I rossi a Campania Stories: l’Aglianico tra luci e ombre e la rivincita del Piedirosso
di Raffaele Mosca
La Campania del vino vive una strana dicotomia: da un lato il movimento bianchista che cresce e conquista consensi e trofei, dall’altro il fronte dei rossi che è rimasto parecchio indietro. Non che da queste parti non si trovino vini rossi eccezionali: molti degli alfieri del rinascimento enologico del Sud Italia sono nati proprio tra Irpinia, Sannio, Colli di Salerno e Roccamonfina. Ma in qualunque degustazione di Aglianico, Pallagrello e compagnia bella emerge un guazzabuglio di etichette degne di nota frammiste ad altre troppe spinte sul legno e sulla sovramaturazione e qualcuna che appare già stanca all’esordio.
Si discuteva con i colleghi a Campania Stories del fatto che, con tutta probabilità, il problema è alla radice: l’Aglianico, uva rossa cardine di tutto il meridione peninsulare, è una bestia difficile da domare e sembra che in molti cerchino ancora di strafare, di estrarre tutto l’estraibile nella speranza di ottenere il “vinone” che impressiona. La strada giusta, invece, è quella diametralmente opposta: anziché forzare, bisogna cercare di mitigare l’esuberanza del vitigno, tentando via “dell’infusione” piuttosto che dell’estrazione, ricercando la massima pulizia in vigna e cantina ed evitando derive ossidative. Chi riesce a far questo tira fuori vini che hanno poco da invidiare ai mostri sacri del Centro, del Nord e d’Oltralpe. Detto questo, il dato più importante che emerge dalla batteria di assaggi a Campania Stories é l’exploit del Piedirosso, vino in passato considerato “imbevibile”, storicamente piagato da problemi di riduzione e diluizione legati alle vinificazioni alla bell’e meglio, che, negli ultimi anni, è risorto dalle ceneri vulcaniche dei Campi Flegrei e si è affermato come rosso leggero, da pesce o da pizza, agli antipodi rispetto all’Aglianico massiccio, imponente e proprio per questo molto in linea con il gusto contemporaneo. Non esagero se dico che si tratta del “vino del futuro”: la crescita qualitativa è assolutamente notevole e sono sicuro che nei prossimi anni ne sentiremo parlare di più anche al di fuori dei confini regionali.
Sul fronte del caro vecchio Aglianico, invece, i territori nei quali si nota un certo fermento sono Cilento e Taburno. Non fraintendetemi: anche in queste zone l’andamento è altalenante, ma in Cilento sta nascendo un movimento di piccoli e medi produttori che riescono a produrre vini evocativi del territorio mediterraneo – calorosi, ma non caricaturali – e nel Taburno l’incidenza di produttori che riescono a gestire egregiamente questo cavallo pazzo, ricavandone vini equilibrati e raffinati, è sopra la media regionale . Regalano soddisfazioni anche i “piccolini” dell’Irpinia, come gli Irpinia Campi Taurasini, che di media sono più semplici, ma più aggraziati e quindi più centrati dei Taurasi. Sul fronte del gigante irpino, invece, continuano ad esserci problemi di costanza qualitativa, stilistica e interpretativa. La prima causa di ogni male è l’anarchia produttiva: il disciplinare consente di commercializzare il vino a partire dal quarto anno, ma le aziende tendono a fare tutte di testa loro. E se in alcuni casi la scelta di ritardare l’immissione in commercio si rivela azzeccata – penso, ad esempio, al Taurasi di Perillo – in altri l’affinamento prolungato implica un decadimento prematuro della parte fruttata che va ad inficiare la scorrevolezza del vino.
Altro discorso è quello relativo ai cosiddetti autoctoni “minori”. A mio avviso, l’emergente che potrebbe accodarsi al Piedirosso è la Camaiola, varietà anche nota come Barbera del Sannio, che, però, con l’autoctono piemontese non ha nulla a che fare. Parliamo, infatti, di una varietà semi-aromatica con caratteristiche simili alla Lacrima e all’Aleatico, capace di dare vini leggeri, profumati, estremamente godibili nell’arco di tre-quattro dalla vendemmia.
