Torre del Saracino 2011. I nuovi piatti di Gennaro Esposito: domina il verde nei tre acuti
Abbiamo provato i nuovi piatti di Gennaro Esposito. Ci siamo ricordati del Guardiano del Faro che, insieme a Rob 78, non ama molto il rosso e preferisce il verde: saranno entrambi soddisfatti dalla nuova carta, dominata dal verde e dal bianco con un pulsione citrica inesauribile in tutte le trovate del nostro amato cuoco saracino. Gennaro è in forma, lo troviamo ogni volta maturato e sempre più sicuro di se: padroneggia le tecniche con mano sicura, brodo e salse non temono confronti, cotture perfette e mai esacerbate, lo stacco in più è dato dai prodotti del territorio con frutta, fiori, ortaggi spesso dimenticati, dalla inesauribile tradizione rivisitata, dalla capacità di aggiornamento che non significa mai, nel suo caso, riprodurre cose già viste altrove.
E’ vero. A tavola, con il pane, da Gennaro non manca mai un ottimo extravergine. Ma quanto è buono il burro da vacche rosse con i grissini!!!
Come benvenuto una caponatina di tonno e acciughe con succo di pomodoro corbarino. Il tonno è di eccezionale qualità. Il succo è fresco e, soprattutto, sa di estate. Consigliato a tutti coloro che non sanno più cos’è il sapore del pomodoro e del sale marino. Sarà l’unica concessione al pomodoro di tutto il pranzo, ogni piatto, questa è anche una novità, è raccontata dai protagonisti che lavorano con Vittoria e Gennaro in cucina.
Un altro morso di mare. Un altro esercizio di equilibrio. L’orzo, le cime di rapa, la cernia. Un assaggio che io definisco clinico, per mettere lo stomaco a posto.
Una mini-terrina di foie gras con sopra le amarene sciroppate in casa da Gennaro che le chiama “zucchero ‘e sole”. Un boccone goloso, si impadronisce del palato e sembra farsi beffa del dessert.
PRIMO ACUTO.
La crema sul fondo del piatto è di borragine, sopra alghe e dentro un’ostrica e ricci di mare. Vedete tutto verde? Eppure la sensazione, al palato, è quella di un sorso di concentrato di mare. E la borragine si trasforma in un’alga marina. Una preparazione buonissima e geniale.
SECONDO ACUTO
Forse il piatto più sensazionale in carta. La minestra maritata di mare. Lo stoccafisso, la scarola che avvolge un’aringa, la foglia di verza che si accompagna alla trippa di baccalà invece che alla cotenna del maiale. Sopra si versa un brodo di verdure spontanee, direttamente al tavolo da una cuccuma. Un piatto sontuoso con gli ingredienti più poveri della terra e del mare.
TERZO ACUTO
Purtroppo la foto non rende. Il risotto al limone mantecato con burrata e triglia marinata allo zenzero è adagiato su una crema di cymosa italica (broccoli neri). Praticamente un bel corpo a corpo tra l’amaro e il dolce, la grassezza e l’acidità, con la triglia marinata allo zenzero a fare da paciere…
Maffi forse avrebbe trovato il riso appena apena un po’ scotto. Il contrasto dolce/amaro, grassezza tanicità delle foglie è incredibile.
Ziti spezzati a mano, con un condimento ricco e povero al tempo stesso. La trippetta di baccalà, l’uva passa e i pinoli, i carciofi arrostiti. Qui, più che la tradizione Gennaro ha recuperato il vero street food di queste zone: ancora oggi la domenica nelle strade delle zone interne si incrociano banchetti con grill improvvisati che arrostiscono carciofi e li vendono al momento. Sapori forti, nettamente distinguibili, mai ruffiani. Un grande primo piatto della tradizione napoletana.
