calcio ed è perfetta per gli agrumeti. Nonostante ciò, grano e vigneti sono andati distrutti.
Il Biondo di Caulonia viene impiegato in cucina, pasticceria e gelateria, ~ Dal Biondo di Caulonia si producono marmellate, canditi, e succhi biologici. L’azienda insiste su 30 ettari. La quotazione attuale è di circa 4 euro al kg. incluso il trasporto per ordini di 20 kg. 4,50 euro per quantità inferiori. Il prodotto arriva in tutta Europa con E – Commerce, o si vende in campo, ma, soltanto a chi ne apprezza e comprende il valore, pagando il giusto prezzo, remunerativo per tutta la filiera.
Caulonia e la Locride scontano errori e ritardi annosi: “Come cittadini della Locride siamo il posto più lontano d’Italia… mancano le infrastrutture, è molto difficile fare impresa in questo modo. Dalla Sicilia fanno meno fatica ad esportare il prodotto. Tra l’altro il progetto della variante della statale 106 che dovrebbe colmare un gap, ha un impatto deflagrante sul territorio. Ci preoccupa molto perché è una strada che corre parallela alla 106 esistente e lascia isolati i borghi. Anas ne ha progettata un’altra che scorre più a monte e sarebbe meno impattante e più opportuna per collegare i territori. Quella variante incide sulle produzioni, noi vogliamo essere collegati al mondo con una strada che non sia calata dall’alto, ma sia efficiente e moderna. Non ha senso costruire oggi un’altra strada a due corsie che sventra il territorio. Speriamo di poter riuscire a colloquiare con Anas per far capire le esigenze di noi locridei”.
Il Biondo di Caulonia è diventato ambasciatore della Calabria, perché chi lo consuma è curioso di venire a conoscere i luoghi di produzione. Tra l’altro, il mare di Caulonia è anche Bandiera Blu. Il turismo agricolo è un sogno nel cassetto, Ilaria non ha il tempo di occuparsene. Per la struttura ricettiva ci vorrebbero troppe risorse, sarebbe oneroso e difficile adattare un fabbricato rurale di fine ‘800.
Ilaria ama delegare e spera di trovare dei giovani che vogliano affiancarla e proseguire in questo lavoro: “Ognuno faccia la propria parte. Evitiamo quei discorsi secondo cui in Calabria non c’è niente. La nostra regione è ricchissima e ognuno, per la propria parte, la valorizzi”.
Non a caso la sua impresa si chiama “Arance in viaggio”, ad indicare non solo un’attività imprenditoriale, ma un impegno a preservare un patrimonio prezioso e a promuovere l’identità culturale e territoriale. In un’epoca in cui il cambiamento climatico rappresenta una minaccia concreta, l’approccio olistico di Ilaria Campisi offre un raggio di speranza. La sua missione non solo promuove la sostenibilità ambientale, ma crea un ponte tra passato e futuro, contribuendo a preservare l’eredità agricola e culturale della Calabria per le generazioni future. La storia di Ilaria è un monito che rimarca l’importanza di una visione lungimirante e di un impegno incessante per la conservazione e la valorizzazione delle radici culturali e ambientali della sua terra, Caulonia.
Contatti: www.aranceinviaggio.com – 345.6918016 – Caulonia (RC)