Lutto: scompare Giulio Gambelli. Ciao Bicchierino!
di Carlo Macchi*
Oggi 3 gennaio 2012 alle 13.30 ci ha salutato per sempre il grande maestro del Sangiovese, Giulio Gambelli. Il suo fisico non ha retto all’ultima crisi di qualche giorno fa e, senza soffrire, se ne è andato.
Questa è la notizia, nuda, scarna che purtroppo devo dare, ma qui finisce il mio compito da giornalista e da ora in poi parlerà solo una persona che poteva andare fiero della sua amicizia.
“Ciao giovane!” “Ciao vecchio!” Era questo il nostro saluto quotidiano, dove il giovane era ovviamente Giulio. Era uno scherzo ma neanche tanto, perché Gambelli era giovane dentro e questa giovinezza, quasi come un dono divino, la trasmetteva sempre ai suoi grandi vini. Era più di un maestro del Sangiovese, ne incarnava il carattere ruvido, scontroso, ma pronto ad aprirsi se si sapeva come prenderlo.
Era l’uomo che, a bordo di una serie infinita di R4, aveva insegnato a fare il vino a tutti i produttori di Montalcino ed a una buona fetta di quelli del Chianti Classico. Era un pezzo (grande) della storia degli ultimi 60 anni del vino toscano ma se glielo dicevi si metteva a ridere oppure sbuffava scocciato, perché non voleva sentirsi addosso il peso di una cosa che lui aveva fatto solo per passione e perché amava farla.
Giulio Gambelli amava fare il vino, vederlo nascere, capirlo sin dai primi assaggi, addirittura analizzandolo grazie a quell’insuperabile laboratorio che era il suo palato. Non sbagliava mai, ma lui non si sentiva per questo un genio, non voleva credere che quello che lui sentiva in un vino non lo potessero sentire anche gli altri. Per questo non è riuscito a crearsi “il discepolo” per antonomasia ma tanti enologi che, partendo da basi rigorosamente scientifiche non riuscivano mai ad arrivare al suo livello di genio autodidatta e non riuscivano quindi ad afferrare e fare proprio il “modo gambelliano” di trattare il Sangiovese.
Scusate ma mi mancano le parole e quindi mi rifaccio a quanto avevo a suo tempo scritto nell’introduzione alla sua biografia
“Avere avuto l’onore ed il privilegio di mettere su carta la vita del mio grande amico Giulio Gambelli è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto. Non solo perché farlo parlare del passato é operazione che richiederebbe strumenti di tortura appositi, ma soprattutto perché, mano a mano che il libro prendeva forma, mi sono sentito come un entomologo che scopre l’ultimo esemplare di una rarissima e meravigliosa famiglia di farfalle. Da una parte c’è la gioia di poter ammirare la sua bellezza, dall’altra la paura di danneggiarla e la tristissima certezza che, purtroppo, dopo di lei non ce ne saranno altre. Giulio è questa farfalla: da oltre sessantacinque anni invece di volare crea vini che ti fanno sentire più leggero. Come una farfalla, che usa solo le sue ali per alzarsi in cielo, Giulio ha sempre e solo adoperato quello che madre natura gli metteva a disposizione. Come una farfalla che rimane sempre vicina al luogo dove è nata, Giulio non si è mai spinto oltre quelli che credeva i suoi confini, non si è mai proposto per interviste e per le luci della ribalta. Il suo linguaggio ed il suo modo di fare sono semplici e leggeri, quasi impalpabili, riassumibili nella parola eleganza. La stessa eleganza con cui sta attraversando la vita, cercando di lasciare un segno tramite i suoi amati vini. Il risultato è che questa farfalla è stata conosciuta ed ammirata solo da pochi fortunati.”
Oggi l’ultima farfalla del Sangiovese è venuta a mancare e da oggi siamo tutti più poveri.
Ciao Giulio, che la terra ti sia lieve.
