Garantito IGP | Colline Albelle Inbianco 2021 Vermentino IGT Toscana


Colline Albelle -  Julian Reneaud

Colline Albelle – Julian Reneaud

di Stefano Tesi

Questa è la storia di un vino fatto da un’azienda dove la maggioranza è bulgara, ma il capo del governo è francese. Un giovanotto dall’espressione guascona, ancorchè nativo di Carcassonne e con ascendenti spagnoli, che si definisce cittadino del mondo perché il mondo l’ha girato davvero. Come enologo, nonostante la giovane età. Si chiama Julian Reneaud.

Racconta che nel 2016 fa mise gli occhi su Poggioventoso, un’azienda semiabbandonata nei dintorni di Riparbella, quindici chilometri dal Tirreno e tre da Bolgheri, praticamente al confine tra le provincie di Pisa e Livorno. Quaranta ettari, dei quali diciotto di vigneto malmesso.

Si fa due conti, vagheggia e progetta un po’, trova due soci (bulgari, appunto: Dilyana Vasileva e il consorte, fondatori dell’ecommmerce Seewine.com), se la compra e comincia l’avventura.

Fin qui una bella storia, ma non ancora originalissima visto che la Toscana, costiera e non, è piena di belle cantine frutto delle folgorazioni enoiche di stranieri nel Bel Paese.

COLLINE ALBELLE _ vigneto e villa

COLLINE ALBELLE – vigneto e villa

Abbastanza lineare anche il cursus honorum aziendale, diciamo così, col recupero di alcuni vigneti, l’espianto e la rimessa a dimora di altri (alla fine in campo ci saranno Sangiovese, Ciliegiolo, Merlot, Vermentino, Canaiolo Bianco e Petit Manseng), il classico casale da ristrutturare, qualche intoppo burocratico nella costruzione della cantina, idee chiare, scelte al tempo stesso precise ma trendy: biodinamico, sostenibilità, biodiversità, permacultura. Neppure questo, però, oggi è originalissimo.

“I nostri vini principali – spiega ancora Julian – si chiamano Serto, Altenubi e Halis, rispettivamente un Sangiovese, un Ciliegiolo e un Canaiolo Bianco, tutti in purezza e provenienti da tre distinte parcelle. Il primo esce adesso, mentre per gli altri la prima vendemmia sarà la prossima. Abbiamo poi Nebe, un passito di Petit Manseng”. Insomma, di davvero pronti per ora ci sono solo i due vini più giovani e semplici della gamma: Colline Albelle Inrosso e Colline Albelle Inbianco. Il primo è un Merlot, il secondo un Vermentino, “che volevamo fare diverso dal solito”.

Colline Albelle

Colline Albelle – Inbianco

Nemmeno questa sarebbe stata una gran sorpresa se, con sornione understatement, prima ancora di servire il vino Julian non si lasciasse sfuggire di aver pensato a produrre il bianco come una sorta di “base spumante” destinato, invece, ad andare direttamente nel bicchiere: “La filosofia di produzione è quella dello Champagne, con un primo vino estremamente aromatico e quasi imbevibile: la sfida era renderlo bevibile e gradevole, ma mantenendone le caratteristiche di fondo. L’uva quindi è stata raccolta il 14 agosto, data che ho scelto in base al solo assaggio degli acini, senza fare analisi: era ricca di aromi freschi e fruttati, quasi acerba, ideale per ottenere una gradazione alcoolica bassissima. Poi pressatura leggerissima (0,86 bar anziché 1,2 ndr), fermentazione in acciaio a 16° con lieviti indigeni, uso di barrique piegate con vapore e quindi povere di tannini, assemblaggio e imbottigliamento senza filtrazioni”.

Colline Albelle

COLLINE ALBELLE – vigneto

Alla prova del bicchiere il vino si rivela in effetti originale e interessante. Senza dubbio diverso dal solito e soprattutto dal Vermentino che si produce nella media collina toscana: l’impatto olfattivo qui è pungente, quasi tendenzioso nella sua acuta pietra focaia e in certi richiami, inconfondibili per i boomer, all’olio minerale, ai fulminanti, all’accendino spento. Tutto s’acquieta in bocca, dove l’alcool (10,3° dichiarati) è quasi impercettibile e il palato gioca a nascondino con una freschezza ondivaga e amarognola, che aleggia tra accenni di agrumi, di sfalcio e di fiori di campo. In definitiva un prodotto decisamente moderno e piacevole, di quelli che ti ricordi per un pezzo.
Va in enoteca attorno ai 25 euro.

Quanto all’inevitabile la domanda finale sul nome scelto per l’azienda, ecco la risposta di Reneaud: “L’antico nome di Riparbella era Ripa Albella, cioè Ripa bianca o biancheggiante per via dei suoi suoli tufacei e chiari, quindi abbiamo deciso di chiamarci così: Colline Albelle”.

Dalla Toscana franco-bulgara è tutto.