I grandi vini e tutte le cantine della Costiera Amalfitana: giro di vite mozzafiato
Le Sirene sugli scogli di Positano e gli Elfi tra i boschi di castagno di Chiunzi non hanno più motivo di lamentarsi: da Vietri Sul Mare a Ravello, passando per Furore e Tramonti, le bottiglie sono nuovamente pensate per i viaggiatori, non più per i turisti. Una rinascita lenta ma decisa, così come quasi ovunque è avvenuto in Italia, che coinvolge praticamente tutto il dominio dell’ex Repubblica Marinara di Amalfi dove protagonisti indiscussi sono i vitigni autoctoni e vigneti a piedefranco: oltre all’aglianico e alla falanghina, qui parliamo di piedirosso (per’ e’ palummo), tintore, sciascinoso, serpentaria, ginestra, fenile, pepella, biancozita, biancotenera, San Nicola, tanto per citare solo quelli catalogati anni fa da Michele Manzo e Antonella Monaco per conto dell’assessorato all’Agricoltura della Regione. Un lavoro duro, durato alcuni anni e di cui adesso si cominciano a raccogliere i frutti. Si tratta di un’agricoltura eroica, uguale a quella delle Cinque Terre, realizzata su terrazzamenti.
Il suolo è calcareo ma nell’area diTramonti è coperto dalla materia eruttata dal Vicino vesuvio nel corso dei secoli. Un’agricoltura di costa ma anche di altezza, si parte dai 100 metri e si arrivaa siano ai 600 del Valico di Chiunzi. C’è il sole del Sud ma anche tanto freddo ed escursioni termiche marcate. Condizioni che regalano eleganza ai vini. Ma vediamo allora cosa sta succedendo tra Punta Campanella e Vietri sul Mare, nell’area dell doc Costa d’Amalfi che ha tre sottozone: Furore, Ravello e Tramonti. Una goccia nel mare del vino italiano, appena 250mila bottiglie, ma tutte pregiate e inimitabili.
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La sottozona Furore : Marisa Cuomo
Partiamo da Furore, il paese dai muri dipinti ogni anno dagli artisti chiamati dal sindaco Raffaele Ferraioli, presidente della Comunità Montana e cugino di Andrea, titolare con la moglie Marisa dell’azienda della zona più conosciuta in Italia: la Cuomo. Nata dalla disputa legale consumata al tribunale di Napoli negli anni Trenta per la conquista della dicitura Gran Furor Divina Costiera, la cantina si è rapidamente imposta con alcuni prodotti di eccellenza tra cui ricordiamo senz’altro il Fior d’uva, da vitigni fenile e ginestra, l’unico bianco della Terra delle Sirene fermentato in legno. Viticoltura estrema, i vigneti, molti a piedefranco, sono ricavati tra gli anfratti delle rocce e impiantati in verticale. Il vento delle gole che ha dato il nome a questo comune senza piazza, Terra Furoris, spazza le vigne: freddo, escursione termica e siccità si ripagano in bottiglia con bianchi eleganti mentre il rosso, grazie alle tecniche moderne sui campi e in cantina, è concentrato, complesso, speziato. Sempre il bicchiere è tipico, irripetibile. Furore, fichi, capperi, ulivi e pomodorini: la svolta verso la qualità nasce con l’incontro di Luigi Moio: oggi la cantina è tutta scavata dentro la roccia. Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo (è lei a dare il nome all’azienda) costituiscono una delle realtà più significative del Mezzogiorno. I bianchi sono due delle tre sottozone indicate dalla denominazione d’origine controllata Costa d’Amalfi: Furore e Ravello, entrambi da uve falanghina e biancolella a cui si aggiungono ripoli nel primo e ginestrella nel secondo. I rossi sono tre: Furore, Furore riserva e Ravello riserva da piedirosso e aglianico. Decisiva e ben dosata la sosta in barrique di rovere di secondo passaggio.
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La sottozona Ravello: Ettore Sammarco
Capitolo a parte è la storia del vino di Ravello, iniziata poco dopo l’Unità d’Italia quando ai fanatici romantici che salivano sul ciucciariello (l’asinello) da Amalfi veniva versato un bel rosso di corpo, che oggi sicuramente noi giudicheremmo non potabile. In ogni caso i clienti, sempre più ricchi, sempre più aristocratici, si affezionavano a quella spremuta d’uva e tornati a casa, per fissare il ricordo di un amore o semplicemente del mare, chiedevano a Palumbo l’invio di cospicue partite. Così le bottiglie si imbarcavano insieme ai limoni dal vicino porto di Maiori. Ravello è proprio il confine che stiamo attraversando tra la tradizione della produzione del bianco e quella del rosso. Non a caso qui, grazie all’azienda Caruso, venne lanciato il rosato negli anni ‘60, un vino che sia Episcopio che altri produttori hanno mantenuto nonostante sia finito oggi fuori moda. Ma negli spensierati anni Sessanta e ancora nel decennio, successivo, era questo il vino per eccellenza servito agli ospiti dei grandi albergi da Amalfi a Sorrento. Oggi la qualità di questa tradizione viene portata avanti dalle cantine Ettore Sammarco, all’inizio della salita che, dopo il bivio per Amalfi, si inerpica verso Ravello: oltre al Ravello bianco, l’azienda Vigna Grotta Piana da uva biancotenera, ginestrella e falanghina, ha anche il Ravello Rosso Selva delle Monache da aglianico, piedirosso e sciascinoso. L’azienda è stata fondata nel 1962 da Ettore, ora al lavoro in cantina c’è il figlio Bartolo.
