I vini dei vulcani. Etna, Soave e Vesuvio: degustazione bianca comparata
di Marina Alaimo
Grandiosa l’idea di organizzare una degustazione di vini provenienti da tre zone vulcaniche molto diverse tra loro e tutte hanno ampiamente dimostrato di rappresentare delle realtà estremamente interessanti, con caratteristiche di grande tipicità ed eleganza. La degustazione si è svolta in occasione del Vesuvinum organizzata da questo sito e dalla Strade dei Vini del Vesuvio.
Alma Torretta, giornalista enogastronomica siciliana, ha introdotto il territorio dell’Etna ed ha scelto per rappresentarlo tre vini molto diversi tra loro, pur appartenendo alla stessa doc, riuscendo in pieno a proiettare sui degustatori presenti al Castello Mediceo di Ottaviano, l’immagine di una zona vitivinicola ricca, molto varia e di grande espressione, dove la vite si coltiva da tempi remoti, in condizioni pedoclimatiche estreme, ma con ottimi risultati.
Le tre aziende in degustazione rappresentano le principali identità di questa doc, i loro vini sono prodotti con uva Carricante in purezza, vitigno bianco principe di questa zona, forte e generoso, coltivato tradizionalmente ad alberello per limitare la produzione dei grappoli, essendo la pianta molto generosa, la doc più datata in Sicilia, nasce nel 1968, con ben 3000 ettari coltivati a vigneto. Il primo vino in degustazione è Etna Bianco 2006, tredici gradi, di Tenuta delle Terre Nere, carricante in purezza: il 30% del vino viene vinificato in botti grandi dove svolge fermentazione malolattica ed affinamento per 10 mesi, l’azienda ne produce 4000 bottiglie l’anno, quindi una vera fortuna averlo in degustazione, prodotto nel comune di Randazzo, nella zona nord dell’Etna, a ben 900 mt. s.l.m., di color giallo oro brillante, al naso regala una spiccata mineralità, rivelando pienamente la sua natura vulcanica, dai profumi dolciastri ed intensi di acacia e frutta esotica, con leggero tocco di rosmarino ed una vivace presenza sulfurea; all’assaggio esplode con vivida sapidità e freschezza, è caldo, opulento ed elegante con continui ritorni minerali. Il secondo è Etna Bianco 2006 Val Cerasa, di Alice Bonaccorsi, tredici gradi: anche questo prodotto da uve carricante allevate ad alberello sul versante nord-est del vulcano, a 600-700 metri di altezza, 8000 le bottiglie prodotte in un anno, presenta caratteristiche molto diverse dal precedente, è più sottile, i profumi vertono sull’agrumato. Di colore giallo dorato, dai profumi intensi di grafite, delicati i sentori floreali di gelsomino e agrumi, l’ingresso in bocca è burroso, spiccatamente sapido e di pulsante freschezza, di lunga persistenza gusto-olfattiva, sono appena 5000 le bottiglie all’anno di questa meraviglia.
Il terzo è Etna Bianco Superiore 2006 Pietramarina, 12,5 gradi, di Benanti, prodotto nel comune di Viagrande, nella zona est dell’Etna, rivolta verso il mare, anche questo un Carricante in purezza proveniente da piante a piede franco coltivate a 1000 metri, riposa almeno tre anni in bottiglia prima di uscire dalla cantina, indubbiamente rappresenta la massima espressione di questo territorio, 10.000 le bottiglie in un anno, di sommo gaudio per gli intenditori, il colore è giallo paglierino carico, all’olfatto è inizialmente timido, disposto a rivelare unicamente la sua prorompente mineralità, ma corteggiandolo col naso ripetutamente dichiara la sua natura estremamente elegante e seduttiva, spiazzando con le sue continue evoluzioni, regalando note salmastre di alga marina e sottili toni di frutta bianca; in bocca esprime la sua acerba gioventù con spiccata acidità, sicuramente un’annata straordinaria, ha sorpreso e conquistato tutti, sono curiosissima di sapere cosà diventerà tra qualche anno.
