Gli spumanti metodo classico del Sud, il bello della diversità con le uve autoctone; 18 etichette da provare subito
di Adele Elisabetta Granieri
Certo l’Italia delle bollicine Metodo Classico ha come zone d’elezione la Franciacorta, Trento, l’Alta Langa e l’Oltrepò Pavese, ma la parte bassa dello stivale offre la possibilità di andare al di là delle classiche varietà internazionali per la spumantizzazione, come Chardonnay e Pinot nero, per degustare ottime bollicine a base di vitigni autoctoni del territorio, che seducono sempre di più i consumatori.
La Campania può vantare interpretazioni particolarmente riuscite da autoctoni sconosciuti ai più, come Il vesuviano Caprettone, che dà vita a Pietrafumante, lo spumante Metodo Classico di Casa Setaro di Trecase, dalle note di cedro, fiori di ginestra e crosta di pane ed un sorso verticale e salino.
Biancazita e Biancatenera, tipiche della Costa d’Amalfi, sono alla base di Alta Costa, il Metodo Classico di Tenuta San Francesco, dai sentori agrumati e delicatamente affumicati e un sorso sapido e rinfrescante. Dal fronte dei vitigni più noti c’è l’Aglianico, che nella versione sannita proposta da Fontanavecchia a Torrecuso è un Metodo Classico che prende il nome di Principe Lotario, dal bel colore buccia di cipolla e dai profumi di rosa canina e frutti rossi ed un sorso pieno e polposo.
Fiano e Greco compongono invece Ripabassa, Metodo Classico di Villa Raiano, connotato da rimandi di agrumi e pietra focaia e da un sorso fresco e ben equilibrato.
Il Greco di tufo è un grande classico della spumantizzazione e lo ritroviamo al top con 1930 Spumante di Di Marzo e Dubl dei Feudi di San Gregorio.
In Basilicata l’Aglianico del Vulture si declina anche in Metodo Classico: La Stipula di Cantine del Notaio profuma di susina e gelsi bianchi, con una delicata speziatura che si ritrova nel sorso, pieno e vigoroso.
La Puglia ha fatto da apripista per la spumantizzazione di qualità del meridione, merito della cantina D’Araprì di San Severo, che ha sdoganato il Metodo Classico con vitigni diversi, puntando soprattutto sul Bombino bianco: RN ne è un’interpretazione magistrale, dai profumi di mela cotogna, frutta secca e spezie ed un sorso pieno e opulento. È il Negroamaro, con un piccolo saldo di Chardonnay, a comporre l’uvaggio del Metodo Classico Brut Rosé di Rosa del Golfo, un vino dal sorso morbido, delicato ed elegante, dai richiami di rosa, geranio e frutti bosco.
Ancora Negramaro per Simona Natale Rosé Dosaggio Zero millesimato di casa Gianfranco Fino dai profumi di glicine, pesca bianca e macchia mediterranea, accenni di mandorla tostata e un sorso carnoso e preciso. Punta sul Susumaniello invece Tenute Rubino e sfodera il Metodo Classico Sumaré, dalle note di ribes, cedro e fiori e delicati accenni di nocciola tostata, che caratterizzano anche il bel sorso cremoso.
In Calabria Origine e Identità è una piccola cantina che realizza un ottimo Metodo Classico da uve Zibibbo: si chiama OI e profuma di crosta di pane, uva passa e albicocca, con sottili note di erbe officinali ed un sorso intenso e rinfrescante.Da Gaglioppo è il Rosaneti di Librandi.
In Sicilia, nonostante il clima apparentemente poco propizio alla maturazione delle uve per la spumantizzazione, l’interesse dei vitivinicoltori per questa tipologia è in costante aumento. Il Catarratto in purezza è alla base di Mira, Metodo Classico di Porta del Vento, da vigneti allevati ad alberello nella zona di Camporeale: un vino dai sentori di agrumi e macchia mediterranea, dal sorso energico e salino. Il Nerello Mascalese spumantizzato in bianco nella cantina di Cavanera sull’Etna è invece fiore all’occhiello di Firriato: Gaudensius profuma di cedro e gelso, con cenni di brioche e una delicata nota fumé che si ritrova al sorso, pieno e avvolgente.
In Sardegna Sella e Mosca punta sul Torbato per il suo Oscarì, Metodo Classico dai richiami di pesca bianca, biancospino e zagara ed un sorso ampio, deciso e brioso.
3 Commenti
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Ottime uve buona manualità in molti casi troppo abboccati
Il MATA rosè e bianco di Villa Matilde e/o l’Asprinio di Aversa dei Borboni no?
l’Asprinio d’Aversa andava incluso. (Tra l’altro e’ nella foto).