Si riaccende il forno borbonico di Capodimonte dove poi nacque la Pizza Margherita
a c. di Tommaso Esposito
Bella sfida.
Rai 1 Linea Verde contro Report. La grande tradizione della pizza napoletana narrata a sei mani da Enzo Coccia con l’aiuto di Eduardo Ore ed Emanuele Corona. L’appuntamento è per domenica 8 febbraio alle 12:30.
Interessante sarà la riaccensione rituale del forno di Palazzo reale a Capodimonte.
Qui l’ 11 giugno del 1889 il pizzajuolo Raffaele Esposito, sposato con Maria Giovanna Brandi, figlia di Luigia Ottaiani che aveva, insieme ai suoi parenti, più di una pizzeria dalle parti del Porto, realizzò la pizza con mozzarella pomodoro e basilico che dedicò alla Regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I. Fu una grande idea che determinò la nascita di un brand verace napoletano Pizza Margherita oggi conosciuto con questo nome in tutto il mondo.
In realtà il forno era stato costruito da Ferdinando di Borbone per far assaggiare la pizza alla moglie Carolina durante una festa. Ne parla Salvatore Di Giacomo raccogliendo il racconto dal pizzaiolo Domenico Testa, figlio di ‘Ntuono, che divenne monzù per nomina regale: “Stando Ferdinando II a villeggiare a Capodimonte, fu chiamato in corte, non senza sua grande meraviglia.La persona che lo chiamò gli disse che la regina e le sue dame desideravano tanto di mangiare delle pizze: che le facesse nella sera seguente e comuni e volgari come quelle che voleva vendere a due grana l’una.
Il forno fu fabbricato nello stesso bosco di Capodimonte: le pizze furono preparate e le si mise al forno mezz’ora dopo la mezzanotte. Dopo due o tre minuti eccoti lì, con quattro o cinque dame di Corte, la regina: arrivano poco dopo altre dame velate e in tutto don Domenico ne conta venti. La regina mangia con buon appetito una pizza da due grana, le dame la imitano ridendo, i domestici servono vino bianco e arance, ricomincia il ballo in Palazzo e la visione scompare. Resta accanto a don Domenico un bel signore bruno e alto, che gli domanda sottovoce:
– Che impiego vorreste?
Don Domenico era vanitosetto: preferì d’ avere un’ onorificenza e rispose al signore misterioso:
– Vorrei chiamarmi munzù! “
Chi più di Enzo Coccia poteva onorare questo appuntamento con la storia e lanciare la sfida a favore della pizza napoletana così come è?
Se ne accorto anche Patrizio Roversi quando mangiando la sua Margherita sorpreso ha moromorato: “Io sono un patito del lievito madre e non immaginavo che una pizza prodotta con lievito di birra fosse così leggera ne mangerei un’altra.”
Ed Enzo Coccia: “la pizza napoletana ha un ingrediente fondamentale, il tempo. Ed è leggerissima e altamente digeribile. Così com’è non ha bisogno di comptromessi”
Da parte sua Eduardo Ore emozionatissimo ha dichiarato:
“Quando ho appiccato il piccolo focolaio di fascine e legna nel forno mi tremavano le braccia, le mani e il cuore, è stata un emozione fortissima, oltre un secolo di storia mi è passato davanti agli occhi. Operare nel forno della Regina Margherita è stato un privilegio, un onore e un emozione che condivido con tutti i pizzajuoli professionisti, i napoletani e gli appassionati che l’hanno salvaguardata nei secoli e la portano nel cuore diffondendo nel mondo questa magnifica opera d’arte di nome pizza Napoletana.”
13 Commenti
I commenti sono chiusi.
Caro Eduardo Ore, il forno era di Ferdinando IV di Borbone e di sua moglie, la regina Maria Carolina. Quindi, poichè la pizza margherita è nata ben prima della venuta della regina Margherita a Napoli,nel Regno delle Due Sicilie, da usurpatrice e non già come legittima proprietaria del trono, lei ha “operato” nel forno dei Borbone e la regina Margherita in questa faccenda c’entra come i cavoli a merenda. Purtroppo Brandi per una questione di business riprese una voce non veritiera che la pizza margherita fosse nata da un suo avo in onore della regina Margherita. Capisco fare marketing, ma innanzitutto la verità storica.