Buone, in conclusione, le prospettive per Pallagrello Nero, Casavecchia, Tintore, Aglianicone e via discorrendo. Chiaramente si parla di varietà che, allo stato attuale, hanno uno, massimo due interpreti degni di nota, ma la sensazione è che, negli anni a venire, ne vedremo delle belle anche su questo fronte.
Di seguito tutti i vini assaggiati:
VINI IGT
San Salvatore – Paestum Rosso Pino di Stio 2019
Lo stranissimo caso dell’unico Pinot campano prodotto nell’entroterra cilentano. I tratti del vitigno si riconoscono anche a fronte di una parte fruttata molto matura (visciola, sciroppo di more, pomodoro secco); il sorso non ha la grazia, la levità delle versioni borgognone, ma convince per equilibrio e scorrevolezza. Non un grande Pinot, ma un vino discreto.
Galardi – Terra di Lavoro 2018
Quadro scuro e stratificato: china, cioccolato, marasca, pepe e tracce balsamiche derivanti dal rovere. La cornice del legno d’affinamento è ben evidenza, ma la stoffa c’è; il frutto è ricco, l’acidità sostiene la struttura e il finale speziato e balsamico regala belle soddisfazioni. Vino adolescente, deve ancora assestarsi.
Pietra Marzia – Campania Rosso Pietra Marzia 2018
Scuro, evoluto: sa di olive al forno e cuoio, caffè, cioccolato fondente. Il tannino è piuttosto ruvido, la parte fruttata evanescente e il finale insiste su rimandi boschivi e tabaccosi. Un po’ fiacco.
De Beaumont – Campania Rosso Macchiusanelle 2018
Barbera da un vigneto storico piantato in zona Taurasi agli inizi del secolo scorso. Offre aromi intriganti di rabarbaro e pepe nero, giuggiole, un accenno evoluto di goudron. E’ stravagante e un po’ rustico, molto fresco e poco tannico. Scorre con una certa facilità e chiude lungo su toni pepati e boschivi. Interessante.
Montevetrano – Colli di Salerno 2018
Uno degli alfieri del rinascimento vinicolo di cui sopra. Esattamente come il Terra di Lavoro, ha bisogno di un qualche anno di affinamento per smaltire la traccia del legno, che al momento comprime gli aromi classici di visciola e mirtilli schiacciati, viola, eucalipto, polvere di cacao. E’ equilibrato, compassato già in questa fase; il tannino è perfetto, il frutto non manca, ma la chiusura è ancora dominata dai ritorni boisè. Molto buono in prospettiva.
PIEDIROSSO
Bosco de Medici – Pompeii 2020
Leggero cenno di riduzione in apertura e poi violetta, pepe, fruttini neri. E’ scattante, reattivo, leggermente rustico, con un finale salato ed ammandorlato. Semplice. Astroni – Colle Rotondella 2020
Grazia, soavità e anima vulcanica: fragolina e chinotto, rosa appassita, erbe officinali su sfondo di polvere pirica. Il sorso è tonico, scattante, di trascendentale scorrevolezza. E’ l’archetipo del Per’ e Palummo – “piede di colombo”, dal colore del pedicello in maturazione – che in tavola fa da jolly. Ottimo!
Martusciello – Settevulcani 2020
Fumè e pomodoro secco, rosa e fragola, traccia boschiva. E’ un carnoso con tannino appena rustico e ritorni ematici che danno grinta; procede fluido e vivace, non lunghissimo, ma pulito e piacevole.
Portolano – 2020
Arancia rossa e mosto fresco, pepe nero e bacca di ginepro. Aromi semplici e sfiziosi che riecheggiano in un sorso longilineo e scorrevole, senza orpelli e senza sbavature. Da tataki di tonno o zuppa di pesce.
Carputo – 2019
Assaggiato due volte: in degustazione e poi sui crudi di mare a Pozzuoli. E’ tutto giocato sul frutto di bosco rugiadoso, suadente, succoso, incorniciato da qualche accento speziato. Non è particolarmente complesso… ma che piacevolezza!
Mustilli – Sannio Piedirosso 2019
Declinazione “alternativa” dall’entroterra benventano: l’olfatto è più profondo e lascia affiorare sensazioni di mirtilli e more, erbe officinali e caffè. E’ relativamente robusto, sostenuto da tannini decisi e da un’acidità molto integra. Più che il pesce, chiama le carni ovine. Buono.
