I vini di Roagna e la quadratura del cerchio
di Adele Elisabetta Granieri
L’Uomo Vitruviano raffigura le proporzioni ideali del corpo umano, dimostrando come esso possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure perfette del cerchio, che rappresenta il Cielo, e del quadrato, che simboleggia la Terra.
I vini di Roagna rappresentano la quadratura del cerchio, frutto della consapevolezza concreta illuminata dalla contemporaneità visionaria, riuscendo nell’arduo compito di innalzare ulteriormente il rango di un vitigno già di per sé nobilissimo.
Quella dei Roagna è una storia fatta di duro lavoro, valori profondi e vivacità intellettuale che ha inizio nel 1929 quando la nonna Maria Candida, promessa in sposa al nonno Giovanni, porta in dote una parcella della vigna Montefico di Barbaresco.
Nel 1953 Giovanni compra il vigneto Pajé e una piccola parcella dell’altro celebre cru di Barbaresco, Asili, offertagli in vendita da un compagno di tante partite a scopa senza eredi.
Il parco vigne si completa nel 1989 con l’acquisto di una antica cascina langarola e relativo terreno a Castiglione Falletto nel cru Pira: un unicum di 11 ettari en monopòle nel bel mezzo del quale è sorta la nuova, amplissima cantina.
Oggi al timone dell’azienda ci sono Alfredo e Luca, padre e figlio, quarta e quinta generazione dei Roagna, esperienza e lungimiranza che si compenetrano e completano unite dal comune denominatore di una passione sconfinata per il vino e per la Langa.
Dai Roagna, le vigne giovani sono quarantenni. L’inerbimento è continuo, non si fertilizza, non si irriga, non si cima. Solo rame e zolfo. E poi, un patrimonio di legni ricavati dalle piante madri dello stesso vigneto: selezione massale e non clonale. In cantina, pied de cuve di lieviti indigeni per iniziare la fermentazione, lunghe macerazioni sulle bucce a cappello sommerso e affinamenti in botte grande.
Per comprendere a fondo la storia di un vino, però, non si può prescindere dalle bottiglie, raccontate da Luca Roagna attraverso una degustazione guidata da Gianni Fabrizio, Luca Martini e Gianni Sinesi.
Si inizia con un’anteprima delle le ultime annate, che Luca ha imbottigliato a fine Giugno – 2013 per i Barbaresco e i Barolo, 2010 per il mitico Crichet Pajé – e si prosegue con le annate storiche: una batteria di piccoli capolavori liquidi che ripercorrono 30 anni di storia della cantina.
Barbaresco Faset 2013: Alla prima annata prodotta, nasce dalla collaborazione con uno storico proprietario del vigneto Faset di Barbaresco. Un vino che profuma di ribes e scorza d’arancia, rinfrescato da piacevoli note floreali e balsamiche. Il sorso è elegante e armonico, vivace ma non scalpitante, calibrato in modo tale da renderlo godibile da subito.
Barbaresco Pajé 2013: Dallo storico vigneto del villaggio di Barbaresco, il cui suolo è particolarmente ricco in marne calcaree, con alto contenuto di calcare attivo, al naso esprime la frutta scura e la violetta, poi la scorza di mandarino bruciata e, ancora, netti richiami di tabacco da pipa. Il sorso è pieno e di grande freschezza, dal tannino presente e marcante.
Barbaresco Asili Vecchie Viti 2013: Da un altro vigneto storico del villaggio di Barbaresco, a Sud della superficie vitata del paese, le cui viti di almeno 50 anni di età affondano le radici in un suolo calcareo-sabbioso. Si apre al naso con una nitida nota balsamica, che rimanda alla canfora, poi la rosa appassita, la stecca di cannella e i semi di finocchio e, a chiudere, la genziana. In bocca è potente, vibrante, di grande verticalità, ancora scalpitante ma di grande finezza.
Barbaresco Montefico Vecchie Viti 2013: Altro vigneto storico di Barbaresco, a Nord-Ovest della superficie vitata del paese, su suoli caratterizzati dalle marne calcaree, e ancora vecchie viti. Un vino più austero, che si concede inizialmente su note di salamoia di olive, terra bagnata e sbuffi di incenso, per poi lasciare spazio a note leggermente più ammiccanti, di bacche di ginepro ed erbe aromatiche. Il sorso è deciso e diretto, materico e consistente, connotato da una nota sapida ben definita.