Annamaria Pisapia
Salve Sig.ra Pisapia, innanzitutto grazie per la lettura e per l’attenzione. Riguardo all’analisi fatta su ciò che ho dichiarato in particolare alla dicitura “Operare nel forno della Regina Margherita” è chiaro che il concetto è stato estrapolato da un lungo discorso e per sintetizzare, la dicitura “il forno della Regina” , fa riferimento all’evento che vi fu nel 1889, se è di origini napoletane dovrebbe conoscere il nostro modo di attribuire il nome alle cose per gli eventi, anche perchè poi, scusi, ma ha letto l’articolo e il titolo? Tra l’altro conosco benissimo la Reggia di Capodimonte, la sua storia ed è la seconda volta che ho il privilegio di operare in questo forno, così come conosco benissimo la storia della pizza Napoletana e riguardo alle sue affermazioni sulla pizza margherita, come riportato da Francesco de Bourcard in Usi e costumi di Napoli così come nel libro “Una Storia Napoletana” del Prof. Mattozzi Antonio, storico dell’Università della Federico II di Napoli, è vero già veniva preparata nella variante con fettine di mozzarelle tagliate in modo trasversali e disposte a petali, pomodori esclusivamente schiacciati a mano al momento, basilico e un filo d’olio di oliva, ne siamo a conoscenza, così come sappiamo benissimo che sfruttare delle opportunità come quella che sarà capitata alla famiglia Brandi per la visita dei Savoia a Napoli è lecito, lo dice la storia, non della pizza napoletana, ma dell’umanità. Lei è in possesso di un documento o una sentenza di un giudice per provare che Brandi sia un impostore ad attribuirsi “l’onore” che un suo avo abbia dedicato il nome della Regina alla preziosa pietanza? Rimango a sua disposizione Sig.ra Pisapia, cordiali saluti.
Eduardo Ore.
Mi permetto di entrare nella discussione per evidenziare come spesso si crei della gran confusione sull’origine della Pizza Margherita. A tutt’oggi manca un vero e proprio documento antecedente a quello prodotto dalla Real Casa nell’11 Giugno 1889 che è l’unico che attesta la nascita della Pizza Margherita ad opera di Raffaele Esposito.
In opposizione a questa origine certificata viene spesso citato un passaggio contenuto nell’opera di De Bourcard “Usi e costumi di Napoli” del 1858, un opera quindi antecedente alla nascita della Pizza Margherita.
Il passaggio è il seguente:
“..Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomodoro, di arselle, ecc…”
Dunque si descrivono due tipi di pizza:
1) Pizza Bianca con olio, aglio,origano e talvolta aggiunta di pesce minuto
2)Pizza bianca con formaggio grattugiato, strutto e basilico e talvolta fette di mozzarella.
Secondo la tesi di chi rigetta l’origine della Pizza Margherita ad opera di Esposito il secondo tipo di pizza descritto sarebbe la Pizza Margherita giusto perchè si cita la mozzarella.
Ma ricordiamo che la Pizza Margherita è composta da un disco di pasta condita con
Olio
Pomodoro
Mozzarella
Basilico
Ed anche se volessimo aggiungere una delle altre opzioni citate (pomodoro,arselle,prosciutto) potremmo immaginare un prototipo della pizza in questione ma non il piatto “definito” che ha reso celebre il pizzaiolo della Pizzeria Brandi, la Margherita non prevede mai il formaggio grattugiato e lo strutto ( elementi invece tipici della Pizza Mastunicola).
Inoltre in questo scritto non vedo la descrizione della mozzarella tagliata a forma di “petali” che giustificherebbe secondo alcuni il nome di “Margherita” togliendo dala nostra amata pizza la corona di regina.
