Identità Golose. Leeman, Salvini, Crippa e Zito: la cucina ecologica di Identità Naturali


Pietro Leeman con Paolo Marchi ed Elisa Casali

Dall’ inviata a Milano
Giulia Cannada Bartoli

Ecologia alimentare, un concetto profondo e complesso che non solo, si applica alla cucina, ma coinvolge un intero sistema sociale. In quest’ ottica, il fondatore della cucina naturale, Pietro Leeman del ristorante Joia a Milano, ha aperto i lavori della giornata dedicata alle Identità Naturali. Il percorso di Leeman è stato lungo, faticoso, con tante fermate lungo il cammino per apprendere ed arrivare al proprio concetto di cucina naturale che, in ogni caso, è in continua evoluzione. Leeman, che ha portato con sé almeno la metà della brigata del Joia, comincia con una prolusione dai caratteri fondamentalmente filosofici  e antropo-sociali. Il semplice concetto “  l’uomo è ciò che mangia”, in realtà è un’affermazione estremamente complessa, coraggiosa e responsabilizzante. Chi cucina – prosegue Leeman – deve essere consapevole di dover offrire benessere totale al proprio cliente, non solo in termini di qualità di quello che finisce nel piatto, ma andando indietro verso la filiera e l’ambiente ed il tipo di agricoltura che hanno dato vita alle materie prime  finali utilizzate al Joia. Pietro Leeman ha sperimentato su sé stesso il concetto di benessere globale, attraverso la scelta di certi alimenti, piuttosto,  che altri; la sua esperienza viene da lontano, da oltre vent’anni fa, quando questi concetti non erano affatto né, diffusi, né scontati. L’uomo, sostiene Leeman, è solo in parte libero di scegliere, le opzioni di vita subìte sono molto maggiori rispetto a quelle per le quali si possa liberamente optare. In particolare dette scelte sono, per lo più dettate da forti lobbies di ordine economico, molto difficili da contrastare, a dispetto della volontà di voler far star bene le persone. E’ scientificamente provato che mangiando naturale, ci si ammala di meno e si riesce a raggiungere un livello diverso di felicità del vivere. Ovviamente il primo luogo comune da fare fuori è quello che il mangiar naturale non sia altrettanto gustoso e non possa costituire un’esperienza gastronomica molto interessante.
Leeman ha presentato tre piatti: O MIO CARO PIANETA, una semisfera di verza croccante che ricopre una terrina di “foie gras” vegetale, su uno “zoccolo”di coste cotte in acqua, utilizzando la farina di riso per il fritto, perché nella cucina del Gioia non sono previste neanche le uova. Il risultato è un armonioso gioco di colori, sapori, consistenze, estremamente lungo e piacevole al palato, sicuramente da non far rimpiangere la cucina tradizionale: è un piatto che se si riesce ad entrare nel pensiero di Leeman, riesce persino a regalare tranquillità emozionale.

O mio caro pianeta

Il secondo piatto, PAESAGGIO INTERIORE, è estremamente composito e ricco di significati profondi. Gli elementi sono quanto mai semplici, sicuramente poveri. Si parte da un impasto di grano saraceno, coltivato direttamente,  e acqua calda, dal quale si ricavano dei dischi poco più grandi di una moneta da due euro, allo stesso tempo si utilizzano le rape rosse che vanno a formare altrettanti dischi, si preparata poi una salsa molto particolare a base di mandorle e semi di zucca. Ecco il risultato, una cucina progettata verso il meglio. Superfluo ricordare che la cucina di Leeman è assolutamente stagionale e a km zero.

paesaggio interiore

L’ultimo piatto, RELAZIONE PRIVILEGIATA,  parte dal principio dell’impasto senza lieviti, il chapati indiano, o la pitta greca. Questo impasto viene cotto su una pietra di fiume che Leeman raccoglie, riscalda nel forno, e poi riporta al fiume per prenderne delle altre, quasi un cerchio che si chiude.

le pietre per la cottura

L’impasto verrà composto e finito davanti al cliente, poiché, continua Leeman, non è giusto privare il cliente dell’emozione di partecipare alla creazione del piatto, lo aiuterà a gustarlo con maggior piacere e consapevolezza. Gli altri elementi di questo piatto sono una finta salsa bernese al’arancia, ma, senza uova; ancora due salse a base di ricotta di pecora, amalgamata radicchio o,  olive. Il piatto termina con le foglie di costa e di radicchio dall’emozionante effetto cromatico. Il piatto si può finire  con uno sbuffo di pepe su richiesta.

