I giorni di Santa Teresa sono tempo di soffritto e “capa di puorco”


Antica macellazione del maiale

Antica macellazione del maiale

di Marco Milano

Santa Teresa uno dei santi più “gettonati” della Campania riporta in cucina e a tavola il soffritto e i piatti a base di maiale. A svelare tradizione e aneddoti del legame tra il giorno dedicato alla religiosa e mistica spagnola (e per questo particolarmente sentito a Napoli e dintorni) e le pietanze dalle basi suine a Capri è l’esperto di storia isolana e cultura popolare Luigi Lembo. “Un proverbio napoletano molto conosciuto – spiega Luigi Lembo – recita ‘A Santa Teresa ‘a capa ‘e puorco appesa.

Santa Teresa

Santa Teresa

La ragione di quest’abbinamento tra sacro e profano è che questo era il periodo giusto per la macellazione del maiale la cui carne, a differenza di oggi, non si trovava in macelleria tutto l’anno ma solo in determinati periodi. Molto ci sarebbe da dire e raccontare sull’utilizzo particolare di ogni parte del maiale nella cucina delle nostre zone, basta solo citare ad esempio ‘u pere e u musso’ oppure ‘il sanguinaccio’, ma soprattutto la ‘zuppa forte o soffritto’ uno dei più antichi piatti della tradizione culinaria napoletana, generalmente preparato nella stagione invernale”. E come si gusta il soffritto è presto detto, la sua sublimazione è sulle fette di “pane cafone”, il pane dei Camaldoli, quello con la crosta croccante e la “mollica bucata” che dona un valore aggiunto alle pietanze alle quali si accompagna, rendendosi protagonista insieme al protagonista. Il soffritto, dunque, assolutamente un piatto della cosiddetta cucina povera, che poggiava le sue basi sulle cosiddetta interiora del maiale, dal polmone al cuore, dalla milza alla cotenna sino al lardo, da “conciare” con il sugo, arricchito da rosmarino e poi il “lauro” alias l’alloro e “’u forte” tradotto in italiano il peperoncino. Ecco ciò al quale il popolo in cucina, in particolare napoletano, si dedicava spesso e volentieri all’arrivo del freddo, utilizzando tutte le parti del maiale senza buttare via niente. Un piatto ricco e succulento, degno di un maestoso banchetto, che nasceva dall’estro e dalla fantasia che solo i poveri (ma ricchi di spirito) sapevano preparare.

La Cucina Napoletana di Luciano Pignataro

La Cucina Napoletana di Luciano Pignataro

E a Capri nelle sue pillole di cultura popolare Luigi Lembo sostiene che la prima ricetta originale del soffritto risale agli inizi dell’Ottocento ed è stata riportata nel primo ricettario napoletano “La Cucina Napoletana” scritto da Jeanne Carola Francesconi nel 1865. Nel sopracitato testo l’autore racconta “quando non avevamo il pomodoro e nemmeno i peperoni, mangiavamo il zuffritto, una zuppa tradizionale napoletana, povera e proletaria. Si preparava infatti con gli scarti della macellazione del maiale ovviamente d’inverno”.

La Cucina Napoletana e Luciano Pignataro

La Cucina Napoletana e Luciano Pignataro

Secondo quanto sostenuto da Ulisse Prota-Giurleo che ha dichiarato di aver ritrovato, sul retro di uno strumento notarile una ricetta della zuppa di soffritto, la stessa sarebbe risalente al 1743. “Si ritiene dettata da una donna di nome Annarella – questa la tesi – proprietaria di una taverna a Porta Capuana frequentata da persone che svolgevano la funzione di legali”. La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il comune di Napoli, ritenendo, ovviamente e giustamente, “patrimonio” anche il soffritto gli ha dedicato un’apposita sezione ricordando che “è prodotto agroalimentare tradizionale campano, riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali in seguito alla proposta della Regione Campania” e prendendo come fonte bibliografica e sitografica il nostro immenso Luciano Pignataro e la sua “La cucina napoletana” del 2016, un’inimitabile bibbia per chi vuole conoscere le tradizioni culinarie partenopee che solo Luciano Pignataro poteva vergare con tale stile e competenza.

Soffritto - Assessorato Agricoltura Regione Campania

Soffritto – Assessorato Agricoltura Regione Campania

Questa la sua ricetta:

Tagliare a tocchetti di circa 2 cm 1800 grammi interiora di maiale (polmone, trachea, cuore, milza) e immergerle un paio d’ore in acqua fresca, avendo cura di cambiarla ogni tanto. Asciugare la carne e metterla in una casseruola con un cucchiaio d’olio d’oliva e 100 gr di sugna, rosolandola a fuoco forte. Quando le interiora saranno ben rosolate, aggiungere mezzo bicchiere di vino rosso secco e quindi 30 gr di conserva di pomodoro diluito in una tazzina d’acqua, 200 gr di concentrato di pomodoro, una foglia d’alloro, un pezzetto di peperoncino, un rametto di rosmarino e sale. Lasciar cuocere per qualche minuto e quindi aggiungere un paio di bicchieri d’acqua. Terminare la cottura facendo cuocere per un paio d’ore aggiungendo acqua secondo necessità.

2 Commenti

  1. Il migliore di sempre lo mangiavo all’uscita di scuola a Vallo della Lucania in uno scantinato della piazza principale.E non dimentichiamoci della succulenta “scannatura e puorco sfritta con le papaccelle “PS Come direbbe il Gran Capo:astenersi gastrofighetti post omogenizzati FM

  2. il rosmarino nn c’entra nulla, un pezzetto di peperoncino? c’n’ vo’ na piant’, per il resto tutt’ a post’…

I commenti sono chiusi.