Anche il Prof. Mattozzi, spesso citato come fonte autorevole nella prova della nascita della Margherita prima del 1889 cade nella stessa confusione generando in maniera virale convinzioni che non trovano nessun appiglio storico.
Nell’epoca di internet è facile rovesciare eventi storici, come appare evidente nelle modifiche un po’ tendenziose sulla nascita della Margherita su Wikipedia.
Noi stessi non abbiamo mai trovato in tante ricerche effettuate negli anni, una sola fonte antecedente alla data succitata che descrivesse la Pizza Margherita così come l’abbiamo inventata noi. Siamo in attesa davvero ansiosa di trovare anche un solo documento storico che la descriva nei suoi semplici e geniali elementi, ma non uno di più ne uno di meno. Tanto, in realtà , ne noi ne nessun altro può possedere il “brevetto” della Pizza Margherita, che,come si è spesso detto,non ha padroni, appartiene alla tradizione di un popolo, è la cultura napoletana che si fa amare nel mondo. Noi abbiamo avuto solo la fortuna di avere in consegna un evento storico che appartiene al nostro locale, che sottointende una difesa strenua della tradizione.
Ma i mistificatori che intenzionalmente cambiano la storia unicamente per proprio profitto o per altri interessi, quelli si che li porterei in tribunale.
Scusate la prolissità e grazie per l’attenzione.
Paolo Pagnani
Pizzeria Brandi
Buonasera Sig. Ore ,
La ringrazio per le Sue parole che denotano una grande onestà intellettuale.
Per ciò che riguarda questa oramai tanto controversa storia della Pizza Margherita , non posso fare altro che rimandarLa alla mia ultima risposta alla Sig.ra Pisapia ed estendere anche a Lei l’invito di venirmia trovare onde poterLe mostrare la documentazione in nostro possesso.
Cordialità
Eduardo Pagnani
Gentile Signora Pisapia, sono perfettamente d’accordo con lei quando parla di verità storica e per questo Le chiedo: Quali prove scritte o testimonianze storiche reperibili Lei può produrre a sostegno delle Sue affermazioni? Noi siamo in grado di poter affermare con tanto di certificazioni scientifiche che il documento rilasciato da Casa Savoia a Raffele Esposito è assolutamente autentico, abbiamo la possibilità di fornire in qualunque momento estratti da libri e articoli giornalistici ecc. che testimoniano quanto, contrariamente a ciò che Lei afferma, sia veritiera e assolutamente reale la versione della storia della Pizza Margherita che vede la Pizzeria Brandi e , soprattutto, Raffaele Esposito genitori del piatto Napoletano più famoso nel mondo. Quando Lei parla di motivazioni legate al business è ovvio che essendo per noi motivo d’orgoglio , in quanto Napoletani veraci , la storia di questo semplice e meraviglioso piatto venga da noi divulgata , oltre che per motivi storici , anche come caratteristica distintiva della nostra attività.
Ora , se Lei fosse in grado di fornirci prove assolutamente sicure ( e per favore non si rifaccia a Wikipedia dove ognuno è libero di scrivere tutte le corbellerie che crede)che possano confutare la nostra tesi , La prego di volercene mettere a parte anche tramite questo blog.