Una triglia arricchita dalla trippa del baccalà e, poi, la versione di Gennaro del fish and chips con il limone a spingere la purea di patate (suggerimento per lo scammaro di Pasquale Torrente versione morbida)
Il piatto di carne. Crudo e cotto di capra. Alla faccia della carne povera e poco tenera! Di questi bocconcini abbiamo apprezzato magrezza e frollatura. Molto gradevole al palato l’abbinamento con la mandorla.
Io poi sono goloso di capra.
I due dessert hanno entrambi la consistenza di una nuvola. Il babà di Vittoria, con la crema pasticcera e le fragoline di bosco è già una leggenda. Noi lo candidiamo alla categoria MITO.
Abbiamo chiuso con un Marsala Superiore Riserva di Marco de Bartoli. Con un brindisi alla sua memoria.
15 Commenti
I commenti sono chiusi.
Splendido. Che luce in questi piatti. E’ il grande carisma di Gennaro: fatto di acuti ma senza squili di tromba! Evviva!
Bellissimo tutto, ma stupenda l’idea della minestra maritata di mare…
Ecco, è qui che si viene a mangiare il babà…da Bottura, altre cose…
Chi va con lo zoppo…, fotograficamente parlando,…impara a sfocare…
Lido, fai qualcosa… ;-))
Ducasse, semmai. Fatti una flebo di viagra per la memoria lello. @ pigna : effettivamente il risotto pare leggermente andato. Sai che qualita’ e maison ha usato?
GRande GENNAROOOOO !!!!
Sempre in grande spolvero Gennaro!
E la minestra di mare con pasta ammischiata?
Scusate, ma non vi state scordando della ottima brigata in sala? Da Gianni Piezzo, a Luciano e tutti gli altri bravi e simpatici camerieri?
L’eccellente cucina di Gennaro, senza di loro, perderebbe parte della sua solare ed abbacinante bellezza e solarità !
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Comunque urge provare questi nuovi piatti……presto, molto presto………
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Ciao
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Anche se, a far bene i conti, le novità sono “pochine”, mi toccherà incrementare con qualche grande classico…. :-DDDDD
Ciao
Vigna, Gianni Piezzo è tornato alla base, alla Cantinella
Quindi ti aspettano come al solito due pranzi
baci
Impressionante: non avevo letto che avevi usato la parola acuto nel titolo. Mi era uscita cosi’. Adesso che ho un attimo in più, lo noto!: )
Complimenti,come sempre Gennaro Esposito sa’ stupire.
Creativita’,colore e semplicita’.Straordinario!
Per me sono tutte novità ! ma bisogna che la prossima volta Luciano mi porti con sè giusto per scattare qualche foto un po’ meglio.. poi se ci scappa qualche portata non dico di no :-)
che bei piatti: comincia davvero bene la primavera!
Complimenti doppi: a Gennaro che non si ferma mai. e a Luciano, l’occhio attento del vecchio cronista e il – rarissimo – acume eno-gastro !
magnifico l’inizio a scalar colori, in rosso, per poi passare all’amaro che apre, anch’esso a scalare forza. poi la citazione dotta, ma sfottuta, del foie gras. quindi siamo all’uso del verde selvatico, bene, con seconda incursione dotta, ma meno sfottuta, l’ostrica. la minestra maritata pare poi come una preghiera, come un’entrata purificante in tempio. il risotto giunge così come ridiscesa nel peccato, rappresentato dal broccolo. ancora più giù andiamo, alla madonna delle galline, alla carcioffola arrustuta a toccare di nuovo il selciato lavico coi piedi, redenzione ballerina in terra.
ora tuffi nel tirreno, le triglie, ingrassato dal mare del nord, quest’autoironia della trippa ma nata sott’acqua (di baccalà). e ritorna la sporca terra, il tartufo della plebaglia, la patata, l’america, che cita quel pomodoro umile d’entrata.
il dessert carneo di quella povera bestia che è la capra, infine, ci risbatte in terra, in un andirivieni temporale, in faccia agli arcaici fondatori di partenope. chiusura dolce, frutti e baba’. napoli è anche questo: complimenti.
ps. un solo rammarico, io non c’ero.