I segreti del Nero di Troia: verticale 2008-1996 Riserva le More di Santa Lucia a Radici Wines
di Marina Alaimo
In occasione di Radici Wines organizzata ogni anno da Nicola Campanile, ho avuto il piacere di visitare l’azienda agricola Santa Lucia, insieme ad un gruppo di wine writers e buyers di diverse nazionalità. Siamo nella doc Castel del Monte, nello splendido territorio delle Murge, caratterizzate dall’alternanza di colline di roccia calcarea e fiorente pianura dove l’olivo e la vite sono parte integrante del paesaggio da sempre.
Il famoso Castello a pianta ottagonale, voluto da Federico II nel 1220, oggi patrimonio mondiale dell’Unesco, impera con il suo splendore sul territorio, a pochi chilometri dal mare Adriatico. La Puglia, nel corso dei secoli, è sempre stata terra di grande produzione vitivinicola, sicuramente la più produttiva d’Italia, specie dopo il disastro della fillossera che ha indotto i tanti vitivinicoltori delle varie regioni ad importare vino dalla Puglia per ricoprire la richiesta di mercato.
Negli ultimi anni, questa regione ha fatto grandi sforzi per scrollarsi di dosso l’identità di produttore dai grandi numeri e bassa qualità, e devo dire con grandi risultati. Ovviamente la strada migliore da percorrere in questi casi è quella di marcare fortemente la tipicità e l’ identità territoriale, elementi che si stanno rivelando in posizione apicale, non solo in campo enologico, ma anche e sopratutto turistico.
Alla visita ai bellissimi vigneti dell’azienda Santa Lucia, è seguita una verticale del Riserva Le More, vino prodotto inizialmente con uva nero di Troia in purezza e poi con piccole percentuali di malbec. I vigneti dai quali provengono le uve per la produzione di questo vino sono nel cru Castigliola, a 300 metri sul mare, su terreno calcareo e sono condotti a coltivazione biologica. Se ne producono 5000 bottiglie vendute al consumo poco sotto i 20 euro ed è il top dell’azienda.
Si parte con l’annata 1996, prodotta con uva di Troia in purezza ed uso esclusivo di botte grande. Il risultato è straordinario e di grande eleganza, il colore del vino è ancora molto vivace, a cavallo tra le nuance rubino e granato. Al naso è inizialmente timido, ma dopo un po’ si dona con generosità, è ampio con sentori minerali che ne sottolineano l’eleganza, speziati di cuoio e liquirizia, poi i fruttati di mora e ciliegia sotto spirito, ma anche resina e terra bagnata. Sorprende sopratutto al palato, con acidità e sapidità in gran forma, grande dinamismo rafforzato anche dai tannini ben compatti e sottili, è snello al sorso e lungo il finale.
Segue l’annata 1998, nella quale viene introdotto l’uso della barrique ed una aggiunta del 10% di malbec. Pur essendo molto piacevole il vino, a mio parere queste scelte lo hanno un po’ penalizzato e mortificando la grande capacità espressiva del nero di Troia. Esordisce con le note fruttate di ciliegia ed arancia rossa, ha toni discreti di canfora e resina, poi gli speziati di cuoio e vaniglia, in bocca i tannini scalpitano, è caldo, discreta la freschezza e ben presente la nota alcolica.
La 1999, anche questa con un 5% per cento di Malbec dichiarato ha uno scatto in più rispetto alla precedente, si presenta più fresca e tonica, anche se l’arrotondamento del vitigno internazionale incide negativamente sullo slancio e la dinamicità complessiva introducendo inutile dolcezza
La 2000, terza e ultima annata con il malbec, risente dell’annata calda ma è ancora tonica. Ha una buona spinta che però non riesce a chiudere con autorevolezza ed eleganza.
La 2001, la prima con il nuovo enologo Paolo Caciorgna torna a sedurre gli ospiti, e, guarda caso, è prodotta con uva di Troia in purezza. Il colore è rosso rubino intenso, sa esprimere eleganza sia al naso che al palato e fa presagire una buona capacità ad affrontare il tempo in maniera molto intrigante. Il naso è intenso, con profumi di arancia rossa e ciliegia, liquirizia e terra bagnata. In bocca esprime buona freschezza, decisa sapidità, tannini graffianti ed invita a sorseggiare di continuo.
Poi la 2003, dal colore rosso rubino carico, al naso è fruttato ed erbaceo, anche qui si notano i sentori vanigliati, il sorso è ricco, con tannini piacevoli e caldo.
La 2004 esprime inaspettatamente note dolci e fruttate, sembra avere addirittura meno slancio della precedente che è stata notoriamente annata calda.
La 2006 ritrova il suo equilibrio, magari al naso è meno opulenta ma sicuramente fine ed elegante, in bocca c’è ancora molta freschezza, si vede che il vino è giovane e ancora bisognoso di ulteriore evoluzione.
Chiudiamo con la 2007, annata sicuramente vicina alla 2003 anche s elontana dai suoi eccessi siccitosi. In questo caso c’è un equilibrio raggiunto con la frutta che domina sia al naso che in bocca.
Dalle botti arriva infine l’assaggio di 2008, un rosso che promette molto bene, snello e dotato di freschezza e tannini vellutati. Sarà sicuramente un vino molto interessante.
Grande successo ha riscosso all’unanimità il millesimo 1996, espressione di un vitigno che sa affrontare a testa alta il tempo, accrescendo anno per anno l’eleganza e la piacevolezza. Lo sorseggerei volentieri ascoltando il concerto per pianoforte n.21, K622 di Mozart: elegante, morbido, con picchi dinamici e ben movimentati.
Terminata la degustazione, Roberto Perrone Capasso, il padrone di casa, ci ha introdotti nella propria dimora, splendido casolare di campagna dove con sapiente gusto ogni cosa è stata lasciata così come era in origine, raccontando agli ospiti la storia della famiglia che da Napoli si recava qui nel periodo estivo fino al tempo della raccolta delle olive. E’ stata squisita l’accoglienza riservata agli ospiti, come squisita è stata la colazione offerta piacevolmente a buffet, dando la possibilità a tutti noi di vivere la splendida casa in totale libertà ed armonia. Zuppa di fave e cicoria, burrata, mozzarelle, focacce con pomodori e cipolla, olive, dolce alle mandorle hanno continuato a parlare di questa terra bellissima e ricca di storia.