Garantito IGP | Da Sora Maria e Arcangelo: dove si mangia benissimo perché… è spesso chiuso
di Carlo Macchi
Pensandoci bene da cosa si capisce il successo di un ristorante? Dai guadagni? Dal fatto che è sempre pieno a pranzo e a cena? Forse si, ma da cosa si capisce che quel successo sia dovuto ad una qualità alta sempre costante e che lo rimarrà per sempre? Qui il discorso si fa più complesso ma alla fine, grazie a Sora Maria e Arcangelo a Olevano Romano, l’ho capito.
Dipende da quanto stai chiuso! Da quanto tempo il ristoratore (e il personale) dedica a se stesso e alla ricerca sia delle materie prime che alla loro trasformazione. Più “tempo libero” ti ritagli, più sei in forma per preparare grandi piatti, per ricercare, trovare e provare materie prime di altissimo profilo. Magari guadagnerai meno ma guadagnerai meglio e soprattutto farai stare sempre bene chi viene a mangiare da te.
Giovanni Milana, chef e anima di questo locale dove si mangia meglio di bene, sta aperto solo per 7 servizi alla settimana (su 14 possibili pranzi e cene!) e va in ferie due volte all’anno per almeno 15 giorni.
Questo può farlo non solo perché forse si può permettere di guadagnare meno ma soprattutto perché così può avere il tempo per provare e presentare una serie di piatti che uniscono materie prime di alto profilo a tradizione, innovazione e grande bravura ai fornelli. Sta aperto solo per 7 servizi ma presenta un menu di quasi 40 piatti (tra quelli presenti nel menù stagionale e le proposte del mese), quindi con possibilità di spaziare avendo però la sicurezza che tutto è fresco e preparato a dovere.
Ma da Sora Maria e Arcangelo non si va “solo” per mangiare benissimo, ma anche per essere coccolati e l’ambiente, con molte salette piccole e accoglienti, è perfetto per evitare i troppi rumori che spesso si “accatastano” nelle grandi sale di ristorante.
Ma adesso veniamo al sodo, cioè ai piatti che posso consigliare sia perché li ho gustati di persona sia perché ho potuto “annusarli” dagli altri commensali. Tra gli antipasti Inizio con la picagna di angus ciociaro marinata e affumicata al legno di ciliegio, crudo di carciofi e salsa alla senape e miele dove l’affumicatura importante ma equilibrata porta un giusto contrasto alla dolcezza delle carni e con l’abbuoto di abbacchio alla brace (i pugliesi potrebbero chiamarlo gnumarreddi) con carota bruciata e broccoletti scottati, che si scioglie letteralmente in bocca, per arrivare ai sontuosi fegatelli di maiale, mele annurche e mosto cotto di cesanese, piatto strabiliante per equilibrio e pienezza gustativa.
Tra i primi vi consigliamo i mafaldoni con ragout di pecora al profumo di coriandolo, con leggera besciamella alla toma di capra e le fettuccine con carciofi alla romana, pancetta di maiale nero, pecorino e mentuccia.
Se pensate che i nomi di queste ricette siano lunghi dovreste leggerli per intero perché Giovanni in ogni piatto evidenzia il produttore o l’artigiano che ha fornito la materia prima e inoltre riposrta sempre in calce tutti quelli da cui prende materie prime. Permettetemi di dire che il territorio si difende e si sviluppa soprattutto così.
Ma se volete sviluppare anche il girovita non perdetevi il profumatissimo ossobuco di vitella al tegame con salsa gremolada e asparagi al burro , nonché la faraona in fricassea o il piccione al tegame farcito al pasticcio di vitellone al tartufo nero lenticchie al tegame e polenta.
La carta dei vini è onnicomprensiva per quando riguarda il territorio del Cesanese ma ha anche le giuste etichette italiane e un accorto occhio sull’estero, specie sulla Francia e sullo Champagne.
Insomma, tutto funziona in questo locale, anche il prezzo perché il menù degustazione con quattro portate costa 55 Euro e se ci abbini quattro calici di vini locali arrivi a 65.
Vale il viaggio, anche a piedi!