Relazione Privilegiata

A seguire, filo naturale in continuità: SIMONE SALVINI “e il seme fu tutto, tutto nasce dai semi”. Salvini si è formato con Leeman ed ha fato una parte del proprio percorso al Joia. Si è poi incamminato sul sentiero filosofico della cucina vegana e ayurvedica, creando una scuola ORGANIC ACADEMY, un luogo dell’anima, dinamico, in continuo divenire. Si parte dallo studio delle materie prime che devono perseguire il benessere fisico e mentale dell’individuo. In quest’ottica Salvini è entrato in contatto con la Fondazione Veronesi, con la quale ha pubblicato un quaderno didattico sugli alimenti salutari, oltre ad avere in preparazione un proprio libro in uscita a marzo per Mondadori. In primo luogo, Salvini vuole chiarire un concetto, la cucina vegana non è una cucina privativa da intendersi per sottrazione..

la targa a Simone Salvini

Si tratta di un regime di vita ed alimentare teso a perseguire il benessere personale e l’integrità psico-fisica dell’individuo. Le preparazioni di Salvini vanno dritte alle basi della cucina vegana, ossia, all’utilizzo dei semi per la preparazione di alimenti, ma anche inteso in senso metaforico, come inizio di vita , evocativo del viaggio. Salvini ha preparato il SEITAN che alla base di molti piatti  della cucina vegana; l’optimum sarebbe macinare il frumento o il kamut al momento per evitare eccessiva ossidazione. Per circa 1 kg di farina si utilizza un litro di acqua.  Il panetto si lascia riposare e dopo otto ore si perdono gli zuccheri e la consistenza si modifica in una materia morbida ed elastica.   Il seitan è un alimento fortemente proteico e ricco di forza,  un  rimedio naturale molto efficace per la salute dell’uomo, in particolare in caso di carenze psichiche e depressive. Salvini passa poi a preparare un altro punto fermo della cucina vegana , il TOFU; si prepara dalla soja che va messa a bagno il giorno prima. Venti chili di pasta madre vegana, divisa in sacchetti sono stati distribuiti tra il pubblico; una parte è stata utilizzata per realizzare un “pane” preparato con farina, miele e burro di mandorle aromatizzato al peperoncino. Assolutamente sorprendente.  La sala è gremita, anzi, posti in piedi, a testimonianza di una tendenza forte che si sta facendo strada anche nel mondo della cucina d’autore.

il pane aromatizzato di Salvini

L’altro piatto è un omaggio a Milano, un risotto che  è un inno al vegetarianesimo.

il risotto di Salvini

In chiusura al volo, Salvini si cimenta in due maionesi di soja, in due diverse consistenze, fresca e al vapore in forma cubica.

la maionese al vapore e quella fresca

Rimaniamo in tema di cucina naturale, ma,  muta totalmente  lo scenario, scendiamo in Puglia per reincontrare lo Chef, o meglio il cuoco, come ama definirsi, contadino: PIETRO ZITO da Montegrosso di Andria.

Pietro Zito l'allegria viene dall'orto

Ritroviamo subito alcuni elementi comuni: il benessere della terra, l’agricoltura sostenibile al primo posto. Pietro scava nella memoria del nonno e propone la cottura sulla terra. In dialetto barese, si tratta della TIELLA che può essere di carne, come di verdure. Zito ha portato con sé un po’ di terreno del suo orto di 15.000 mq che ha a Montegrosso, e prodotti di stagione, patate, carciofi, pomodorini conservati  dall’estate, un  po’ come il nostro “piennolo”, gli immancabili e tipici “sponsali” ( cipollotti bianchi freschi molto profumati) e poi tanti profumi, alloro, borragine, olivo, ginepro.

un pò degli ingredienti di Pietro Zito

Il sistema è primordiale, in un recipiente più largo il grande cuoco pugliese adagia il terreno e i rametti profumati; in una teglia di pyrex si appresta poi a preparare la Tiella di verdure, un fondo del fantastico olio da coratina di propria produzione, poi una sorta di panuria, formata da pane raffermo, scaglie di canestrato, sale, pepe, origano e spezie; si comincia con uno strato di patate tagliate al momento in forma tonda, poi ancora olio e panuria, si adagia quindi lo strato di carciofi, i pomodorini a pezzi, ancora la panuria di cui sopra, si chiude con uno strato di patate e si finisce con panuria e olio. Si copre e va al forno coperto per una cottura lunga, al momento di scoperchiare la sala resta inebriata dai profumi terragni, a ricordarci che senza Terra e Agricoltura sostenibile non abbiamo futuro: non mangeremo mai computer o  cellulari.