Agnanum – 2019
Sempre fascinoso: disserra aromi di ribes nero e viola, cenere arsa e polvere da sparo, qualche refolo di spezie orientali “à la Pinot Noir”. E’ raffinatissimo e goloso, imperniato di una spinta sapida che dà vigore a una progressione d’estrema piacevolezza, sospesa tra frutto, fiore e rimandi speziati. Eccezionale.
Cantine del Mare – Terrazze Romane 2019
Speziato in apertura: curcuma, origano, noce moscata fanno da cornice ai frutti di bosco. E’ salino e di nuovo piccante nella bocca appena rustica, ma grintosa e peperina.
Classico. Casa Setaro – Fuocoallegro 2019
Peperone crusco e fragola, lampi fumè e un tocco smaltato. Classica sorso nervoso con un tannino appena ruvido, acidità molto garbata e un finale vagamente ammandorlato. Anche questo classico.
Galardi – Terra di Rosso 2018
Bizzarro, spiazzante, diverso da qualunque Piedirosso assaggiato prima d’ora: esordisce con toni di composta di mirtilli, cioccolato e caffè da Merlot di Pomerol. Sembra quasi sovramaturo, ma poi sorprende con un guizzo d’acidità ben dosata e la solita salinità che dà sprint. E’ difficilissimo da riconoscere come Piedirosso, ma ha il suo fascino.
Cantine del Mare – Terra del Padre 2017
Altra versione insolitamente matura e profonda: tabacco e salsa di soia, cuoio, mirtilli e giuggiole in sottofondo. E’ robusto e abbastanza morbido, ma stemperato dal solito ritorno marino e da un tocco ammandorlato. Discreto.
Contrada Salandra – 2017
Leggermente ridotto in prima battuta, lascia emergere progressivamente profumi essenziali di pepe e bacche nere. E’ agile e scorrevole, non proprio precisissimo, ma coerente e gradevole. Ocone – Sannio Taburno Calidonio 2017 Fumè, grafite, nocciola, oliva nera e qualche lampo fruttato. Buona corrispondenza in bocca, tannino leggermente disidratante, beva rustica e spensierata. Da pane e salame.
Casa Setaro – Lacryma Christi 2020
Profumatissimo: fragola e pepe nero, violetta, qualche cenno allettante di mosto fresco. Grande souplesse e succosità: fa forza su ritorni ematici, pepati e floreali che lo rendono sfizioso ed estremamente beverino. Il Lacryma Christi che vogliamo.
Sorrentino – Lacryma Christi Vigna Lapillo 2018
Zaffate fumè da solfatara e spezie scure, polvere di cacao, una traccia balsamica. Sorso succoso, longinileo, in pieno stile Pinot Noir, con un tocco ammandorlato sul fondo e rimandi affumicati che plasmano un finale d’ottima durata. Molto buono.
CASAVECCHIA
Vestini Campagnano – 2017
Marasca e china, cacao, accenti fumè. Ingresso morbido, tannino succoso che dà sostegno e una nota ematica a contrasto. Piace per soavità, compostezza e facilità di beva. Ottimo.
Alois – Trebulanum 2017
Scuro e un po’ impreciso: lascia intuire sensazioni di oliva e bacche nere, chiodo di garofano. Il tannino svetta su di un sorso magro, rustico, con finale vagamente amarognolo.
PALLAGRELLO NERO
Masseria Piccirillo – 2019
Esordio piccante, estroso di peperoncino tritato e peperone crusco. Poi gelso e cacao, sottobosco, grafite. Il sorso offre volume e precisione, tannicità rigorosa, poche concessioni sul lato delle morbidezza, ma tanta grinta e un finale di buona lunghezza. Buono.
Il Casolare Divino – Tralice 2018
Catrame e chiodo di garofano, poco frutto sia al naso che in bocca. E’ un po’ ostico, con un tocco chinato, una traccia vegetale e un finale affumicato e ammandorlato.
