I precetti del piccolo produttore di vino: da Radici alla jam session a Cantina Giardino
Si era, di nuovo dopo quasi un anno, in quel di Vallesaccarda dai fratelli Fischetti dell’Oasis appena riaperta dopo la pausa estiva. Adoro la Valle del’Ufita e la Baronia d’estate perché annuncia gli spazi della Puglia ma regala la freschezza dell’Irpinia. Un mix perfetto in un mese in cui tutti si riversano a mare.
Un incontro con Nicola Campanile e Franco Ziliani per parlare della prossima edizione di Radici dopo il grande successo di quella appena conclusa. A proposito, adesso si aprirà anche ai produttori di Fiano.
Poi la decisione di fare un salto nella vicina Cantina Giardino ad Ariano Irpino conosciuta grazie a Gaspare Pellecchia che organizzò alcuni anni fa una serie di incontri proprio con Antonio Di Gruttola, allora ai suoi primi passi. Non avevamo proprio bisogno dell’ennesima visita seriale:-)
Doveva essere un incontro breve, ma è durato a lungo perché la jam session di Antonio, partita dal Fiano 2010 in tino, è terminata solo quando Franco ha detto basta.
Antonio è una figura importante nel panorama meridionale non tanto, o non solo, per aver avviato per primo la ricerca di vigne vecchie o pratiche ecocompatibili, quanto per aver delineato bene cosa debba fare una piccola cantina in un territorio: specializzazione e non omologazione.
“Consulenze? Solo con il Cancelliere e nel Vulture con Camerlengo” dice Antonio. ” Una sacco di piccole aziende sono venute per chiedermi: “Voglio fare il vino come quello di Feudi e Mastroberardino”. Quando dicevo che non ne valeva la pena, si allontanavano subito. Magari pensavano che non ero in grado di farli.
Appare chiaro che molte cantine sono in difficoltà. Io dico: solo quelle che non hanno studiato e pensavano di aver annusato l’affaruccio entrando in un settore come si può iniziare la compravendita di salumi e camice.
Antonio dixit:
Ogni terreno può esprimere qualcosa. Anche quelli non vocati. Il primo pensiero deve essere quello di tenerlo vivo e salubre, perché l’uva nata in un ambiente sano fa comunque la differenza.
Se una grande azienza fa dolce, tu fai salato. E viceversa. Non ci si può mettere in concorrenza con chi fa un milione di bottiglie. Si deve costruire un vino che riesca ad intrigare chi ha poi voglia di provare altre cose, dunque posizionarsi su uno step successivo, sicuramente più ristretto ma anche più colto e fidelizzato.
La piccola azienda deve preoccuparsi di esprimere al meglio le caratteristiche del terreno e dell’annata. Non importa se i vini escono diversi. Meglio, vuol dire che sei un artigiano e non un industriale e il tuo pubblico di seguirà con più passione perché il bello del vino è la differenza, non l’omologazione.
I vini devono finire. I riconoscimenti sono utili e fanno piacere, ma il segnale che ho fatto un buon vino è quando a tavola la bottiglia resta vuota.
Se non si angosciati dal dover fare sempre lo stesso vino, gli interventi enologici in cantina sono ridotti all’essenziale. Possiamo anche arrivare a fare vini senza solforosa e berli tranquillamente dopo qualche anno.
I vini bianchi non devono essere per forza bianchi, e quelli rossi non devono essere rosso impenetrabile
Non è possibile fare il vino più buono del mondo è importante farlo bene seguendo l’istinto del terreno e il risultato dell’uva
I vini di Antonio sono ricchi di personalità. Il giudizio espresso da Franco alla fine combacia perfettamente con quanto ho avuto modo di scrivere in qualche occasione: nei rossi si esprime con una naturalezza compiuta, i bianchi invece sono molto cerebrali. Cerebrali ma non ideologici perché si sperimenta tutto senza alcun limite. E la sperimentazione scientifica, si sa, è nemica dei dogmi religiosi e ideologici perché non si accontenta mai dell’ultimo risultato.
Infine una riflessione mia. Il grande vino si riconosce in bocca (al naso è abbastanza evidente) per come si comporta nella seconda metà del palato.
26 Commenti
I commenti sono chiusi.
Bellissima e molto istruttiva la visita di ieri alla Cantina Giardino. Alla mia collezione di sani “matti” del vino mancava un personaggio come Antonio di Gruttola. Quanto al pranzo di ieri all’Oasis di Vallesaccara: memorabile. Una cucina meravigliosa e vera che mi piacerebbe gustare tutti i giorni…
Quanti “Di Gruttola” ci vogliono ancora per far capire alla maggioranza delle piccole aziende campane che questo è l’unico futuro possibile? Spero davvero che l’ora sia giunta, e voglio esprimere tanta ammirazione per chi in tempi non sospetti ha saputo eleggere a forma di vita il proprio modo di vedere il mondo del vino, e un plauso a Ziliani che riesce a cogliere sempre il bello e buono senza pregiudizzi….AVANTI COSI’ RAGAZZI
@ Nicola Campanile : grazie Nicola, da parte degli Irpini, per aver ammesso per il prossimo Radici anche i Fiano di Avellino, ma penso debbano ringraziarti ancora di più i pugliesi, perchè ora si che Radici Wines ha fatto il salto di qualità…
Ha detto Malgi che sarete rasi al suolo dai Fiano del Cilento:-)
Sicuramente, ma… non stiamo parlando del vino per le percoche ;-))
Lello ma come fai a sapere tutto in anteprima?!….
