Paolo Lopriore e quel ramo del lago di Como: Kitchen – 17,5/20
di Luca Fontana
A tavola con I Signori
Ottobre 2014
Paolo Lopriore è tornato. Questa frase, che tanto ho sentito dire dai gourmet Italiani negli ultimi mesi, ha un duplice significato. E’ tornato al lavoro, rimettendosi in gioco dopo l’addio al ristorante “Il Canto”. Ma soprattutto è tornato alle sue origini, sul Lago di Como, alla scoperta delle ricette e delle materie prime dei suoi antenati.
Due chiacchere prima di iniziare. Traspare la passione, la voglia di mettersi in gioco. “Ho molto da imparare”. Che bella frase, rara da ascoltare, che fa onore e delinea quello che è considerato uno dei più grandi chef italiani.
Al Kitchen l’obiettivo di Paolo è di uscire dalla cucina “per le guide”, reinterpetando la tradizione culinaria di questo lago incastonato tra le montagne, integrandola con la sua lunghissima esperienza e grandiosa cultura gastronomica.
Il menù, breve, coinciso, permette di ritagliarsi un percorso su misura, da 2 a 5 portate, sino alla degustazione a mano libera, per la quale, ovviamente, noi optiamo.
Prima di iniziare qualche spizzico dell’ottima schiacciata.
Forme. Ovvero Semi di Zucca in polvere; Tartelletta burro salato, bottarga di lavarello e pompelmo; involtino di lattuga di mare, agrumi canditi, nocciola e cumino. Lo chef scrive a mano libera sulla sua “tavolozza d’artista”. L’involtino è uno straordinario gioco agro-dolce, col cumino che gli dona un’imperscrutabile profondità.
Sciatt. Piatto tipico della tradizione valtellinese approfondito con polvere di Macha, servito su un balsamico di pino. Quest’ultimo apre le vie respiratorie accentuando la nostra sensibilità ai profumi per l’intera cena.
Insalata di sedano, melone bianco e cetrioli. Un fresco passaggio.
Tortelli di mela cotogna e acciuga profumati agli amaretti sbriciolati. L’animo del piatto è appagante, col gioco tra mela e acciuga, corroborato dall’amaretto. Tuttavia, man mano che acciuga ed amaretto vengono esauriti, registriamo qualche eccesso di dolcezza.
Luccio scorza nera, albicocche, mandorle e alloro. Bella digressione sul pesce di lago, alla maniera di Lopriore.
Si cambia, via la schiacciata, arriva il pane. Lievito madre, preparato in cucina di giorno in giorno. Perchè cambiarlo adesso…?
Ma per il sugo ovviamente, L’Intingolo di Coniglio! Il quale viene cotto nella terracotta per 4 ore. Al che solo e soltanto il suo sugo viene portato in tavola, senza posate. La scarpetta è d’obbligo, l’oliva è da prendere a mani nude. Applausi!
Capriolo cotto in brodo speziato, zucca e purea di castagne. Il brodo viene versato al momento su un ramoscello di pepe fresco e un fiore d’anice. Il sapore è di rara intensità, e ben si sposa col capriolo, che gioiosamente prima “pucciamo” nel brodo, poi ricopriamo con zucca e castagne.
Tinca, chiodo di garofano e cannella in salsa olandese. Ovvero: come modernizzare ed alleggerire il classico pesce alla salsa.
Spaghetti verdi, anice e missoltino. Spesso si legge che la cucina di Lopriore è ermetica e complessa, non per tutti. Per apprezzare questo spaghetto freddo e d’ispirazione orientale è necessario buttare il cuore oltre l’ostacolo. Fatto questo, la soddisfazione è molta.
“Il classico che vorreste sempre trovare: riso in cagnoni al pesce persico”. Rivisitazione prevalentemente visiva del classico risotto al pesce persico. Qualche eccesso nel burro mina la godibilità di questa portata.
Uovo della Passione. Il nostro predessert. Un bel gioco visivo, tra meringhe e frutta tropicale.
Torta millefette di mela profumata alla cannella e lattuga di mare. Con la lattuga si inizia e si colclude. Un dessert leggero e godibile, che manca però di un po’ di ispirazione sul comparto dolce, per quanto il lato più sapido sia ben soddisfatto dalla cialda di lattuga.
Delizie finali, su tutti le caramelle, quelle al fondente ripiena di gelato alla Fisherman’s Friend e quella al ciocciolato bianco ripiena di gelato al dragoncello.
Gloria ed onore, queste sono le parole che mi vengono da pronunciare “a caldo”, per un ristorante di recentissima apertura, che da subito riesce a proporre una cena d’alto livello con solo qualche piccolo vizio di gioventù.
La cucina di Lopriore appare ispirata, fresca, mai ordinaria o stucchevole. L’ispirazione giapponese negli arredi non è casuale, lo chef pesca a piene mani dalla cultura orientale, senza però mai cadere nell’inflazionato fusion, lasciandosi piuttosto contaminare senza perdere di vista la nostra patria.
Siamo lontani anni luce da piccioni, ostriche e caviale. Questa è l’avanguardia, questa è la direzione giusta della grande cucina italiana contemporanea.
Il Kitchen rientra senza dubbio nelle mete di rilievo nell’itinerario del gourmet, e sarà interessante vedere cosa accadrà nel prossimo futuro, perchè “chi ben inizia…”.
Menù degustazione a mano libera: 80€
Chef: Paolo Lopriore
Ristorante Kitchen
Via per Cernobbio 41a
22100 Como
Dettagli d’ispirazione Giapponese.
5 Commenti
I commenti sono chiusi.
Molto bello. Mi sembra ci sia da usare parecchio le mani, o comunque ci sia da lavorare sul piatto, partecipando in qualche modo alla composizione. C’è senso di freschezza, anche di pensiero, e sembra, rispetto ad altre visite lette qua e là nei mesi scorsi, che ormai il percorso sia perfettamente a fuoco, nella consapevolezza che non c’è mai un punto di arrivo.
…mi piacerebbe capire che differenza c’è fra “la cucina per le Guide” (come dice Paolo Lopriore) e “la cucina buona”…
Mi colpisce l’ immagine dello staff di cucina: un bel gruppo di giovani cui auguro tante belle soddisfazioni.
In effetti Lopriore deve avere ancora qualche nodo da sciogliere nello stomaco, quando si parla di Guide. Anche se poi la Guida reproba era una sola, quella: ma spesso la necessità di resettare, di dimenticare, fa buttare via il bambino con l’acqua sporca. Col rischio di cadere nel popolarismo nonnistico del vuoi-mettere-uno-spaghetto-aio-e-oio, che non renderebbe giustizia a quel che leggiamo e vediamo, che proprio terra terra non è.
In effetti Lopriore deve avere ancora qualche nodo da sciogliere nello stomaco, quando si parla di Guide. Anche se poi la Guida reproba era una sola, quella: ma spesso la necessità di resettare, di dimenticare, fa buttare via il bambino con l’acqua sporca. Col rischio di cadere nel popolarismo nonnistico del vuoi-mettere-uno-spaghetto-aio-e-oio, che non renderebbe giustizia a quel che leggiamo e vediamo, che proprio terra terra non è.