Saluti
Eduardo Pagnani
Pizzeria Brandi
Il commento di Eduardo Ore è quasi una risposta a quella del sig. Pagnani. Nella prima il sig. Ore afferma di conoscere la storia della nascita della pizza margherita, comparsa ben prima della “venuta” nel nostro Regno della regina Margherita, anche se l’unico neo che facevo rilevare, che evidentemente non è stato colto, era l’ attribuire il forno della reggia di Capodimonte alla regina Margherita, che non ne era la legittima proprietaria. Al sig. Pagnani, posso dire che: non metto in dubbio la certificazione di un documento rilasciato dai Savoia(sic). Il punto è che evidentemente o i Savoia o Raffaele Esposito non erano a conoscenza che la pizza margherita era conosciuta come tale da oltre cinquanta anni e precisamente sotto Ferdinando IV, come si evince dagli scritti di Emmanuele Rocco nel suo “Usi e costumi di Napoli e dintorni”. Quindi, dal momento che Raffaele Esposito era un pizzaiolo devo ritenere che sapesse perfettamente che essa esisteva da ben prima della calata dei barbari, pardon dei Savoia. Quindi aver “lanciato” una pizza già esistente per nuova è stato solo per una questione di marketing e quella certificazione non ha alcun valore. Per maggiore chiarezza allego uno stralcio del regolamento estratto dalla Gazzetta ufficiale dell’unione europea: 3.8. Tradizionalità del prodotto agricolo o alimentare
La comparsa della «Pizza Napoletana» può essere fatta risalire a un periodo storico che si colloca tra il 1715 e il
1725. Vincenzo Corrado, cuoco generale del principe Emanuele di Francavilla, in un trattato sui cibi più comunemente
utilizzati a Napoli, dichiara che il pomodoro viene impiegato per condire la pizza e i maccheroni,
accomunando due prodotti che hanno fatto nel tempo la fortuna di Napoli e consentito la sua collocazione nella
storia della cucina. A tale evento si riconduce la comparsa ufficiale della «Pizza Napoletana», un disco di pasta
condito con il pomodoro.
Numerosi sono i documenti storici che attestano che la pizza è una delle specialità culinarie di Napoli, e lo scrittore
Franco Salerno afferma che tale prodotto è una delle più grandi invenzioni della cucina napoletana.
Gli stessi dizionari della lingua italiana e l’Enciclopedia Treccani parlano specificamente di «Pizza Napoletana». E
l’espressione «Pizza Napoletana» viene citata addirittura in numerosi testi letterari.
Le prime pizzerie, senza dubbio, sono nate a Napoli e fino a metà del 900 il prodotto era un’esclusiva di Napoli e
delle pizzerie. Fin dal 1700 erano attive nella città diverse botteghe, denominate «pizzerie», la cui fama era arrivata
sino al re di Napoli, Ferdinando di Borbone, che per provare questo piatto tipico della tradizione napoletana violò
l’etichetta di corte entrando in una tra le più rinomate pizzerie. Da quel momento la «pizzeria» si trasformò in un
locale alla moda, luogo deputato all’esclusiva preparazione della «pizza». Le pizze più popolari e famose a Napoli
erano la «marinara», nata nel 1734, e la margherita, del 1796-1810, che venne offerta alla regina d’Italia in visita a
Napoli nel 1889 proprio per il colore dei suoi condimenti (pomodoro, mozzarella e basilico) che ricordano la
bandiera dell’Italia.
Nel tempo sono sorte pizzerie in tutte le città d’Italia e anche all’estero, ma ognuna di queste, anche se sorta in una
città diversa da Napoli, ha sempre legato la sua stessa esistenza alla dizione «pizzeria napoletana» o, in alternativa,
ha utilizzato un termine che potesse rievocare in qualche modo il suo legame con Napoli, dove da quasi 300 anni
questo prodotto è rimasto pressoché inalterato.
Nel 1984, nel mese di maggio, quasi tutti i vecchi pizzaioli napoletani procedettero alla stesura di un breve
disciplinare firmato da tutti e registrato con atto ufficiale dinanzi al notaio Antonio Carannante di Napoli.
Il termine «Pizza Napoletana» nei secoli si è talmente diffuso che ovunque, anche fuori”.
Annamaria Pisapia
Mi permetto di entrare nella discussione per evidenziare come spesso si crei della gran confusione sull’origine della Pizza Margherita. A tutt’oggi manca un vero e proprio documento antecedente a quello prodotto dalla Real Casa nell’11 Giugno 1889 che è l’unico che attesta la nascita della Pizza Margherita ad opera di Raffaele Esposito.
In opposizione a questa origine certificata viene spesso citato un passaggio contenuto nell’opera di De Bourcard “Usi e costumi di Napoli” del 1858, un opera quindi antecedente alla nascita della Pizza Margherita.
