Guido Marsella rilancia: aspettare due anni è meglio di uno, grazie Don Alfonso


Guido Marsella (Foto Lello Tornatore)

Guido la prima volta che venni a trovarti era quasi Natale, eri alla tua quinta vendemmia. Ricordo scrissi un pezzo per la rubrica sul Mattino pubblicato il 22 dicembre 2001 intitolato “Marsella, elogio del tempo guadagnato”. Dopo 12 anni devo però farti la domanda chiave: ma come ti è venuto in mente?
Fu un po’ la scoperta dell’acqua calda. All’epoca si vendemmiava quasi a fine ottobre, ci voleva del tempo perché il vino, senza interventi, potesse essere bevibile e mi resi conto che doveva stare in vasca almeno sino alla Primavera inoltrata. Poi la bottiglia per riequilibrare l’acidità, insomma, il tempo ci vuole, come la madre che aspetta il figlio. Non può certo nascere vivo a tre mesi!

D’accordo, ma all’epoca nessuno aveva questi tempi lunghi con un vino lavorato solo in acciaio. Come fu accolta la tua iniziativa?
Malissimo. Nessuno lo voleva, mi dissero che volevo piazzare vino invenduto, vino vecchio, che riciclavo il vino di altri. Insomma, un disastro. C’era una incultura totale da parte dei ristoratori e del pubblico.

E tu perché non facesti marcia indietro?
Io vengo da una famiglia di imprenditori, ero con i miei fratelli nell’azienda fondata da papà che andava, e va, alla grande. Ma se avessi voluto fare l’industriale avrei continuato in quel settore. Il vino, la campagna, vogliono tempo. Il tempo necessario per far maturare le cose, questo è il piccolo grande segreto in questo settore, non avere fretta. Chi lavora con fretta il vino può conoscere un momento di successo ma alla fine chiude perché c’è sempre un altro che produce più in fretta di te e a prezzo più basso. E oggi il prezzo è il primo criterio sui prodotti base.

Con Guido Marsella

E allora?
Mi sembrava di impazzire. Mi chiedevo, ma come è possibile che solo io faccio così? Nel 1999 stavo per chiudere.

Da buon irpino montanaro capatosta hai resistito. Come è successo?
Devo tutto a Don Alfonso, c’è poco da fare, uno non diventa primo se non è un grande curioso. Gli portai quasi sfiduciato due bottiglie e le lasciai a Costanzo Cacace e Maurizio Cerio. Tre giorni dopo mi arrivò la telefonata di Alfonso: <Ho appena provato il tuo Fiano, finalmente qualcosa di diverso, lo voglio> mi disse, e io quasi pensavo fosse uno scherzo. Poi Maurizio e Costanzo mi hanno raccontato che per gioco lo facevano provare ai clienti e tutti pensavano a vini bianchi invecchiati della Francia.

Da allora la strada è diventata, è il caso di dirlo, asfaltata?
Sì, perchè i ristoratori più colti hanno seguito l’esempio e il mio Fiano è diventato un bianco indispensabile nelle carte che contano. Ancora oggi la grande massa dei ristoratori non ha capito questo discorso, ecco perchè restano indietro: si tratta di improvvisati o di vecchi ottusi mestieranti.

Vero, per me un bianco di annata è la cartina di tornasole per capire se il ristorante è buono o no. Non a caso il Don Alfonso è stato sempre avanti, per bere bene ci vuole cultura. Ma oggi la battaglia sembra vinta, ci sono almeno una dozzina di aziende irpine che escono con un anno di ritardo.

Si è formato un mercato, soprattutto grazie agli stranieri perché in Italia questo discorso lo capiscono in pochi. Invece il cliente straniero lo pretende. Quindi alcuni si sono inseriti nel solco che ho aperto e la domanda di Fiano d’annata sta crescendo. E nel caso del Fiano, uno dei più grandi vini del mondo, non c’è discussione: va bevuto almeno dopo due anni.