I funerali si svolgeranno giovedì 5 gennaio alle ore 15 presso la Chiesa Collegiata di Poggibonsi
*Chi ha la fortuna di frequentare Carlo Macchi lo sa: ogni giorno arrivava puntuale la telefonata di Giulio Gambelli. Un rapporto viscerale, di cui il libro di Carlo pubblicato da Veronelli (Giulio Gambelli, l’uomo che sapeva ascoltare il vino) resterà memoria per tutti noi.
Ringrazio Carlo per avermi concesso la possibilità di rilanciare il suo pezzo scritto per Winesurf
7 Commenti
I commenti sono chiusi.
hai scritto delle bellissime parole su Giulio, che ognuno di noi che lo conosceva avrebbe voluto scrivere. grazie carlo
Bere i suoi vini era un modo semplice per imparare ad amare la Toscana. Addio signor Gambelli grazie di cuore
Carissimo Carlo,
mi scuso ma non uso Facebook e quindi uso il profilo di Daniela.
Ho avuto anch’io la fortuna di conoscere Giulio come enologo dello Zio Gigi quando era proprietario della Fattoria di Rietine, enologo era un pretesto, di fatto si trattava di una forte amicizia di vecchia data che risaliva alle elementari che entrambi frequentavano alle “Vittorio Emanuele”; in effetti l’attività professionale trovava epilogo in pochissimo tempo: “Gigi lascialo stare, è bono pe’ conto suo” e poi “qualunque cosa gli faccia tu lo po’ solo sciupa’ ” e ancora “il vino si fa nella vigna, non in cantina”. Ma la diagnosi asciutta e concreta, che assomigliava moltissimo al ideale del vino che Giulio proponeva, era in effetti un trattato di scienza enologica scaturito da quel laboratorio perfetto che era il suo palato. Il concetto del vino che aveva era proprio questo: il vino è una “cosa” viva che viene dal lavoro congiunto della natura e dell’uomo; nasce libero dall’uva e dalla vigna, ognuno ha le proprie particolarità, ognuno ha il proprio carattere, e questo è il bello!.
Poi lo ho conosciuto per ragioni istituzionali …. e li il discorso cambiava; tutta la naturalezza che aveva nel rapporto con l’uva, il vino, la cantina e i vecchi amici si trasformava in ritrosità quasi volesse dire “ma che ci fo’ io qui?” “che ho fatto di strano per essere chiamato?”.
Ci sono moltissimi aneddoti che girano sulla figura di Giulio e sulla sua capacità di conoscere e riconoscere il vino. Se lo riterrai opportuno potrò raccontartene qualcuna della quale lo Zio Gigi è stato testimone.
Ti ringrazio per le parole che hai saputo esprimere con la passione e l’amicizia che avevi per Giulio e che rappresenta anche quella che, in tono minore, sentivamo in tanti.
Mi dai l’occasione di esprimere il nostro affetto a Franco, Anna, Giulio, Niccolò e Benedetta e anche a Matilde che non ho la fortuna di conoscere ai quali siamo molto vicini.
Raffaele Susini
Grazie Daniela, grazie Raffaele per le parole sul Giulio “casalingo” e su quello “ufficiale”. Me lo ricordo anch’io così e sarò felice di ascoltare i vostri aneddoti su di lui. Grazie anche per l’affetto verso la sua famiglia. Piangere mentre scrivi non è certo il massimo ma in questi giorni dovrò farci l’abitudine. Grazie ancora.
vola in alto Giulio, ciao LIDO.
[…] Semi” di Veronelli Editore. Per leggere il ricordo di chi lo conosceva davvero bene cliccate qui. Share this:StampaEmailMoreTwitterDiggFacebookBootsLinkedInLike this:LikeBe the first to like this […]
ho conosciuto Giulio una sera d’inverno presso l’ISVEA dove aveva il suo studio, l’ho intravisto tra due porte, io ero lii con Roberto Cipresso, suo amico e suo discepolo, me l’ha presentato dicendo ” ecco il vero grande Maestro”, è stato con noi solo 2 minuti, non più.
Ho letto il libro.. Grande Uomo, Grande Maestro !