Garantito IGP | Butussi, uno strike conviviale post lockdown


Butussi

Butussi

di Stefano Tesi

Durante i difficili giorni del lockdown ho avuto l’opportunità di assaggiare con calma parecchi campioni dei vini più disparati. Difficile, in effetti, trovare circostanze più favorevoli per una degustazione: forzata tranquillità ed isolamento, pochi telefoni e campanelli che suonano, minime distrazioni e incombenze.

La pace forzata indotta dal virus mi ha consentito insomma di mettere a frutto e a fuoco, con la massima concentrazione, molte cose.

Eppure mancava spesso qualcosa.

Ci ho pensato su a lungo e alla fine ho presto scoperto che cosa: mancava la gioia di individuare belle bottiglie e, conclusa la parte tecnica della seduta, di potersele godere in compagnia, di bersele tutte, in definitiva di far fare al vino la parte del vino.

Allora, in attesa di tempi migliori, ho esso da parte le bocce che, assaggiate con cura solitaria, mi sarebbe piaciuto però riassaggiare in compagnia, in un contesto cioè a metà strada tra il confronto coi colleghi e la bevuta tra amici.

Detto fatto: appunti buttati e note riprese da capo col metodo “simposiale”.

Cominciamo la rassegna con due gran belle etichette di un produttore storico dei Colli Orientali del Friuli, l’ultracentenaria Valentino Butussi, oggi guidata dal figlio Angelo e dai nipoti Filippo, Tobia, Matia e la sorella Erika.

Eccole.

Valentino Butussi, Sauvignon Blanc “Genesis” 2018, Colli Orientali del Friuli doc.

Appena 1.275 bottiglie da una particella-cru di soli seimila metri con una vigna (biologica, come tutta l’azienda) di trent’anni sopra. Frutto di uno dei tanti esperimenti condotti negli anni e imbottigliato secondo il calendario lunare è un vino che di liscio ha solo il colore, d’un elegante paglierino. Al naso è invece esplosivo e intenso, che rilascia a ondate, in sequenza, ma senza sbavature né imprecisioni, note di pesca e di frutta a polpa bianca, biancospino, un accenno finale di buccia interna di agrumi. Al palato è sapido e lunghissimo, pulito, con una coda piacevolmente amarognola che invita alla ribeva. Elegante ma godibile. Amici contenti.

Valentino Butussi, Pinot Grigio Ramato 2018, Colli Orientali del Friuli doc.

Quella del ramato sarebbe una storia tutta da raccontare, anche per far capire meglio il “senso” di questo vitigno che nasce né bianco e né rosso e quindi si presta a molteplici interpretazioni. La meno diffusa, commercialmente meno redditizia ma senza dubbio più affascinante è quella adottata per produrre questo vino: il 25% dell’uva viene vinificata in bianco, mentre il 40% viene messo a macerare 36 ore, per estrarre la componente rosata; il restante 35% viene pigiato, raffreddata e lasciato anch’esso a macerare. Il macerato viene torchiato in modo soffice e il mosto messo a fermentare in botti tradizionali. Un mese prima dell’imbottigliamento le tre diverse vinificazioni vengono riunite.

Ne risulta un vino dal colore singolare, che definirei rosa antichissimo. Al naso è netto, diretto, con richiami alla polpa della frutta appena affettata e variegate note floreali in appassimento. In bocca è secco e deciso, verticale, con una prolungata nouance amara e bella persistenza. Col polpo grigliato è finito subito.