Gucci Osteria da Massimo Bottura a Tokyo: Antonio Iacoviello e la cucina italiana del futuro
Siamo a Ginza, il quartiere delle grandi case di moda e del lusso di Tokyo, vetrine scintillanti molto simili a quello delle strade principali di Manhattan. In mezzo ai grattacieli troverete una porticina in un piccolo palazzo tutto decorato, toni verdi, fa molto Alice nel Paese delle Meraviglie e soprattutto ti strappa un bel sorriso prima di entrare.
Corridoio lungo e stretto, come la forma del palazzo, alla fina la reception e l’ascensore. Mille inchini intanto che l’ascensore si chiude, è la loro cultura. Si aprono le porte dell’ascensore e si entra nel mondo di Gucci, i divani, il pavimento dipinto a mano, le tazze da tè di Ginori, è come essere catapultati nel Rinascimento fiorentino.
In cucina Antonio Iacoviello che in poco più di un annetto dall’apertura è riuscito ad ottenere la prima stella Michelin ed il 3° posto in 50 Top Italy 2023 ed il premio come chef dell’anno. Una partenza a razzo per il cuoco beneventano.
Spesso mi sono chiesto in questi anni come doveva essere la cucina italiana fuori dall’Italia. Una cucina tradizionale che segue ricette più o meno codificate o aprirsi alla contaminazione culturale. La mia risposta è sempre la stessa, con buona pace dei sovranisti alimentari, la cucina è contaminazione, la contaminazione culturale è il sale del mondo e dell’evoluzione della specie umana.
Come l’utopia del filosofo uruguagio Edoardo Galeano: Lei è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare.
I gusti delle persone e le sensibilità su quello che si mangia, muta ogni 30/40 anni. Venti anni fa un grande ristorante non era tale senza foie gras, oggi la maggior parte delle persone ti guarda male se servi foie gras. A cosa serve contaminare cibo e culture? A farci evolvere a farci camminare e progredire.
La cucina di Antonio Iacoviello, frutto delle sue tante esperienze, contamina elementi della cultura gastronomica italiana e di quella giapponese con voglia di emergere e di mettersi in luce, il tutto filtrato e ingentilito dal palato di Massimo Bottura, che non è male.
Una cucina italiana contaminata, con tanti prodotti giapponesi, l’unico vero modo per portare avanti la cultura italiana del cibo, dei suoi prodotti.
I piatti che mi sono piaciuti di più, l’Ayu in porchetta, un pesciolino di fiume giapponese che si mangia intero, davvero delizioso il contrasto tra la parte esterna dolce e la parte amaricante delle interiora. Le trottole giocate sui gusti dell’amaro, ed il pacchero del Pastificio dei Campi ai sette pomodori, dolce, acido, sapido e tutto che girava intorno alla golosità della pasta.
Conclusioni
Quella di Gucci Osteria a Tokyo è una cucina italiana contemporanea con prodotti locali e soprattutto con piccoli produttori, artigiani a servizio dell’artigiano in cucina, dall’Italia arriva il Parmigiano, la pasta, l’olio extra vergine d’oliva, la pasta secca. Personalità, voglia di non essere scontato, tecnica. L’ambiente di sala è tra i più suggestivi e confortevolmente eleganti della città.
Address: 6 Chome-6-12 Ginza, 中央区 Chuo City, Tokyo 104-0061, Japan