la cottura della tiella nel terreno, profumi della memoria

Il pomeriggio è stato dominato dall’istrionico Enrico Crippa del Duomo ad Alba: “ Naturalmente oltre il mercato stagionale”. Crippa ha portato più di mezza brigata in modo da poter preparare il maggior numero di ricette possibili.

la brigata di Crippa

La tradizione dei grandi prodotti langaroli, esordisce Crippa, è il nostro vangelo; siamo fortunati ad avere a portata di mano grandissimi prodotti. I piemontesi sono abituati a mangiar bene a  casa loro, ergo se vanno al ristorante si aspettano di più. Anche il Duomo di Alba ha un orto di tre ettari , ed è un grande impegno curarlo, ricorda lo chef, praticamente come il costo di un’altra persona in brigata. Dall’orto Crippa riesce a tirar fuori piatti in tutte le stagioni: d’inverno le insalate, pur in serra, gelano, il cuore però rimane intatto, può essere quindi aromatizzato e cotto sottovuoto. Per il condimento si può giocare con i peperoni di Senise, piuttosto che con le olive e le acciughe.

l'insalata d'inverno

Una volta cotte le insalate si aromatizzano con polvere di riso venere, reminiscenza cromatica del terreno.  I sughi recuperati dalle cotture sotto vuoto, si recuperano per andare a creare dei divertissement cromatici per la finitura del piatto.

posti in piedi per Crippa

Acrobaticamente Crippa, con una sala piena oltre il pensabile, passa a preparare la “ Salsiccia di Bra con tartufo nero, rape bianche bollite che danno un brodo che può essere paragonato ad un “tea alle rape”, che sarà poi gelatinata.  La carne è di razza fassona tagliata punta di coltello e battuta grossolanamente. La fassona viene aromatizzata con finocchietto ( dell’orto della mamma di Crippa), timo, un po’ di lardo e dei cubetti di foie gras di marchesiana memoria. Le rape giocano su due consistenze , a cubetti ed in svolazzanti, leggerissime ostie.

salsiccia e rapa versione Crippa

L’altra genialata “oltre il mercato” arriva dalle “tagliatelle Pomodoro e Basilico”, preparate con maizena e passata di pomdoro cotta sotto vuoto: si ricava una pasta cremosa che va tirata subito e dà  luogo a pettole che assomigliano alle vecchie copertine di plastica dei libri di tanto tempo fa. Le tagliatelle vengono poi tagliate al coltello , risottate e condite con parmigiano e basilico… et voilà :-)

tagliatelle pomodoro e basilico

La penultima preparazione è la più impegnativa: un alleggerimento della Lepre Royale, con tartufo nero, sugo di tartufo nero, foie gras, ed un gran vino rosso per legare. La sella e il carrè devono restar rosa, , con il foie gras si prepara la salsa, il cavolo nero viene cotto in riduzione; il piatto si finisce con polvere di lampone, cannella,  ginepro e cardamomo nero per un senso di affumicato.

la lepre Royal by Crippa

Crippa è fuori tempo, ma la sala in standing ovation chiede il dessert , e sia:” Autunno come le foglie che cadono… eccolo:

spennellate dolci, comprese le nocciole di langa con grano saraceno croccante

Pura arte contemporanea, su canovaccio da cucina, comprato al mercato :-)

 

4 Commenti

  1. Ecco, insomma, sia detto senza polemica, al netto delle foto e del canovaccio, della naturalità o della naturalezza, ma di passaggio, sia dal punto di vista interiore che esteriore, privilegiando una posizione organica, e organolettica anzicheno, rispetto al nostro caro pianeta, i piatti di Crippa, pur in una certa nonchalance, suscitano nella mia mente vetusta moti mangerecci e incontrollate contrazioni mandibolari. Lo so, son buoni anche gli altri, so tutto e niente, ma una cosa è assaggiare rispettosi, altro è mangiare, mordere, vivere.

      1. Questo non fa che confermare e amplificare le mie sensazioni. Che son solo sensazioni purtroppo. Comunque anche in una insalata, anche asciugando il piatto, Crippa è “in aggiungere”, quel che vuoi: emozioni, memoria, territorio, stagioni, gusto…, gli altri piatti, pur partendo dagli stessi presupposti , appaiono “in levare”. Mi fermo qui perché non si parla oltre, se non si è provato.

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