Il passaggio è il seguente:
“..Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomodoro, di arselle, ecc…”
Dunque si descrivono due tipi di pizza:
1) Pizza Bianca con olio, aglio,origano e talvolta aggiunta di pesce minuto
2)Pizza bianca con formaggio grattugiato, strutto e basilico e talvolta fette di mozzarella.
Secondo la tesi di chi rigetta l’origine della Pizza Margherita ad opera di Esposito il secondo tipo di pizza descritto sarebbe la Pizza Margherita giusto perchè si cita la mozzarella.
Ma ricordiamo che la Pizza Margherita è composta da un disco di pasta condita con
Olio
Pomodoro
Mozzarella
Basilico
Ed anche se volessimo aggiungere una delle altre opzioni citate (pomodoro,arselle,prosciutto) potremmo immaginare un prototipo della pizza in questione ma non il piatto “definito” che ha reso celebre il pizzaiolo della Pizzeria Brandi, la Margherita non prevede mai il formaggio grattugiato e lo strutto!
Inoltre in questo scritto non vedo la descrizione della mozzarella tagliata a forma di “petali” che giustificherebbe secondo alcuni il nome di “Margherita” togliendo dala nostra amata pizza la corona di regina.
Anche il Prof. Mattozzi, spesso citato come fonte autorevole nella prova della nascita della Margherita prima del 1889 cade nella stessa confusione generando in maniera virale convinzioni che non trovano nessun appiglio storico.
Nell’epoca di internet è facile rovesciare eventi storici, come appare evidente nelle modifiche un po’ tendenziose sulla nascita della Margherita su Wikipedia.
Noi stessi non abbiamo mai trovato in tante ricerche effettuate negli anni, una sola fonte antecedente alla data succitata che descrivesse la Pizza Margherita così come l’abbiamo inventata noi. Siamo in attesa davvero ansiosa di trovare anche un solo documento storico che la descriva nei suoi semplici e geniali elementi, ma non uno di più ne uno di meno. Tanto, in realtà , ne noi ne nessun altro può possedere il “brevetto” della Pizza Margherita, che,come si è spesso detto,non ha padroni, appartiene alla tradizione di un popolo, è la cultura napoletana che si fa amare nel mondo. Noi abbiamo avuto solo la fortuna di avere in consegna un evento storico che appartiene al nostro locale, che sottointende una difesa strenua della tradizione.
Ma i mistificatori che intenzionalmente cambiano la storia unicamente per proprio profitto o per altri interessi, quelli si che li porterei in tribunale.
Scusate la prolissità e grazie per l’attenzione.
Cordialmente
Paolo Pagnani
Pizzeria Brandi
Secondo lei, a tutt’oggi manca un documento che attesti la nascita della margherità prima del 1889? Quanto affermato da Emanuele Rocco nel “Usi e Costumi di Napoli e contorni” del 1858, riportato anche nella sua risposta, cosa sarebbe? Egli indica esplicitamente che la pizza margherita era già stata inventata e per maggiore comprensione riporto uno stralcio del libro menzionato da cui lei ha preso una piccola parte, anche se esplicativa: “Prendete un pezzo di pasta, allargatelo o distendendolo col matterello o percotendolo colle palme delle mani, metteteci sopra quel che vi viene in testa, conditelo di olio o di strutto, cocetelo al forno, mangiatelo, e saprete che cosa è una pizza. Le focacce e le schiacciate sono alcunchè di simile, ma sono l’embrione dell’arte.
Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio , han per condimento l’olio , e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato , di pomidoro , di arselle ec. Talora ripiegando la pasta su di sè stessa se ne forma quel che chiamasi calzone”. Come vede gli ingredienti della margherita ci sono tutti e non compare il formaggio grattugiato bensì la mozzarella. Così come compare sia l’olio che lo strutto, condimento molto in uso all’epoca, e, cosa fondamentale, compare il “pomidoro”. secondo lei questa pizza così composta cosa sarebbe? Vorrei ricordarle che l’inventore è colui che per primo ha partorito l’idea, che differisce dallo “scopritore” , colui che porta alla luce un ritrovamento, di qualunque genere. Quindi, credo che, nel caso di Raffaele Esposito, si potrebbe propendere più per la seconda ipotesi, anche se lo scopritore porta alla luce qualcosa di cui nessuno era a conoscenza. Mentre nel caso della pizza, sia marinara che margherita, era già in auge all’epoca di Raffaele Esposito e a conoscenza di tutti. Stante così le cose mi sento di dire che: non ha inventato proprio nulla. Tranne l’aver colto un momento in suo favore, l’averla presentata ai Savoia, attribuendosi l’invenzione di qualcosa che era già esistente. Lei continui pure a tenersi la sua certificazione. Resta che, così come la verità storica sul Regno delle Due Sicilie da decenni sta venendo alla luce, anche la verità sulla pizza è ormai di dominio pubblico da lungo tempo.
Cordiali saluti
Annamaria Pisapia
Gentile Signora Pisapia ,
è ormai evidente che , visto il Suo atteggiamento verso tutto ciò che è in”odore di Savoia” , i suoi commenti non sono mirati ad accertare la verità storica sulla nascita della Pizza Margherita ma , piuttosto , ad una sorta di revanscismo Borbonico che secondo me non ha motivo di esistere ai giorni nostri .
Detto questo , e visto che Lei continua a fare riferimento allo scritto di Emmanuele Rocco , è d’uopo sottolineare l’ottima spiegazione che Le ha fornito mio fratello Paolo all’interno di questo stesso blog , spiegazione che ha messo in seria difficotà anche il Prof. Mattozzi in una trasmissione televisiva di qualche tempo fa ( su TV SAT 2000 se non ricordo male) il quale dovette convenire , alla presenza di altri esponenti di famose Pizzerie Napoletane e del Presidente dell’Associazione Verace Pizza , che la spiegazione stessa era esaustiva e corretta.
Ad ogni modo voglio farLe un piccolo omaggio :
Seguendo il seguente link : https://www.dropbox.com/l/drm7dmC5doNXVV5oH5serp
potrà accedere ad un file Dropbox che , ne sono convinto , Le piacerà.
Si tratta di un’articolo tratto da un quotidiano del 1880 denominato ” Il Bersagliere” che ho ritrovato in una Emeroteca Romana durante le mie ricerche sulla reale storicità della nascita della Pizza Margherita.
In effetti è un resoconto della prima visita di un Brandi a Capodimonte ( avvenuta quindi nove anni prima di quella di Raffaele Esposito ) dalla lettura del quale si evince che , ancora all’epoca , le pizze Napoletane si condivano con lo strutto ( tanto è vero che ,nell’articolo , lo stesso Brandi se ne duole) e che , dall’elenco delle stesse , non si fa nessun riferimento ad una pizza con mozzarella pomodoro e basilico che da tutti è universalmente riconosciuta come Margherita.
Sarà che , forse , non era ancora stata inventata?
un’altra cosa interessante può trovarla seguendo questo altro link: https://www.dropbox.com/l/PWd3fKChGbuY0GOG3O5Caq
Si tratta della prima stesura del disciplinare per l’ottenimento dell’STG , che verrà poi presentato a Bruxelles in forma “riveduta e corretta” eliminando ogni riferimento alla Pizzeria Brandi ed inserendo delle date sulla presunta nascita della Margherita senza , peraltro , fornire alcuna documentazione storica a supporto.
Sono sicuro che , ad una attenta lettrice come Lei , non potrà sfuggire la “strana incongruenza” che contraddistingue i due scritti.
Cos’altro dire? Potrei citarLe gli articoli di Michele Parise che nel suo libro “Finestra su Napoli” edito agli inizi del 1900 parla diffusamente della nascita della Margherita e del documento storico rilasciato da Casa Savoia a Raffaele Esposito ( documento recentemente esaminato al radiocarbonio14 dalla Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento CIRCE e risultato assolutamente autentico) oppure ciò che scriveva lo storico Napoletano Vittorio Glejies nel suo “Feste Farina e Forca” addirittura irridendo i Napoletani che non conoscessero la storia della Margherita.
