Ho provato la birra alla Pearà di Verona
di Francesco Selicato
Il panorama della birra è sempre più affascinante. Pensare che un prodotto nato come popolare, legato alle tradizioni e al contesto sociale del passato, oggi sia diventato anche un mezzo per valorizzare piatti tipici locali è davvero sorprendente.
Oggi, infatti, raccontiamo la storia della Pearà, piatto tipico veronese, attraverso una birra. Potrà sembrare insolito, ma è un’idea davvero interessante. Questa birra, nata dalla collaborazione tra il Birrificio Riot e Malacoda Brewing, si inserisce perfettamente in quel contesto culturale, e il fatto che possa essere un tramite per raccontare un piatto così tradizionale e popolare ha immediatamente catturato la mia attenzione.
Ma prima di proseguire, è giusto fare un breve racconto su cos’è la Pearà di Verona e come è nata.
L’origine della Pearà risale al 568 d.C., quando i longobardi, guidati dal re Alboino, conquistarono il Nord Italia e fecero di Verona la loro capitale. Nella fortezza sul colle San Pietro, Alboino celebrò la vittoria con un banchetto. Ubriaco, si rivolse alla moglie Rosmunda dicendo: «Bevi dal cranio di tuo padre!». Era usanza longobarda creare coppe con i crani dei nemici. Rosmunda, figlia di Cunimondo, re dei Gepidi, obbedì, ma ne fu così turbata da cadere in depressione.
Il cuoco di corte, mosso a compassione, preparò una zuppa calda con brodo, pane secco, olio, midollo di bue e pepe nero, per risollevare la regina. Nacque così la Pearà, che in dialetto veronese significa “pepata”.
Grazie alla Pearà, Rosmunda ritrovò forza e decise di vendicarsi di Alboino. Con l’aiuto del giovane Elmichi, suo amante, bloccò la spada del re. Alboino, indifeso, fu ucciso da Elmichi.
La Pearà è un piatto tipico dell’inverno, soprattutto delle cene e dei pranzi nel periodo natalizio. In realtà, un veronese vero sarà disposto a mangiarla anche a Ferragosto. Con l’arrivo dei primi freddi, solitamente tra ottobre e novembre, inizia a comparire su ogni menù di trattorie e osterie veronesi, fino al periodo di Carnevale.
Non esiste altro piatto che rappresenti la città di Verona più della Pearà. D’altronde, la Pearà non viene preparata in altre città o regioni se non a Verona. È una salsa fatta con pane grattugiato, brodo e midollo di bue, il cui delicato sapore viene reso piccante grazie a un’abbondante aggiunta di pepe.
Viene servita insieme al bollito misto (manzo e maiale). Tuttavia, non va considerata un semplice accompagnamento, ma una parte integrante del piatto, tanto da comparire nel nome stesso: bollito misto o cotechino con Pearà.
Ora passiamo alla birra, il cui nome, PearàAle, è significativo e gioca con le parole, richiamando lo stile di appartenenza della famiglia birre Ale, in questo caso una Pale Ale.
Si presenta con un colore biondo intenso, un corpo morbido, bassa carbonazione e un finale piacevolmente pepato.
L’idea è nata dalla collaborazione tra due birrifici locali, profondamente legati alla tradizione culinaria veronese. Non poteva che essere la Pearà, la tipica salsa a base di pane e pepe, il piatto scelto per rappresentare Verona. La particolarità della ricetta è l’utilizzo di pane di recupero, proveniente da alcuni panifici della zona. Il pane viene aggiunto in fase di ammostamento, mentre il pepe viene inserito durante la bollitura, attualmente questa birra viene prodotta nella sede del birrificio Riot.
Questa Pale Ale è un vero tributo a Verona, con un tocco di pepe che si percepisce delicatamente sulla lingua senza essere invadente. La luppolatura è quasi inesistente al naso, una scelta voluta per far emergere la parte maltata e il sapore del pane, che dona alla birra un corpo ricco e armonioso.
La birra incarna perfettamente il concetto di “pane liquido” e difende il senso di appartenenza alla città. Anche la lattina, che raffigura l’Arena di Verona, sottolinea questo legame profondo con il territorio. Un omaggio unico alla tradizione veronese e, al tempo stesso, un’esperienza fantastica: assaporare un piatto tipico locale attraverso una birra che, oggi più che mai, si rivela un vero ponte tra cultura e territorio.
Personalmente ho avuto il piacere di provare la Pearà con il cotechino durante un pranzo a Soave qualche mese fa. Devo ammettere che bere la birra alla Pearà a casa è stato come fare un salto dalla Puglia al Veneto. Solo chi ha già assaggiato questo piatto può davvero comprenderlo.