Barbaresco Pajé Vecchie Viti 2013: Dalle piante più vecchie del vigneto Pajé, con un’età media di 60 anni, nasce questo Barbaresco che inizialmente sembra ammaliare con una nota di susina matura, ma poi torna pungente sui toni del rabarbaro e tè verde, per chiudersi con un delicato sbuffo di curcuma. In bocca è muscoloso, di grande succo, dai tannini fitti e marcanti, ma ben levigati.
Barolo di Barolo 2013: Un vigneto di proprietà della famiglia della compagna di Luca, Romina Barberis, ha dato vita a questo Barolo, in cui i profumi di amarena e geranio si arricchiscono di sottili richiami di cuoio e sbuffi di anice. Il sorso è elegnte, composto, di grande verticalità e freschezza.
Barolo Pira 2013: Il vigneto Pira di Castiglione Falletto è una menzione geografica monopolio della famiglia Roagna dal 1989, anno in cui fu acquistato. È esposto a Sud Est, nel versante di Serralunga e Perno, ed i suoli, composti dal materiale risultante dalla disgregazione delle Rocche, sono di matrice estremamente varia, dalla roccia calcarea della Roca alla marna bluastra. Dà vita ad un vino connotato da note di erba fresca, fichi selvatici e radici, con una suggestiva nota ematica a dare profondità e richiami balsamici a rinfrescare. Un vino dal sorso austero e sottile, che si concede con alterigia, senza mai ammiccare.
Barolo Pira Vecchie Viti 2013: Le viti con oltre 80 anni di età presenti nel vigneto Pira vengono vinificate separatamente per questo Barolo in cui le note di grafite e tabacco da pipa si susseguono a richiami di liquirizia ed erbe officinali. Il sorso è verticale e succoso, di grande carattere, con i tannini perfettamente cesellati.
Barbaresco Crichet Pajé 2010: Il Crichet Pajé nasce da una microparticella all’interno del vigneto del Pajé particolarmente ricca in marne calcaree bianche, che nonno Giovanni iniziò a vinificare separatamente dal 1958 e che confluì nella omonima etichetta a partire dalla vendemmia 1978. Sa di agrumi e tabacco da pipa, poi la mandorla tostata, l’anice e, ancora, la cenere ed una nota iodata, quasi salmastra, di sottofondo. Un alternarsi di muscolo e sottigliezza caratterizza la beva, importante ma mai sopra le righe, carnosa ed elegante, con una decisa connotazione salina nel finale.
Barbaresco Crichet Pajé 2008: Richiami di fiori appassiti, sottobosco umido e piccoli frutti rossi sottendono ad un profilo vagamente borgognone. Il sorso si concede con disinvoltura, senza forzature, intenso e garbato.
Barbaresco Crichet Pajé 2006: L’intensa nota ematica ematica iniziale cede il posto agli agrumi, poi al cuoio e alla genziana, a delicati sbuffi di cenere. L’indole austera non ne frena l’intensità gustativa: un sorso carnoso e profondo, dai tannini perfettamente intessuti.
Barbaresco Crichet Pajé 1988: Si fa beffa dei suoi 30 anni, sfoderando un bagaglio di vivacità ed energia insospettabile. Va in profondità con fiori secchi ed erbe officinali, poi il rabarbaro, l’anice, ed un sottofondo di bosco e humus. Ha smussato le asperità e distillato il frutto, conservando una freschezza integra, succosa e dissetante, quintessenziale. Un assaggio straordinario, che inebria, confonde ed emoziona.
2 Commenti
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Altro che sommerso.Tanto di cappello al Re dei vini vino da Re,ma sarebbe tanto gentile da spigare la frase “un patrimonio di legni ricavati dalle piante madri ecc”.Grazie anticipate da FM.
Avrei da parte una bottigliuccia superstite di Crichet Pajè 1999, annata splendida, ma leggendo questo articolo mi è venuta sete, tanta sete… Allora intanto la spolvero, poi tra qualche giorno mi decido e la stappo… Da notare che la acquistai appena uscita sul mercato a 130 euro, mentre adesso, visti i prezzi attuali e le quotazioni, ne vale non meno di 6/700, sempre ammesso di riuscire a trovarla in giro…