Sono molteplici le fonti che potrei citarLe ma , soprattutto , posso invitarLa presso i locali della Pizzeria per mostrarLe tutta la documentazione in nostro possesso e darLe ogni e più ampia spiegazione su quella che noi riteniamo storia e non leggenda.
mi preme , altresì , ricordarLe che la storia della Pizzeria Brandi affonda le sue radici in pieno periodo Borbonico , infatti lo scrittore Raffaele De Cesare nel suo libro “La fine di un Regno” edito verso la fine dell’800 cita la “Pizzeria di Pietro” a Salita S.Anna di Palazzo affermando che la stessa ( parliamo del 1860 per l’esattezza) avesse alle sue spalle già più di un secolo di storia.
Alla luce di questi fatti credo di poter bene affermare che la Pizzeria Brandi , al di là di ciò che sarà la nascita della Margherita ,è una delle attività storiche più antiche della nostra Città e che andrebbe tutelata come patrimonio e non osteggiata ad ogni piè sospinto da detrattori e pseudo-storici dell’ultima ora ( e non mi riferisco certo a Lei ) affetti da manie di protagonismo.
Cordiali saluti
Eduardo Pagnani
scusate dove sarebbe l’appuntamento domenica? grazie
Buongiorno, vorrei sapere se è possibile partecipare. Grazie mille
Gentile sig. Pagnani,
mi appare evidente che i Savoia siano da lei visti in ben altra luce di quella reale, come potrebbe essere diversamente, altrimenti, quello che per lei è revanscismo le apparirebbe per quello che è: ricerca della verità storica. E se per lei è cosa superata le dico che è più che mai attuale. Anzi come non mai. Le sarà sfuggito, che da 155 anni il Sud è colonia interna del nord. Ma forse stava rimirando quella certificazione, che non so quale valore possa avere, dal momento che non mi sembra i Savoia abbiano mai fatto i pizzaioli, tutt’al più i divoratori. La certificazione, che è una sorta di ringraziamento, conferma che le pizze presentate alla regina sono state gradite. Questo episodio basterebbe a certificare “l’invenzione” della pizza margherita?. In quanto all”ottima” . spiegazione di suo fratello c’è una incongruenza: Emanuele Rocco cita testualmente così:”Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio , han per condimento l’olio , e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato , di pomidoro , di arselle…” Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto: (facendo riferimento a quelle con l’aglio e l’olio); alle seconde delle sottili fette di muzzarella: ( quelle coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto dove talvolta si fa uso anche di prosciutto affettato, pomidoro, arselle). Non mi dica che l’invenzione della margherita sta nell’aver eliminato lo strutto preferendo l’olio? Peraltro utilizzato anche allora, anche se con parsimonia. Lei non si rende conto, o non vuole, che la pizza margherita con tutti i suoi ingredienti era già esistente da oltre cinquanta anni, se non addirittura prima. Inoltre, cita un giornale del 1880 che riporta l’incontro avvenuto tra il pizzaiolo e la regina. Ancora una volta comprova un normale scambio tra un avventore e il pizzaiolo. Nient’altro. Anche questo le serve per dimostrare che Brandi era l’inventore della margherita? Semmai dimostra che la regina, nel 1889, già si servisse di Brandi e quindi mangiasse pizze da molti anni. Altro che novità. Dal momento che ci ha tenuto a presentare Brandi come: primo pizzaiolo che abbia mai varcato la reggia di Capodimonte, le dirò che arriva tardi anche in questo. Ne “Taverne famose napoletane di Salvatore di Giacomo del 1899” le riporto quanto segue: “La trattoria di Monzù Testa. La Taverna delle bizzoche al Purgatorio”….Don Domenico Testa nacque nel 1808…aveva una pizzaria alla salita Santa Teresa e sua moglie al Cavone di S. Gennaro dei Poveri…Domenico, il quale una bella sera, stando Ferdinando II a villeggiare a Capodimonte, fu chiamato a corte, non senza sua grande meraviglia.La persona che lo