Giovanni Busi presidente del Consorzio Chianti: il governo non ha la sensibilità per capire quello che veramente sta succedendo nel nostro settore
“E’ abissale la distanza che separa gli innumerevoli annunci fatti dal Governo attraverso conferenze stampa quasi quotidiane e la realtà con cui puntualmente le nostre aziende fanno i conti il giorno dopo, quando le banche sbattono loro la porta in faccia negando ogni forma di aiuto” E’ dura la contestazione del presidente del Consorzio Vino Chianti Giovanni Busi in un comunicato inviato giorni fa. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per capire le probematiche che coinvolgono uno dei consorzi simbolo della nostra viticultura conosciuto in tutto il mondo.
Il Chianti è stato investito dallo Tsunami Coronavirus, come tutto il mondo del vino. In che condizioni era prima della crisi?
Fino al 31 dicembre 2019 il Chianti era in ottime condizioni: l’anno si era chiuso con un incremento dell’1% a livello mondiale, che corrisponde a 1 milione di bottiglie in più vendute. A fronte di una forte contrazione del mercato tedesco, pari al 15%, avevamo guadagnato in nuovi mercati e consolidato quello americano. Anche il 2020 era iniziato bene, i primi mesi avevano registrato una crescita del +2%, sia nella grande distribuzione, sia nel canale Gdo. Poi è arrivato il Coronavirus a stravolgere il quadro.
Dove ha colpito maggiormente il lockdown italiano e quello mondiale?
Il mercato più colpito è quello italiano, che rappresenta il 35% del nostro fatturato: qui il canale Horeca è chiuso. Ripercussioni si hanno anche sul mercato statunitense, inglese, tedesco e canadese, i nostri 4 principali sbocchi commerciali, seguiti da quello giapponese, quello svizzero e quello russo. Il canale Horeca si è completamente fermato. Quello della grande distribuzione, invece, dove il Chianti è presente per il 65%, ha subito una piccola flessione, ma sta proseguendo.
Le misure scelte dal Governo sono sufficienti per il Chianti. Sì o no? Perché?
Le misure adottate dal Governo non sono sufficienti. L’impostazione è corretta: posticipare le rate dei mutui e le scadenze. Ma uno spostamento di due, tre o anche sei mesi non basta: le perdite dovute al mercato fermo non si recupereranno in pochi mesi. Devono essere fatti programmi più incisivi per il nostro settore, per esempio l’allungamento per due anni del pagamento dei mutui, per permettere alle aziende di riassorbire l’aumento dei costi e di sanare le perdite che registreranno nel 2020. Abbiamo la sensazione che manchi anche nelle Istituzioni a tutti i livelli la sensibilità di capire il momento devastante che stanno attraversando le aziende, e che non si approcci alle questioni sul tavolo con il giusto grado di velocità e flessibilità che questa fase di emergenza richiede. Per questo motivo secondo noi è il momento di studiare velocemente strumenti del tutto nuovi in grado di rispondere tempestivamente alle reali esigenze imposte da questa emergenza mondiale.
Come vi state preparando per la prossima stagione?
La chiusura dei mercati significa vino che rimane bloccato in cantina. Cosa fare di questo prodotto con la nuova vendemmia? Se il vino nell’arco dell’anno non viene venduto, le soluzioni sono due: o non si vendemmia oppure si svende il vino. Per non mettere sul mercato vino a prezzi bassi abbiamo optato per una scelta drastica: la riduzione del 20%, della produzione. Poi abbiamo fatto richiesta alla Regione Toscana di attivare immediatamente la vendemmia verde.
Possiamo già parlare di eccedenze di stoccaggio o è esagerato?
Se non saranno prese adeguate misure, si creeranno giacenze in eccedenza. Per questo abbiamo deciso la riduzione della produzione del 20%: la percentuale corrisponde alle perdite stimate per due mesi di mercato fermo. Questo permetterà di non aumentare le giacenze dei magazzini, consentendo di tenere in equilibrio la denominazione dal punto di vista quantitativo, presupposto per mantenere in equilibro anche il prezzo.
Il Coronavirus cambierà il mercato del vino? E come? E cambierà il modo di promuoverlo?
Il mercato del vino cambierà, non c’è ombra di dubbio. Magari non subito, dal 3 maggio o dal 3 giugno quando riapriranno le attività, ma nel medio periodo certamente cambierà. Le vendite on line conquisteranno una fetta importante del mercato, permettendoci di raggiungere un numero di consumatori molto più ampio. Cambierà probabilmente anche l’approccio degli stessi importatori nei confronti delle aziende: aumenteranno gli accordi commerciali fatti via web. Anche se, per il vino, non si potrà prescindere dalla componente dell’interazione tra le persone, caratteristica del mondo del vino e della nostra cultura: per una parte resterà sempre il contatto umano, lo scambio del bicchiere e della bottiglia intorno a un buon piatto.
Che previsioni di ripresa si possono fare al momento?
La ripresa sarà abbastanza lenta. Le aziende sono pronte, ma non sappiamo il canale Horeca, il mercato della ristorazione, delle enoteche, degli agriturismi e degli alberghi quando riaprirà. Per qualche anno avremo una flessione del numero degli esercenti, ma nel medio periodo si ritornerà piano piano a riaprire i ristoranti: tutto dipende dalla capacità del governo e delle banche nel sostenere queste imprese, come hanno fatto in altri Paesi. Se c’è la volontà di sostenerle probabilmente dopo la crisi, gradualmente ci sarà una ripresa. Ma se la ristorazione non verrà sostenuta, molti la abbandoneranno, chiuderanno i ristoranti, diminuirà il numero di esercizi a cui vendere i nostri prodotti e avremo una flessione delle vendite nel canale Horeca, finché il canale non verrà ricreato da altri soggetti. Se il Governo e l’Unione Europea adotteranno interventi per aiutare le imprese ci sono le condizioni per una ripresa. In alternativa vedremo i ristoranti chiudere e le persone che ci lavorano rimanere a casa.
Un commento
I commenti sono chiusi.
Un paese che si è svegliato socialista nella pandemia(e nelle perdite)….ma tornerà capitalista tra pochi mesi(nei guadagni)