COSTA D’AMALFI
Marisa Cuomo – Furore Rosso Riserva 2017
Un po’ amalfitano e un po’ bordolese: esprime aromi raffinati e golosi di mirtilli schiacciati, erbe officinali, mirto, mentolo e qualche accenno di tostatura. E’ succoso, vellutato, disteso; il tannino è felpato e il finale verte su note balsamiche di grande souplesse. Molto buono.
Marisa Cuomo – Ravello Rosso Riserva 2017
Più rustico e verace: esordisce con una ventata di cuoio e zolfo che fa da apripista a sentori di mirtilli rossi ed erbe disidratate, nocciole tostate, brezza marina. Il tannino è vispo e incalzante, lo sviluppo succoso, suadente, meno compassato e più scattante rispetto a quello del Furore, ma sempre molto raffinato. Ottimo.
Tenuta San Francesco – E Iss 2017
Spettacolare il naso di questo Tintore da vigne ultracentenarie: l’esordio è su note di fiori appassiti da Barolo, seguite da liquirizia e visciole mature, mirto, origano, sottobosco verde. Il tannino scalpita e dà slancio ad un sorso carico di frutto molto maturo – prugna, visciola – e di rimandi marini e pepati che non mollano la presa. Eccezionale.
AGLIANICO DEL SANNIO E DEL TABURNO
Solopaca – 24 Carati San Martino 2017
Semplice, dolcemente fruttato. Sorso morbido e scorrevole, non spiacevole, ma un po’ moncorde. Fattoria La Rivolta – 2017 Fragola e ribes rosso, erbe officinali e salamoia a delinare un profilo di rara raffinatezza. E’ snello e suadente, tonico d’agrume rosso e balsamico nell’allungo soave, aggraziato. Fossero tutti così i rossi “d’entrata”…
La Fortezza – Enzo Rillo 2017
Singolare ed intrigante: profuma di tabacco e scatola da sigari, peperone crusco, rosa rossa e visciola. E’ succoso, di medio corpo, arrotondato da tracce tostate e cadenzato da un tannino felpato che rende un senso di bell’equilibrio. Buono.
Ocone – Diomede 2017
La traccia del legno d’affinamento è un po’ sopra le righe e oscura il frutto. Il sorso segue la stessa traccia: la vaniglia e l’incenso prevalgono su tutto il resto.
Fontanavecchia – 2017
Austero e intrigante: tabacco, mirtilli, erbe aromatiche su fondo fumè. Prevale il tannino forzuto insieme a una spinta acida da manuale che conduce un finale nerboruto, squillante, lungo nei rimandi sapidi e fumè. Molto buono.
Fattoria La Rivolta – Terra di Rivolta 2017
Sempre una garanzia: conquista a prima annusata con una miscela stregante di toni tostati e speziati, di sigaro e liquore ai mirtilli, sandalo, cenere, terra bagnata. E’ soave, avvolgente all’ingresso e poi ematico, profondo e sfaccettato tra ritorni di pepe e oliva nera, fiori appassiti, il solito ricordo fumè che ha la meglio in un finale di rara finezza. Eccezionale.
Terre Stregate – Costa del Duca 2017
Caffè e oliva nere, tabacco, gelsi e more. Saporito e più scattante del previsto, con tannino arrembante e finale appena ammandorlato, ma di buona piacevolezza. Discreto.
Cantine Tora – 2016
Pepe nero e pimento, oliva al forno, origano, more e mirtilli. Fitto e austero, ma senza sbavature; il tannino appena ruvido allenta la presa in un finale di media persistenza. Valido.
Terre Stregate – Arcano 2016
Marasca e prugna, grafite, tracce tostate e d’incenso da rovere. E’ denso, massiccio, rotondo e ruffiano, supportato da tannini fitti che riescono comunque a bilanciare la massa. Sicuramente non un peso piuma, ma avrà i suoi fans.
Ocone – Vigna Pezza La Corte 2015
Eucalipto, noce moscata, cola, frutto scuro camuffato dalla coltre di tostature da rovere. Morbidezza e calore in bocca, ritorni imponenti di caffè e cioccolato, ma non manca la spinta acida che calibra un insieme altresì debordante. Può darsi che nel tempo il rovere venga smaltito e diventi più scorrevole.