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La sottozona Tramonti: Apicella, Monte di Grazia, Reale, Tenuta San Francesco
Poco più di 24 chilometri quadrati di polmone verde divisi fra 13 frazioni, 4145 abitanti con una densità di 167 persone per km (pensate che a Portici sono 11.942!), dall’inizio del ’900 sino al 2001 il paese si è letteralmente dissanguato per sfuggire alla fame vera. Solo negli ultimi dieci anni c’è una ripresa con un saldo demografico positivo di circa 200 unità rispetto al minimo storico: questo vuol dire che grazie all’ospitalità rurale, all’agricoltura, all’attività dei caseifici, si è riusciti ad evitare il tracollo tipico delle zone pedemontane del Sud.
La visita ai vigneti di Tramonti terza sottozona della doc Costa d’Amalfi, intorno al monte Chiunzi, è tra le più singolari e straordinarie che si possano immaginare, come fare un viaggio indietro nel tempo: da oltre cento anni le viti crescono trasformandosi in enormi tronchi, le colline sono tappezzate da questi pergolati ricchi di grappoli utilizzati per favorire al piano del terreno la coltivazione di ortaggi. Esempio di agricoltura a due piani tipica della Terra delle Sirene, per guadagnare spazio in un territorio dove si lotta ogni giorno con la roccia e per trattenere meglio l’umidità. Tutto è rimasto come sempre, i mezzi meccanici non possono accedere tra i ripidi pendii o lavorare sotto le pergole, i sapori del terreno entrano nel vitigno e finiscono nel bicchiere.
Così Giuseppe Apicella continua a fare il mestiere del padre, del nonno, del bisnonno anche se poi è diventato contadino-imbottigliatore. Sino alla fine degli anni Settanta i grossisti venivano con i carri dalla vicina Gragnano, dall’Agro-Nocerino o da Napoli per comprare il vino sfuso dai produttori e rivenderlo poi ai ristoratori della capitale. L’idea di mettere il vino in bottiglia, etichettarlo e dargli il nome Tramonti, è stata di proprio di Giuseppe: emigrante in Piemonte, a Biella, come tanti compaesani, osservò che lì i contadini, oltre che sfuso, tendevano a vendere il vino anche in bottiglia riuscendo a guadagnare di più. Siamo negli anni Sessanta, il Piemonte sta preparando, come la Toscana, la sua grande ascesa nel panorama vitivinicolo mondiale. Il primo esperimento Giuseppe lo fa più tardi, nel 1979: appena tremila bottiglie di Tramonti, tutte vendute subito. Attraverso quale rete? Semplice, quella delle migliaia di paesani emigrati nel secondo dopoguerra che nel frattempo avevano aperto pizzerie in tutto il Nord Italia Al timone dell’azienda oggi c’è il figlio Prisco, enologo.
Questa sottozona è sicuramente la più vivace perché ha visto nuovi protagonisti affarcciarsi con prepotenza nel corso degli ultimi dieci anni, tutti nella frazione di Gete: Reale con le sue diecimila bottiglie con quattro vini: Borgo di Gete, tintore in purezza, il rosso Cardamone, il bianco Aliseo e lo splendido rosato Getis. Tutti da vigne a piede franco.
Sempre più importante è Tenuta San Francesco. Si tratta di una società che vede i fratelli Gaetano e Generoso Bove, Chiara Di Palma e Luigi Giordano. La viticoltura estrema di questi vignetti strappati ai boschi e al pascolo regala vini pieni di carattere ed espressivi. Anno dopo anno. Oggi l’azienda ha dieci ettari di vigneto e produce circa 50.000 bottiglie. Molto buono il Tramonti bianco ottenuto da uve falanghina, pepella e biancolella, notevole anche la freschezza del Tramonti rosso da aglianico, piedirosso e tintore. Un cru, PerEva e due rossi (E’ Iss, tintore prefillosera e 4Spine) completano l’offerta. Da Reale alla cantina è annessa la locanda con stanze, anche da Tenuta San Francesco si può prenotare un opranzo contadino. La terza azienda, biologica, è del dottore Alfonso Arpino: si chiama Monte di Grazia e produce un bianco, un rosso e un rosato. Anche in questo caso siamo a meno di diecimila bottiglie.