Due?
Eh già, perché io rilancio. Sfido tutti a tenere il Fiano due anni in cantina e poi commercializzarlo. Io dal 2010 ho deciso di fare così, mi piace vincere facile quando si fanno le degustazioni coperte.

Fiano di Avellino 2010 Guido Marsella

Vorrei trattare con te un argomento di cui in genere non mi occupo, la commercializzazione. Tu dai tutto a Cuzziol e non ti sei riservato né la Campania e neanche la provincia di Avellino. Come mai?
Nella vita non si può fare tutto, soprattutto se sei piccolo come me. Già stare appresso alla produzione e all’agriturismo vuol dire non avere il tempo necessario. Cuzziol è un operatore serio, abbiamo un prezzo di uscita valido per tutti e ovunque. La serietà commerciale è il primo presupposto per andare avanti. Un errore di tante aziende, soprattutto irpine, è fare prezzi differenti alle persone e vivere in una trattativa continua. Ma così non si va da nessuna parte, si muore. Il mio prezzo franco cantina iva esclusa è 11 euro. E non lo vendo neanche per 10,55. Molti, davanti al cash non capiscono più nulla e si sbracano. Ecco perché anche in questo settore ci vogliono professionisti della vendita.

In sostanza, insomma, fare vino significa avere una idea precisa in testa e perseguirla a tutti i costi, costi quel che costi.
Si, ma è anche importante trovare la persona giusta al momento giusto. E per me sono state persone come Alfonso a farmi svoltare. Quindici anni fa era da folli pensare di vendere il vino vecchio di un anno a un consumatore italiano.

Tu però hai deciso di fare anche Falanghina e Greco
Vero, da uve acquistate. Ma è stato solo per soddisfare le esigenze dell’agriturismo, parliamo di piccole quantità, poco più di 10mila bottiglie. Se avessi voluto sfruttare il marchio avrei potuto acquistare Fiano e venderlo come mio, oppure aumentare le rese per ettaro, attualmente sono sotto i 50 quintali, la metà di quello consentito dal disciplinare.

Invece no. Perchè?
Perchè, ripeto, se avessi voluto fare l’industriale sarei rimasto con i miei fratelli. Tutta la fretta che abbiamo oggi porta in realtà ad una sola conclusione: i margini si riducono per chi produce e chi compra alla fine si ammala perché costretto a mangiare schifezze. L’Italia è in crisi perché stiamo rinunciando alla nostra artigianalità, al valore aggiunto delle cose, per trasformarci in un paese di consumo di prodotti fatti dai cinesi. Ogni cosa ha il tempo giusto, il vino più di ogni altra cosa.

E quello del tuo Fiano 2010 adesso sarà di due anni
Giusto.

5 Commenti

  1. da produttore non posso che condividere le parole e le scelte di Guido Marsella.
    più cultura enologica dovrebbe portare a superare vecchi pregiudizi sull’età dei vini bianchi…

  2. Grande produttore e grandi vini: ho scritto giorni fa del 2009 e 2006 bevuti, meravigliosamente, di recente, un articolo che apparirà nella mia rubrica sul Cucchiaio d’argento http://www.cucchiaio.it/author/franco-ziliani/ martedì 30.
    Adoro Marsella però gli chiedo un favore: faccia sparire dal sito e dalle etichette la dizione “winemaker”. Lui non ha nulla ma proprio nulla dell’enologo consulente itinerante che fa vini per tanti tutti uguali tra loro. Lui é un creatore, un poeta, non un seriale ripetitore di vini prevedibili, tecnici e senza emozioni…

  3. E’ bello trovare il Fiano di Marsella nelle carte di posti ottimi all’estero, e devo dire che la scelta di lasciare la commercializzazione ad altri, seppur togliendo qualche opportunita’ regala ai viaggiatori come me, oltre che agli stranieri, uno dei piu’ bei pezzi di terra Italiana altrimenti difficlimente raggiungibili. Per il suo Dream Team, e per Alfonso Iacacrino non lo ringrazieremo mai abbastanza, mai.

  4. ciao Guido, ci vediamo a ottobre
    uno dei più grandi vini d’Italia (e del mondo)

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