La Guardiense – I Mille per l’Aglianico 2014
Evoluto e appena vegetale: profuma di pot-pourri e nocciole tostate, erba medica, cipria. Il tannino è un po’ rugoso, il corpo di medio peso. L’acidità emerge gradualmente e dà sostegno a uno sviluppo non troppo profondo, ma gradevole e composto. Interpretazione azzeccata di un’annata sciagurata.
Cantine Tora – Spartivento 2013
Purtroppo questa bottiglia è già in fase calante.
Fontanavecchia – Grave Mora 2012
Caffè in apertura, poi lampi di frutto rosso maturo – anche in composta – sottobosco ed erbe officinali, un accenno di goudron. E’ complesso ed evoluto, ma tutt’altro che stanco. Il tannino morde ancora e ravviva una progressione equilibrata, ricca di rimandi affumicati e speziati nel finale decisamente profondo. Ottimo.
CILENTO
San Salvatore – Corleto 2020
Semplice e vinoso: sa di fragolina, violetta, erbe aromatiche. Non è particolarmente profondo, ma convince per scorrevolezza e spensieratezza.
Tempa di Zoe – Diciotto 2019
Visciola e giuggiola, acciuga sotto sale e macchia mediterranea. E’ solare e suadente, classicamente cilentano, ma senza eccessi strutturali. Chiude lungo su toni fruttati. Centrato.
Tenuta Macellaro – Quercus 2018
Paprika e mela rossa, ruggine, oliva al forno e qualche nota animale che lo rende un po’ scapestrato. Scorre bene, ma chiude un po’ impreciso con rintocchi terragni e ammandorlati.
Lenza – Massaro 2018
Peperone crusco e pimento, pomodoro secco e acciuga, frutti di bosco maturi. Bella dinamica gustativa con tanta sapidità, fragola e viola che ammorbidiscono lo sviluppo e un finale semplice, ma preciso. Molto buono.
Montevetrano – Core Rosso 2018
Incenso, eucalipto, grafite, rosa rossa e mirtilli rossi. Entra ricco, fruttato e tostato, ma si assottiglia progressivamente e chiude teso, agrumato, appena balsamico. Buono.
Luigi Maffini – Cenito 2018
Caffè e olive al forno, origano, pomodoro secco, pot-pourri. Sorso morbido e aggraziato, con l’ acidità in sordina, la sapidità che spinge e tannini ben estratti. Il finale balsamico e florealecrende un senso d’inaspettata levità. Molto buono.
San Salvatore – Jungano 2018
Visciola, prugna, pomodoro secco, qualche refolo mentolato. E’ morbidissimo, ben costruito, riccamente fruttato nell’incipit e poi più fresco e balsamico nell’allungo di buona durata. Facile e gourmand.
Lunarossa – Borgomastro 2016
Sottobosco e menta,visciola, liquore alla liquirizia. Sorso ampio e saporito, cadenzato dal tannino salivante e lungo nei rimandi speziati e minerali. Molto buono.
San Salvatore – Omaggio a Gillo Dorfles 2016
Tabacco mentolato e vaniglia, caffè, prugna e composta di more. E’ massiccio, avvolgente, rotondo già in questa fase. Non è un peso piuma – e nemmeno un campione d’eleganza – ma avrà i suoi estimatori.
CAMPI TAURASINI
Salvatore Molettieri – Ischa Piana 2018
Viola e fragola, qualche tratto balsamico e cioccolatoso a disegnare un profilo semplice e centrato. Sorso spensieratamente fruttato con la giusta acidità, tannini garbati e un finale salino d’estrema piacevolezza.
Ottimo. Benito Ferrara – Vigna Quattro Confini 2018
Marasca e prugna, liquirizia, menta e caffè. E’ rotondo e caloroso, appena sovramaturo, ma ben sostenuto da tannini morbidi e da un nerbo acido pimpante che lo rende molto godibile nell’immediato.
Villa Raiano – Costa Baiano 2018
Fumè e spezia, fruttini aciduli, qualche afflato floreale. E’ semplice, scorrevole, non troppo incisivo, ma tipico e facilmente abbinabile con piatti di carne non troppo impegnativi.
