Garantito IGP. Premio Giulio Gambelli: il vino, gli enologi e Alcide a Poggibonsi
Chissà cosa penserebbe il buon Giulio “Bicchierino” Gambelli se sapesse di un premio dedicato alla sua memoria, “il giovane enologo che meglio interpreta lo stile del vino Gambelliano”. Lui che enologo non era, ma che aveva un naso ineguagliabile, in grado di riconoscere non solo i difetti pur minimi di un vino, ma anche la presenza di uve “estranee” e in che percentuale, o i profumi di quella particolare erba che, guarda caso, si trovava proprio tra i filari da cui quel vino nasceva.
Il sangiovese era il suo pane quotidiano, ne conosceva ogni aspetto, ogni debolezza, ogni pregio, sapeva individuare da quale appezzamento provenisse e se era finito, magari, nel vino sbagliato. Un uomo leggendario, dunque, ma soprattutto un uomo semplice, d’altri tempi, con quel rigore e quell’etica esistenziale di cui oggi sentiamo sempre più la grande mancanza.
Sono queste le ragioni effettive per cui è nato questo premio, che non ha la presunzione di decidere quali vini siano più buoni, non è questo il punto, ma quali enologi siano più vicini a quella visione di un vino che riporti nel calice la sua storia con la massima fedeltà, attinenza al vitigno, alle caratteristiche del terreno, alle diversità delle annate, il tutto in assoluta pulizia e correttezza esecutiva. Massimo rispetto, quindi, per la materia prima e prodotti che esprimano in maniera chiara e netta sia i vitigni di provenienza che il territorio di origine.
Ricordo che il premio è promosso dal gruppo IGP e dalla neonata associazione dei giornalisti enogastronomici toscani denominata ASET.
La sessione degustativa finale, che si è svolta rigorosamente a bottiglie coperte, domenica 20 gennaio 2013 nella sede di Winesurf, è stata presieduta dal padrone di casa Carlo Macchi, Stefano Tesi, Kyle Phillips, Francesca Pinochi, Paolo Valdastri, Marco Gemelli, Andrea Gori, Aldo Fiordelli e lo scrivente; unico assente Luciano Pignataro, reduce da un intervento di ortodonzia che avrebbe steso persino Muhammad Ali.
Nell’arco di 3 ore abbiamo esaminato 74 vini provenienti da diverse regioni italiane, cinque diverse tipologie di vino frutto del lavoro di 19 enologi con meno di 36 anni (nell’anno 2012): Spumanti Metodo Classico (5), Bianchi (12), Rosati (2), Rossi (53) e Dolci (2) (la lista completa dei vini e degli enologi la trovate qui).
L’enologo vincitore sarà proclamato martedì 19 febbraio durante l’Anteprima Chianti Classico Collection, che si svolgerà alla Stazione Leopolda di Firenze.
Tutto si è svolto in modo ufficiale e rigoroso, con il servizio dei vini, impeccabile, garantito dai sommelier esperti e professionali Vania Bimbi e Walter Nencini della Delegazione AIS della Valdelsa; ciascun giornalista ha valutato i vini, firmato tutte le proprie schede, ha provveduto a inserirle in una busta, sigillarla e firmarla.
Impressioni generali: i vini ci sono sembrati in gran parte attinenti alle regole del premio, mediamente di buon livello con qualche picco d’eccellenza, forse un po’ meno di quanto ci saremmo aspettati, ma nel complesso è stata una buona prova. Soprattutto ho notato con piacere che, laddove presente, l’uso del legno è sempre stato molto misurato, così come quasi in tutti i casi il vitigno era riconoscibile e le caratteristiche del vino potevano facilmente ricondursi al territorio di provenienza.
Non voglio scendere nel dettaglio dei singoli vini perché si rischierebbe di riconoscerne l’enologo, mentre trovo assolutamente interessante la questione “sputacchiere”, si perché il Macchi, non so se in uno dei suoi frequenti momenti di follia, ha pensato bene di fare scorta di una serie di contenitori non proprio ortodossi, una via di mezzo fra l’insalatiera e la bacinella per la tintura dei capelli (vedi), purtroppo per lui del tutto inutile visto che i capelli li ha venduti su Ebay già da qualche decennio, e forse proprio per questo ha deciso di convertirla alla funzione di sputacchiera… Insomma, fate le vostre supposizioni sul possibile vincitore, magari chi ci azzecca potrebbe riceverne in regalo proprio una!
Alcide, ovvero il padre della cultura gastronomica di Poggibonsi.
Non credo sia una sorpresa per nessuno sapere che i giornalisti degustatori hanno, fra le loro numerose cattive abitudini, quella di trattarsi bene quando sentono i gorgoglii addominali. E dopo una mattinata passata a valutare 74 vini non potevamo certo tornare a casa a stomaco vuoto! Niente paura, ci attendeva l’Hotel Ristorante Alcide a Viale Marconi, 67/A.
Alcide a Poggibonsi rappresenta un pezzo di storia importante, ha alle spalle 150 anni di attività, prima come semplice trattoria, poi come ristorante e infine hotel. Oggi sono Roberta e Angela Ancillotti, discendenti di una dinastia di cui esiste traccia sin dal 1600, a gestire il ristorante, mentre in cucina i bravi chef Giacomo, Loris e Ciro propongono piatti sobri e saporiti, a base soprattutto di pesce, non a caso il piatto che ha fatto la storia di questo locale è il mitico cacciucco, proposto per la prima volta proprio da Alcide Ancillotti nel lontano 1849, per soddisfare le richieste di alcuni operai livornesi.
Ovviamente noi non ce lo siamo fatto scappare, e vi posso assicurare che ne è valsa la pena!
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