E’ poi il giornalista veneto Angelo Peretti a guidare la degustazione dei vini Soave, territorio anche questo molto singolare, che si sviluppa tra un susseguirsi di piccoli vulcani spenti, molto compatti tra loro: qui la vite cresce prevalentemente sulla pietra essendo il sottosuolo di natura vulcanico-basaltica, il territorio è altamente vitato, si producono ben 60 milioni di bottiglie all’anno, ad un’altitudine che si aggira intorno ai 400 metri, siamo nella provincia di Verona. Il nome Soave non deriva dalla sua piacevolezza, bensì da Suavia, antica capitale degli svevi che a lungo hanno dominato questo territorio. L’uva bianca che identifica questa doc è il garganega, dai grappoli lunghi a piramide rovesciata, coltivata principalmente a pergola veronese per difenderla dalle forti escursioni termiche giorno-notte, dà il meglio di se dopo lunghe macerazioni sulle bucce, dai tipici sentori di mela croccante e dalla spiccata acidità, sempre contornati dai sentori minerali che caratterizzano i vini provenienti da suoli vulcanici.
Le etichette qui presentano una tipicità, esprimono sempre il cru di origine, infatti sulla prima bottiglia in degustazione è espressa la provenienza dai Colli Scaligeri, Castelcerino Soave doc 2008 di Filippi, 12,5% gradi, Garganega in purezza proveniente da vigne molto vecchie, anche di 80 anni, su suolo prevalentemente calcareo e seguendo i principi della coltivazione biologica. Il vino si presenta di colore giallo paglierino con riflessi dorati, al naso ha un impatto di mineralità notevole, di pietra focaia che comunque non sovrasta il frutto tipico di mela verde croccante e kiwi, forte, è graffiante l’acidità al palato, è sapido su ripetuti ritorni dei sentori minerali, di lunga persistenza gustativa e sicuramente vocato all’invecchiamento.
Poi dal crù Sengialta il Soave classico 2008 di Filippi, giallo paglierino, delicatamente fruttato su sentori di mela golden, decisa la mineralità e sottili le note dolciastre della mimosa, in bocca è scivoloso, molto fresco, sapido, tendente alla durezza.
Casette Foscarin 2006 di Montetondo, 13 gradi, garganega in purezza, 15 giorni di macerazione in botte grande, color oro brillante, dai profumi dolciastri e minerali, piacevolmente agrumato su sottili note salmastre e fumè. L’ingresso in bocca è ricco, molto fresco, sapido e di lunga persistenza.
A questo punto è il momento dei vini del Vesuvio, vulcano attivo ma dormiente, con la sua altalenante attività fatta di lunghe soste e violente eruzioni ha segnato indelebilmente la storia e la vitivinicoltura di questo territorio, molto frammentata in alcuni casi, una realtà consolidata ed estesa invece nella zona che va da Terzigno a San Giuseppe Vesuviano. A fare gli onori di casa è Pasquale Brillante, delegato AIS Comuni Vesuviani.
Primo vino Lacrima Christi doc 2008 di Fiore Romano, 12,5 gradi, prodotto con l’85% di Coda di Volpe ed il 15% di falanghina, nella zona di Ottaviano, giallo paglierino dai riflessi dorati, al naso è immediatamente fruttato con sentori di pesca gialla e susina su note decise ed elegantemente minerali e tipiche tonalità di ginestra; l’impatto gustativo è fresco e sapido, di lunga persistenza.
Lacryma Christi doc 2008 di Sannino, siamo nell’anyico comune di Ercolano, vicino alla costa caratterizzata da sabbia e scogli neri, un paesaggio quasi lunare, Il vino è giallo paglierino brillante, naso piacevole con netti riconoscimenti minerali e salmastri, sapido e di bella acidità.
Cinereo Lacryma Christi doc 2008 di Vigna Pironti, 12,5 gradi, nel comune di Terzigno, 85% coda di Volpe e 15% falanghina, fa un leggero passaggio in legno per 6 mesi in barrique di secondo passaggio, appena dorato, presenta accattivanti profumi di fresia ed acacia, pesca gialla e nocciola, ben definita la natura vulcanica da una consistente mineralità e piacevolissima nota di anice stellato, in bocca è rotondo, di notevole freschezza e sapidità.
Finale da standing ovation per una degustazione che ha emozionato oltre ogni dire tutti i presenti, compresi i relatori.Con questi vini l’Italia non potrà mai temere omologazione.