Giacomo Ponti, il signore dell’aceto
di Carmen Autuori
Giacomo Ponti, presidente e rappresentante alla nona generazione dell’azienda Aceto Ponti, può essere definito a tutti gli effetti il signore degli aceti: la cultura del gusto, il rispetto per l’ambiente, le persone al centro della politica aziendale sono nel suo Dna. ‘‘Ogni giorno lavoro con la squadra di manager e collaboratori di cui conosco la storia, la maggior parte di essi sono stati miei compagni di scuola, altri sono arrivati alla quarta generazione di dipendenti, è solo grazie a loro la riuscita dei nostri obiettivi’’ precisa il presidente non senza una punta di orgoglio ed anche di riconoscenza.
Ma per poter comprendere le dinamiche che hanno portato la Ponti ad essere uno dei fiori all’occhiello delle aziende italiane con un fatturato di oltre 111 milioni di euro, cinque stabilimenti all’avanguardia, numero uno del mercato nazionale dell’aceto e tra le prime posizioni di quello mondiale bisogna partire dalla sua storia, che poi è quella di famiglia, iniziata 237 anni fa.
La storia
Tutto ha avuto inizio nel 1787 quando Giovan Battista del Ponte inizia a vendere aceto. Alcuni documenti dell’epoca testimoniano ‘la fabrica dell’aceto’ della famiglia che diventerà protagonista della sua storia
Con Giovanni Ponti, agricoltore e produttore di vino come tanti della zona, conosciuto da tutti come Giuanin d’la asei (Giovanni dell’aceto) a Sizzano, piccolo paese dell’alto Piemonte in provincia di Novara a pochi chilometri da Ghemme, attuale quartier generale del gruppo Ponti, inizia l’espansione dell’attività artigianale portata avanti dal figlio Antonio.
Il primo stabilimento viene inaugurato a Ghemme nel 1948 da Guido Ponti. Bisogna arrivare al 1965 per assistere all’impulso decisivo dato all’attività grazie all’acquisizione dei maggiori acetifici concorrenti e la conquista dei mercati internazionali ad opera della nuova generazione rappresentata da Cesare e Franco.
Con l’intento di decentrare l’attività produttiva per essere vicini ai mercati viene inaugurato nel 1974, nel Veneto in provincia di Treviso, lo stabilimento di Dosson di Casier mentre nell’1989 s’inaugura il terzo e più moderno stabilimento, oltre che il più esteso, ad Anagni, in provincia di Frosinone. In quegli stessi anni sempre a Ghemme nasce un secondo stabilimento per far fronte alla grande richiesta dei sottoli a marchio Peperlizia.
Nel 1991 viene acquisito l’80% della Modenaceti di Vignola, specializzata nella produzione di Aceto Balsamico di Modena che in pochi anni diventa il più grande impianto di maturazione e d’invecchiamento nell’area di Modena.
Nel 1992 la produzione si arricchisce con l’aceto di mele a cui farà seguito qualche tempo dopo quello di riso per venire incontro ai gusti di chi predilige la cucina asiatica.
Nel 2000 entra ufficialmente in azienda Giacomo Ponti, figlio di Franco una laurea in economia aziendale e tanta passione per il ‘buono’ del Made in Italy.
L’Aceto Balsamico di Modena
Sinonimo da tempo immemorabile di storia e cultura del Ducato Estense, l’Aceto Balsamico di Modena è frutto delle particolari caratteristiche pedoclimatiche e della varietà delle uve tipiche del modenese, prevalentemente Lambrusco, Trebbiano e Sangiovese con il contributo di altri vitigni autoctoni, unite all’arte della cottura dei mosti e quella dei travasi annuali in botti sempre più piccole che ne determinano l’invecchiamento. Dopo un percorso lungo 15 anni, nel 2009 l’Unione Europea ha assegnato all’Aceto Balsamico di Modena la certificazione IGP che garantisce il rispetto dei processi produttivi, la certificazione delle materie prime ed i periodi di maturazione e d’invecchiamento in botti di legno.
<<La nostra è una vera è propria ossessione per la qualità – spiega Giacomo Ponti – che ci ha portato ad applicare dei parametri restrittivi del 20% rispetto alla legge, nel caso specifico il Disciplinare che regolamenta la IGP.