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Spettacolare, a Maiori, l’azienda di Raffaele Palma, in località San Vito. Si tratta di un imprenditore nato a Giugliano in Campania che, dopo una vita intersaa trascorsa a commerciare legno in tutto il mndo, ha deciso di piantare le proprie radici su questa collina da cui si domina Maiori, il comune più grande della Costiera Amalfitana per produrre olio, limoni e vino. Naturalmente olio dop Colline Salernitane, limone sfudato dopo amalfitano e doc, tutto in regime biologico. L’azienda, seguita da Vincenzo Mercurio, è una sorta di tesi di laurea per studenti di agraria: muretti lavorati a mano, ripresi o costruiti, sistema idrico di vasche, ottimizzazione dell’uso dei preparati biologici, un labirinto di terrazzi che scavalla la collina e da cui si gode ogni volta uno scenario diverso: mai dritto, in su o in giu. L’impresa è iniziata nel 2005, quando Raffaele Palma ha iniziato a comprare il terreno: non c’erano viti, ma solo bosco che ogni tanto andava bruciato d’estate con fiamme spaventose. Pezzo dopo pezzo tutta l’azienda ha preso la forma che è possibile ammirare oggi. La cantina è molto piccola, la lotta con lo spazio è l’eterno problema di chi lavora nella terra delle Sirene. Ma basta per lavorare l’uva dei cinque ettari vitati a biancolella, ginestra, falanghina, tintore, aglianico. Tre i vini: bianco Puntacroce, rosato Salicerchi e rosso Montecorvo.
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Vietri sul Mare: Vigne di Raito
Infine l’ultima splendida azienda è quella di Vigne di Raito, frazione presepe di Vietri sul mare, il primo paese della Costiera Amalfitana dal lato di Salerno. La proprietà a picco sul mare è di Patrizia Malanga e del marito Stelio a Raito. La prima vendemmia è del 2006, ma il primo anno etichettato. Il vino si chiama Ragis ed è un Campania igt. L’altro vino è il rosato Vitamenia. Nella proprietà ci sono olivi, ortaggi, un limoneto di sfusato amalfitano e un po’ di bosco. Agricoltura biologica certificata, l’enologo è Sebastiano Fortunato. I vitigni sono aglianico e un po’ di piedirosso: nel 2007 4000 bottiglie. Il vigneto non supera i due ettari. Patrizia non è solo la proprietaria: ci lavora sodo e vende quasi tutto in azienda grazie alle visite dei turisti e dei viaggiatori che si fermano nel paese della ceramica.
Tipologia | Vino | Origine | Produttore | Uve |
rosso | Tramonti rosso Costa d’Amalfi doc 2010 | Tramonti | apicella | aglianico, piedirosso, tintore |
Note degustazione / abbinamento / occasione | Prezzo e importatore | Il suo perché | ||
frutta rossa al naso, sapido e decisamente fresco. Sulla zuppa di pesce o il totano ripieno | 15 | Bandiera della rinascita dell’enologia della Costa d’Amlafi, il primo vino ad essere imbottigliato a Tramonti | ||
Rosato | Getis 2012 Costa d’Amalfi doc | Tramonti | reale | piedirosso, aglianico |
Note degustazione / abbinamento / occasione | Prezzo | Il suo perché | ||
Decisamente minerale e fruttato, sapido, freschissimo. Pasta al pomodoro o stuzzichinni. In barca | 15 | Migliore rosato di sempre della Costa d’Amalfi che rilancia una tradizione affermata negli anni ’60 e poi persa. | ||
rosso | E’ Iss Prephilloxera Campania igt | Tramonti | Tenuta San Francesco | tintore |
Note degustazione / abbinamento / occasione | Prezzo | Il suo perché | ||
Frutta rossa, note tostate e terrose, freschissimo, tannini esuberanti. Su formaggi stagionati, ragù napoletano, carni alla brace. | 30 | Espressione in purezza del vitigno tipico del comune di Tramonti, ottenuto da viti giganti piantate prima della fillossera. Espressione assoluta di biodiversità | ||
Bianco | Monte di Grazia Bianco 2011 | Tramonti | Monte di Grazia | pepella, ginestra, biancazita |
Note degustazione / abbinamento / occasione | Prezzo | Il suo perché | ||
Frutta bianca e macchia mediterranea, in bocca è sapido e fresco. Da acocmpagnare alle paste con i legumi e alla cucina di mare. | 22 | Da uve biologiche e vitigni tipici, bella espressione di biodiversità. Un bianco di tradizione ma moderno perl’attenzione all0ambiente e alla lavorazione | ||
rosso | Ragis 2010 Campania igt | Vietri sul Mare | Vigne di Raito | aglianico, piedirosso |
Note degustazione / abbinamento / occasione | Prezzo | Il suo perché | ||
Bei sentori di ciliega e note terrose, fresco, snello ed elegante. D spendere supiatti complessi in un pranzo importante | 25 | Primo rosso del’areale di Vietri Sul Mare, alle porte della Costiera, nasce da vigne biologiche e con un panorama mozzafiato: espressione di una filosofia di vita in armonia con la natura. |
Pubblicato su Civiltà del Bere, aprile 2014