chiamò gli disse che la regina e le sue dame desideravano tanto di mangiare delle pizze: che le facesse nella sera seguente e comuni e volgari come quelle che soleva vendere a due grana l’una. Il forno fu fabbricato nello stesso bosco di Capodimonte: le pizze furono preparate e le si mise al forno mezz’ora dopo la mezzanotte. Dopo due o tre minuti eccoti lì, con quattro o cinque dame di corte la regina: arrivano poco dopo altre dame velate e in tutto don Domenico ne conta venti. La regina mangia con buon appetito una pizza da due grana, le dame la imitano ridendo, i domestici servono vino bianco e arance, ricomincia il ballo in Palazzo e la visione scompare. Resta accanto a don Domenico un bel signore bruno e alto, che gli domanda sottovoce: che impiego vorreste? Vorrei chiamarmi monzù. Monsieur: nient’altro. E pure di quei tempi il monsieur definiva celebrità d’ogni genere…” Come vede siamo di oltre cinquanta anni prima del 1880. Finora lei ha solo riportato scritti che non provano nulla, se non sulla base di quanto affermato da Brandi. Resta certo che il Rocco nel 1858 riporta varie pizze tra cui la margherita con gli ingredienti che la compongono. Non so a cosa le possa servire il radiocarbonchio, a cambiare il ringraziamento in certificazione dell’invenzione? Quanto meno dovrebbe trovare qualcosa che faccia scomparire il libro di Francesco de Bourcard.
saluti
Annamaria Pisapia
Gentile Eduardo Pagnani,
leggo in un suo commento il suo lamento circa i “detrattori della pizzeria Brandi e pseudo-storici dell’ultima ora affetti da manie di protagonismo”. Forse mi taccerà di avere la coda di paglia, non avendomi nominato, ma mi sento chiamato in causa, non per essere un detrattore della pizzeria Brandi, che spero abboia superato le sue difficoltà e che è indubbiamente, e meritevolmente, una delle antiche attività di ristorazione della Città. Mi sento chiamato in causa perché autore del fortunato libro ‘Made in Naples’ in cui, tra i vari argomenti, indago sulla retrodatazione della pizza ‘margherita’, che sostengo. Siamo d’accordo che documenti schiaccianti, in tal senso non esistano; ma esistano invece fortissime indicazioni, al di là del Regolamento UE, che è stato pur redatto dalle associazioni di categoria. Lei ha ragione anche sul fatto che io o gli altri cui si rierisce non siamo storici con la patente. Sono quelli che cambiano l’ufficialità. Ma sono uno storico revisionista con metodo e con tesserino di giornalista, e lei converrà che la storia è come la scienza: se vengono offerti nuovi elementi, è suscettibile di aggiornamento ed evoluzione da scoperta. La storia non si può ritenere definita e blindata, e può cambiarla anche l’opinione diffusa.
Io non ho la presunzione di cambiare la storia, insieme a chi in questi mesi si è attivato per questo, compresi pizzaiuoli e pizzerie che mi hanno aperto le porte per divulgare la storia della pizza, non la verità (quella non la detiene nessuno a questo mondo) ma ho la certezza di scrivere e dire cose interessanti che possono dare validi contributi al dibattito. Per esempio, c’è da riflettere sul fatto che l’uso del pomodoro rosso nella cucina napoletana si sia diffuso nel secondo Settecento, dopo il dono offerto dal Perù nel 1770, e che la rivoluzione della mozzarella sia partita nel 1789 dai laboratori della Reale Industria della Pagliata delle Bufale di Carditello. Tutto coincide con la data 1798-1810 del Regolamento UE, e la domanda da farsi (magari ad Enzo Coccia, protagonista dell’articolo) è se sia plausibile che i pizzaiuoli napoletani abbiano potuto metterci più di cento anni per versare pomodoro e mozzarella, col basilico, su una pizza. In ogni caso, senza Raffele Esposito e la pizzeria “Pietro… e basta così” (attualmente Brandi) la pizza ‘margherita’ non sarebbe partita alla conquista dell’Italia, e poi del mondo intero. Su questo siamo tutti d’accordo, credo.