Partiamo dal presupposto che c’è un solo modo per fare l’Aceto Balsamico Igp ed è quello stabilito dal Disciplinare di Produzione. L’aceto deve essere prodotto esclusivamente nelle acetaie in provincia di Modena e Reggio Emilia con i mosti ottenuti dai sette vitigni coltivati in Emilia-Romagna: Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Fortana e Montuni che danno al prodotto finale la perfetta percentuale di acidità e di zuccheri. A questi mosti si aggiunge aceto di vino invecchiato almeno 10 anni. Il nostro aceto balsamico matura in recipienti di legno pregiato all’interno dell’acetaia di Vignola con quantità di mosto d’uva cotto e concentrato in tini, botti e barrique di legni diversi che conferiscono ognuna caratteristiche specifiche al prodotto finale. Tre sono i legni principalmente usati: il rovere che conferisce un profumo gentile e leggermente vanigliato, il castagno la ruvidezza aromatica del tannino ed il ciliegio quello fruttato.
Noi lasciamo maturare i nostri balsamici più del tempo minimo previsto dal Disciplinare, così come usiamo maggiore quantità di mosto cotto o concentrato. E ciò determina una maggiore densità del prodotto finito che non è soltanto un fatto visivo ma soprattutto di morbidezza al palato e di gusto. Tutto questo perché uno dei pilastri su cui si basa la nostra filosofia aziendale è quella di non deludere mai le aspettative del cliente>>
Prodotto di punta di Ponti le Glasse con Aceto Balsamico Igp, nate per soddisfare la richiesta dell’alta cucina per la loro viscosità che permette decorazioni precise nel piatto, nel corso degli anni hanno conquistato il mercato non solo italiano. A quella tradizionale sono state affiancate le glasse allo zenzero, al peperoncino, alla soia, all’aceto di mele, solo per citarne alcune.
Oltre all’Aceto Balsamico di Modena Igp, anche Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP in due versioni: DOP 12 anni, con un minimo di 12 anni e Extravecchio con minimo 25 anni.
Ma come usare questo ingrediente così prezioso? Partiamo dal presupposto che il balsamico tradizionale vede riconfermate le sue indicazioni terapeutiche: corroborante, stimolante della digestione e, miscelato con acqua, anche dissetante.
Ma il suo vero trionfo è a tavola o in cucina, unica raccomandazione è quello di usarlo a crudo aggiungendolo solo all’ultimo momento alle pietanze. La confezione dell’Extravecchio è corredata da alcune ricette, a titolo d’esempio, della tradizione familiare modenese come i risotti, le carni, le insalate, le fragole o il gelato.
Non solo qualità, ma anche sostenibilità tra i principi fondamentali aziendali fatti propri da Giacomo e sostenuti da Lara Ponti, vicepresidente. L’azienda investe ogni anno il 2% del fatturato in ricerca e sviluppo secondo gli indicatori di sostenibilità dell’agenda Onu.
“Abbiamo ridotto la plastica nei nostri imballaggi – spiega il presidente – e rinnovato gli impianti per ridurre lo spreco di energia con l’obiettivo di arrivare nel prossimo decennio al 30 per cento di autosufficienza energetica anche grazie al parco fotovoltaico su tutti i nostri stabilimenti”.
Grande attenzione anche alla tracciabilità, il QR Code sulle bottiglie di Aceto di mele permette di conoscere tutta la filiera delle mele raccolte, di provenienza piemontese, maturate al sole e lavorate entro le 24 ore dalla raccolta.
L’ Aceto di riso, invece, proviene dagli scarti di lavorazione delle qualità più pregiate, chiaro esempio di circolarità ed attenzione allo spreco alimentare.
Una storia quella della famiglia Ponti che nel corso dei secoli ha mostrato un’attenzione costante alla qualità, alla crescita sostenibile, alla tracciabilità di tutta la filiera produttiva, alla crescita dei collaboratori e allo scambio con le varie comunità di riferimento pur restando ben radicata nel territorio di origine.
<< La famiglia è uno dei grandi punti di forza dell’economia italiana – afferma Giacomo Ponti – che si regge sulla capacità resiliente e sulla flessibilità della piccola e media impresa familiare. Questo modello non è replicabile in nessuna parte del mondo. La nostra è un’economia diversificata, penso all’ immenso patrimonio dell’agroalimentare oppure al mercato del lusso: nessuna nazione al mondo può vantare un retaggio storico come quello italiano. Basta considerare quante città sono state capitali sia della Repubblica che del Regno, Roma, Napoli, Torino, Firenze, Palermo, e ognuna di essa ha portato alla sua corte artisti straordinari.
Un’impresa di successo non può però derogare a tre principi fondamentali: l’approccio serio al mondo del lavoro, la passione per le cose ben fatte – il che comporta un supporto tecnologico sempre all’avanguardia – e, soprattutto, non dimenticare mai che l’impresa è un bene sociale e, a tal proposito, penso alle tante famiglie che lavorano per noi da quattro generazioni. E questa è un’enorme responsabilità>>
PONTI S.P.A. Società Benefit
VIA ERASMO FERRARI, 7
28074 GHEMME (NO) | ITALIA
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