Stefania Barbot – Ion 2018
Un Taurasi in miniatura che sa di ribes rosso ed erbe officinali, china, grafite. E’ snello e grintoso, tannico quanto basta e di nuovo balsamico nel finale balsamico e speziato. Ha poco da invidiare alla maggioranza dei Taurasi in degustazione.
TAURASI
Donnachiara Taurasi 2017
Moderno, impeccabilmente costruito: profuma di mora matura e prugna, menta, cioccolato. L’annata calda lo ha irrobustito e ha levigato il tannino, ma rimane comunque equilibrato grazie alla discreta acidità di fondo.
Buono. I Capitani – Bosco Faiano 2017
Aromi maturi di nocciola tostata e polvere di cacao, oliva al forno, sottobosco. Sorso d’inaspettata souplesse, sostenuto da un tannino filigranato e da un ritorno di arancia sanguinella che smorza gli aromi terziari. Bel Taurasi vecchio stile senza eccessi di struttura o segni di cedimento.
Feudi di San Gregorio – 2016
Scuro di carbone e cenere arsa, mirtilli e more sotto spirito, terra bagnata. In bocca il tannino un po’ rustico spinge, l’apporto del legno è ben integrato, la spinta sapida accompagna un finale di discreta durata su toni fumè. Versione centrata del Taurasi più diffuso su larga scala.
Sanpaolo – 2016
Incenso e tostature a tutto spiano, grafite, cannella, frutti neri sotto la coltre di rovere. E’ morbido e avvolgente, decisamente moderno, con una traccia del legno un po’ invadente che al momento domina la chiusura.
Villa Matilde Avallone – Fusonero 2016
Tabacco e oliva nera, radici, ferro, fragola e mirtillo rosso sul fondo. Discreto l’equilibrio del sorso integro, scandito da un tannino forzuto e da cenni tostati che ammorbidiscono il finale di buona pulizia. Discreto.
Villa Raiano – 2016
Chiodo di garofano e pepe nero, frutti di bosco e catrame. Il tannino muscoloso prevale sul frutto e allenta la presa in un finale chinato e appena disidratante.
Il Cancelliere – Nero Ne 2016
Aromi affascinanti di sottobosco, bacca di ginepro, cola e rabarbaro. Purtroppo l’acidità volatile molto evidente sciupa la bella materia del sorso. Peccato!
Tenuta Cavalier Pepe – Opera Mia 2015
Rosa rossa ed erbe officinali, visciola e gelsi maturi, una traccia tostata che non stona. Coinvolgente la progressione che mette al centro un frutto succoso, integro, tannini potenti ma ben estratti, rintocchi di chinotto ed erbe officinali che profilano una chiusura abbastanza durevole. Molto buono.
Petilia – 450 V 2015
Aromi scuri, ossidativi di crema di caffè e pelliccia, sottobosco umido, marmellata di more e tabacco. Prorompente, voluminoso il sorso che parte bene, ma poi svela cenni ossidativi –di nocino e zucchero bruciato – che fiaccano la beva. Forse la bottiglia non è in condizioni perfette.
Tenuta Scuotto – 2015
Naso di gran fascino: caffè e tocchi ematici, fragola e mirtilli rossi, felce, erbe aromatiche, china. Bellissima progressione agile ed equilibrata, piccante ed ematica, imperniata su di un tannino molto fine e salata nella lunga chiusura. Tra i migliori vini della giornata.
Salvatore Molettieri – Renonno 2015
Classico intramontabile che offre un bouquet austero e garbato: melagrana, rosa appassita, erbe balsamiche, tabacco e legno arso. E’ carnoso, carico di frutto scuro e maturo che viene bilanciato dai tannini potenti, arrembanti. Ha bisogno di qualche annetto per dare il meglio di sè.
Boccella Rosa – 2015
Prugna e marasca, ginseng e cannella a comporre un quadro integro e affascinante. In bocca la traccia del rovere si fa sentire, ma non sovrasta il frutto, il tannino è ben dosato e l’acidità dà sostegno. E’ un’interpretazione moderna, un po’ marcata del rovere in questa fase, che, però, evidenzia un bell’equilibrio e, nel complesso, promette bene.
