I Grand Cru Classè di Bordeaux a Palazzo Farnese: degustazione di sette vini leggendari del Medoc


Bordeaux - Degustazione Palazzo Farnese

Bordeaux – Degustazione Palazzo Farnese

di Raffaele Mosca

Una serata a Palazzo Farnese, con i giardini illuminati da uno splendido tramonto romano, la galleria dei Carracci aperta per l’occasione, e la creme de la creme della produzione bordolese in mostra nel cortile, alla presenza del gotha della diplomazia transalpina.

Il contesto è degno di un re o di un imperatore: uno sfoggio quasi esemplare di “grandeur” francese. E il fatto che, nel corso della serata, ci si dimentichi di essere circondati da capolavori artistici, perché i vini domandano totalmente la scena, la dice la lunga sulla qualità degli stessi.

Dopodiché, quando si parla di Bordeaux – e in particolare di Grand Cru Classè del Medoc – è difficile non ripetere cose che sono state già dette: la tiritera sulla classificazione del 1855 e su tutto ciò che è successo da quel momento in poi è facile da trovare in rete e non sto a riproporvela per l’ennesima volta. L’ unica cosa che vale la pena di fare alla luce di quest’evento, promosso proprio dall’ Union des Grand Crus Classès, è rimarcare il dono che rende questi intramontabili: quello dell’immortalità.

Senza nulla togliere alle grandi denominazioni del nostro paese, non si può non rimanere stupiti quando si assaggiano bottiglie che, a dodici o quindici anni dalla vendemmia, appaiono ancora in fase di contrazione giovanile. Non che dalle nostre parti non ci siano vini adatti all’invecchiamento, ma mentre questi cominciano già a mostrare caratteri evolutivi ad un lustro dalla vendemmia – salvo poi evolvere lentamente – i “clarets” continuano ad essere austeri ed imperturbabili per un tempo lunghissimo. La precisione enologica – che può essere fonte di “ingessamento” in gioventù – diventa fondamentale per la performance a lunga gittata.

Detto questo, procediamo con la rosa dei vini stupefacenti assaggiati in quest’occasione, tra cui figurano alcuni mostri sacri e qualche etichetta che, invece, ha un prezzo decisamente umano. Eccole qui:

Chateau Langoa Barton 3eme Cru Classè  2015

Violetta, cedro, eucalipto e grafite, more e mirtilli a delineare un profilo classico e ancora sussurrato. Tutto è al suo posto: il tannino, l’acidità ben dosata, l’impronta del legno e il frutto puro e mediamente maturo, che prende la scena nella chiusura di ottima gittata. Se è vero che la forza del Medoc risiede nell’equilibrio più che nello slancio emotivo, allora questa è un’espressione quintessenziale, peraltro con un prezzo da “deuxieme vin” che lo rende papabile anche per chi non dispone di grandi capitali.

Prezzo: 50-70 euro

 

Chateau Prieure Lichine 3eme Cru Classè 2015

L’ eleganza di Margaux in un vino che ha fatto la storia: il vecchio proprietario Alexis Lichine, avendo lavorato negli States, è stato tra i primi ad accogliere Robert Parker nel suo chateau. Nonostante ciò, il vino è tutto meno che allineato con gli stereotipi sul gusto del celeberrimo critico americano: sembra giocato in punta di tacco, con il suo frutto nero rugiadoso contornato da tostature soffuse e qualche accenno di grafite. Molto coerente al peso: vellutato e di medio peso, con finale lungo e suadente al sapore di grafite, chinotto e pastiglia alla viola.

Prezzo: 50 – 70 euro

 

Chateau Giscours 3eme Cru Classè 2010

Un altro pezzo da novanta che, peraltro, ha un legame con l’Italia: la proprietà, infatti, è la stessa dell’azienda toscana Caiarossa. L’annata è tra le più acclamate da inizio secolo e, in effetti, i connotati “classici” ci sono tutti: la commistione di cedro, grafite, viola, liquirizia e mirtilli neri è di finezza rara. Il frutto ampio, carnoso, incorniciato da qualche refolo tostato, lo rende già godibile, ma è comunque molto giovanile: le prime tracce evolutive fanno giusto capolino sul fondo della progressione trainata da tannini fitti e acidità galoppante.

Prezzo: 100 – 120 euro

 

Chateau Pontet Canet 5eme Cru Classè 2014

Non l’annata più favorevole per Pontet-Canet, lo chateau anti-chateau dove anfore, uova di cemento e biodinamica sono di casa. Eppure il liquido nel calice è micidiale per finezza e completezza: succoso di mirtilli neri schiacciati e cola, con un soffio di pot-pourri e qualche lampo terziario di tabacco, anisetta e ginseng. Elargisce una bella polpa fruttata suadente e golosa che viene calibrata dal nerbo acido molto tonico; è relativamente sottile e appena vegetale sul fondo, ma ha grazia, scorrevolezza, persistenza lunga e accattivante su toni di grafite ed eucalipto. Quasi un Pauillac che guarda la Borgogna.

Prezzo: 140 – 160 euro

 

Chateau Lagrange 3eme Cru Classè 2005

Altro millesimo glorioso, altro vino – in questo un campione di Saint Julien – che sembra ancora molto indietro nell’evoluzione. Viola mammola e ibisco, prugna e cioccolato fondente definiscono un naso goloso e riecheggiano sul fondo di un sorso vellutato, con tannino perfettamente estratto, frutto scuro e avvolgente che dà volume, tostature sottili e un accenno floreale a completare una chiusura serafica e compassata. Da riprovare nel 2043.

Prezzo: 115 – 130 euro

 

Chateau Lynch Bages 5eme Cru Classè 2016

La ‘16 è stata annata molto positiva e questo Pauillac giovanissimo si presenta in forma smagliante: ha un profumo spiazzante, ipnotico, espansivo e profondo allo stesso tempo. Un condensato di mora, gelso, mentolo e carcadè, legno di cedro e scatola di sigari, cannella, cacao in polvere, sandalo e chi più ne ha, più ne metta. Giovane e ruggente, la traccia del legno è ancora percettibile, ma non sovrasta l’insieme di straordinario equilibrio e precisione. Violetta, tabacco, lampi balsamici e ricordi speziati delineano un finale suadente e molto cangiante. Nel 1855 era in quinta fascia, ma oggi se la gioca tranquillamente con i 1er cru classè.

Prezzo: 200 – 230 euro

 

Chateau Montrose 2eme Cru Classè 2010

Ma come fa una ‘10 ad essere ancora in fase embrionale? Me lo chiedo davanti a questo vino ancora in fase embrionale, che sfodera in sequenza fiori rossi, anice, liquirizia, drupe selvatiche e un pizzico di cannella, legni balsamici e giusto una punta di tabacco. Solitamente Saint Estephe dà vini piuttosto compatti e tannici e, in effetti, la concentrazione del sorso è importante. Ma tutta questa potenza estrattiva sembra quasi non aver peso: ritorni ariosi di fiori rossi, eucalipto e liquirizia incorniciano il frutto scuro e avvolgente, dando ampiezza a un finale più o meno infinito. 268 euro a boccia…e li vale tutti!

Prezzo: 250-270 euro

 

Un commento

  1. Credo non necessaria la presenza di ottimi vini che in parte conosco per far “scomparire”le bellezze di palazzo Farnese ,alcune veramente notevol,una delle dimora che peggio di così non si poteva tenere.I nostri cugini saranno ancora i primi della classe in quanto a vini ma in fatto di bellezza ce la giochiamo alla grande noi italiani.FRANCESCO

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