Irpinia canta! :))
Allora è fatta? Evvaiiiiiiiiiiiii ;-))
calma e gesso Tornatore: nulla é ancora deciso e ufficiale.. E’ ovvio che intendendo noi ampliare il discorso sui vitigni autoctoni e identitari delle altre regioni del Sud non si possa che pensare al Fiano di Avellino (bevuto ieri all’Oasis uno strepitoso Fiano di Avellino Aipierti 2007 di Vadiaperti) oppure al Greco di Tufo in Campania, al Magliocco e al Mantonico in Calabria, al Nerello Mascalese in Sicilia. Ma dateci il tempo di valutare tutto bene con calma e di cerare di fare ancora meglio per l’edizione 2012 di Radici del Sud…
Allora sospendo i ringraziamenti… che saranno riattivati non appena deciderete in tal senso…;-))
cavolo, e il greco tara ra’? ma, dico, l’avete assaggiato? ?
e non v’è parso stupendo? è così chic: magrolino al naso e vibrante in bocca..
il gaia è un vino utile per un rapimento, per stordire una bella donna.. ma il tara ra’ è la bestia giusta per un incontro tra amici!
Certo!
Eh si! Il Clown Oenologue che vedo anche in foto è quello che mi ha sorpreso quest’anno! Un vino così in Campania non si era mai assaggiato! Un rosso in anfora che farà parecchio discutere!
Grande Cantina Giardino! Siete una squadra che sta facendo bene al territorio! Antonio di Gruttola il Sud ha bisogno di enologi come te, in SIcilia Salvo Foti un altro enologo che non si può non citare! Bravi ragazzi e grazie.
Che Palle! Sti vini naturali, che non ci fanno venire il mal di testa, digeribili! Uffa! E dateci un po’ di vini piatti, che sono morti già all’imbottigliamento! ;-)
Cantina Giardino i vostri vini sono saporitiiii!!
Bei vini, tutti da riassaggiare, cambiano e sorprendono ogni volta.
Caro Luciano, grazie dell’assist che mi fai alla maniera del playmaker californiano Jason Frederick Kidd dei Dallas Mavericks, fresco vincitore del titolo di campione NBA, ma vedi che Lello è da un pò di tempo che non mi fila più, non mi dà più “aurienza”, ha cacciato ‘a vavia. E, d’altronde, lui continua a sostenere, contro la storia e la realtà, che il Fiano cilentano è buono soltanto con le percoche. E il bello, o il brutto in questo caso, e che mi sto convincendo che forse ha ragione lui, perché nessun cilentano doc è mai venuto in mio soccorso in questa battaglia campanilistica. Mi dovrò consolare con il Cometa e il Fiano Minutolo…
… e certo, è tetesco ti cermania….
Peggio ancora, Irpino di Avellino!!! L’unico popolo, insieme ai sanniti, che è riuscito a sottomettere i romani facendoli passare sotto le Forche Caudine ;-))
Si, mi risulta che eravate abbastanza ostinati e capoccioni e come darvi torto con la vita che facevate e che ancora conducete tuttavia, mi risulta anche che i romani, quando avete provato a fargli mangiare le cipolle, vi abbiano sconfitti ad Aquilonia rimandandovi sulle montagne e, sempre a causa del vostro brutto carattere ribelle, decisero di non voler avere più niente a che fare con voi.
In effetti Alba, dopo le Forche Caudinbe sino a De Mita di loro non se ne è più saputo nulla:-)
Mia moglie, irpina, conosce l’Irpinia solo grazie a me:-)))
Annaritaaaaaaaaaaaaaa, e non gli dici niente? Mah, conoscendo il carattere degli irpini, come minimo stasera a letto senza…cena!!! ;-))
Noi Cumani, invece, fondatori della ricca e colta NEAPOLIS il più importante insediamento della “Magna Grecia” e dell’Ellenismo nell’Italia continentale; già avevamo scambi commerciali con Sanniti e Irpini ed è anche probabili che siamo stati noi a fornirgli all’epoca il vitigno del Fiano e dell’Aglianico che tanta fortuna hanno avuto in quei territori.
Grazie Maxim… te ne saremo eternamente grati. ;-))
Il piacere è tutto mio caro Lello… mai scambio fu più felice; cosa sarebbe il mondo oggi senza una bottiglia di Taurasi o di Fiano o di Greco di Tufo. Sicuramente più triste o forse saremo in balìa del fiano cilentano dell’antica Poseidonia (attuale Paestum).
“Ogni terreno può esprimere qualcosa. Anche quelli non vocati.” Ad ulteriore riprova (e da quale autorevole fonte) che il vino è figlio, soprattutto, del terreno dove allignano le viti; il lavoro dell’uomo (leggi enologo) viene sempre dopo.
Quanta verità, ancorchè non “professorale”, in questa frase, in questo grande personaggio (Antonio) e nei suoi indimenticabili vini.