Borgodangelo – 2015
Aromi maturi di prugna e composta di mirtilli, pot-pourri, nocciole tostate. Il tannino potente asciuga un sorso carico di rimandi terziari, tabaccosi che prendono il sopravvento nella chiusura abbastanza lunga, ma un po’ imprecisa.
De Gaeta – Duecape 2015
Oliva nera e liquirizia, sciroppo di more e cioccolato fondente. E’ massiccio, imponente, rotondo, un po’ frenato nell’allungo dominato da ritorni ossidativi di tabacco e maraschino.
Delite – Pentamerone 2015
Marasca e fumo aromatico, sottobosco, cacao in polvere. E’ scuro e profondo anche in bocca, dove il tannino impetuoso ha la meglio sul frutto e segna il finale asciutto e ammandorlato.
Contrade di Taurasi – Coste 2015
Naso davvero intrigante: pimento e pepe nero, cioccolato fondente, visciola e giuggiola matura, caffè, legni balsamici. In bocca la traccia alcolica si fa sentire, ma non inficia una progressione fluida e accattivante, lunga nel finale su toni d’arancia sanguinella e spezie scure. Non precisissimo, ma caratterizzante.
Contrade di Taurasi – Vigne d’Alto 2015
Tabacco e giuggiole, menta, grafite, erbe officinali. E’ più sottile e nerboruto del precedente, tonico d’agrume rosso e scandito dal tannino pulsante, salivante. Ha bisogno di un po’ tempo per assestarsi, ma la materia ma è quella giusta. Molto buono.
Feudi di San Gregorio – Piano di Montevergine 2015
Moderno, ma con stile: profuma di legni balsamici e chiodo di garofano, paprika, cannella, visciola sotto spirito e tabacco. E’ avvolgente ed equilibrato, cioccolatoso quanto basta e scandito da un tannino vivo, ben intessuto che allenta la presa in un finale godereccio al sapore di liquore al cassis. Eccellente.
Tenuta del Meriggio Colle dei Cerasi 2015
Violetta e more, un cenno animale e di carne cruda. Declinazione longilinea e raffinata, non troppo profonda, ma scorrevole e centrata, floreale in chiusura. Interessante.
Tenuta Cavalier Pepe Le Logge del Cavaliere 2014
Fragola e viola, traccia verde tipica dell’ annata fresca, cacao in polvere e arancia sanguinella. E’ snello e scattante, ritmato da un tannino appena fuori asse che, però, non pregiudica la piacevolezza della progressione energica, balsamica nella chiusura soave. Un’ottima interpretazione del peggior millesimo dell’ultimo decennio.
Vesevo – Ensis 2013
Decisamente marcato dal rovere: sa di incenso e vaniglia, crema di caffè e cola. Il tannino è un po’ ruvido e le tostature rubano la scena al frutto.
Amarano – Principe Lagonessa 2013
Scuro e austero: profuma di tabacco, erbe balsamiche, cenere arsa e bacca di ginepro. E’ profondo e stratificato, scandito da un tannino appena scorbutico che fa da contraltare alla ricca polpa fruttata e allenta il grip nel finale affumicato. Buono.
Antico Castello – 2011
Una delle rivelazioni dell’evento: disserra profumi ammalianti di visciola sotto spirito e cardamomo, sandalo e cuoio, rabarbaro. E’ pieno, voluminoso e allo stesso tempo fresco, bilanciato, arricchito da una splendida scia sapida. Chiude lungo e pulito su toni balsamici e di sottobosco. Eccellente!
Perillo – 2009
Come sempre caleidoscopico: sferra aromi di kirsch e sottobosco, incenso e sandalo, spezie orientali e tracce di goudron. E’ chiaramente evoluto, ma non maturo; vede protagonista la spinta sapida che, insieme al tannino mai domo, dà vita a una progressione energica e di straordinaria mutevolezza e tridimensionalità. Una garanzia.
Un commento
I commenti sono chiusi.
Mi trova pienamente d’accordo sulla lucida analisi iniziale.L’anarchia può anche passare per poesia ma alla lunga non paga.D’accordo,almeno sui vini ed annate che anch’io ho assaggiato, anche sui giudizi sintetici precisi esaustivi.Complimenti per non aver fatto “complimenti “FM