Gabriele Bonci, Enzo Coccia e Simone Padoan, i tre padri della pizza moderna italiana
Gabriele Bonci, Enzo Coccia e Simone Padoan sono stati premiati come Benemeriti della Pizza. Un riconoscimento che 50 Top Pizza ha assegnato nelle scorse edizioni all’Associazione Verace Pizza Napoletana, all’Associazione Pizzajuoli Napoletani, a Claudio Sebillo patròn di Pizza Village, a Sergio Miccu e Raffaele Biglietto fondatori di Tutto Pizza, al professore Mattozzi per gli studi sull’argomento. La motivazione, condivisa da tuttii curatori dela Guida 50 Top Pizza, la potete trovare nel mio libro pubblicato nel 2018. In tempi non sospetti.
I tre non sono i più bravi, ma sono quelli che hanno radicalmente cambiato il modo di concepire la pizza e la pizzeria nei loro rispettivi ambienti. Parliamo di oltre vent’anni fa. Con le loro intuizioni, hanno traghettato la pizza verso il futuro rendendolo un cibo moderno, sano, salutare, rispettoso della’ambiente e della qualità.
A differenza di altre guide, noi non imbalsamiamo nessuno, finchè hanno i locali aperti per i clienti li valutiamo così come avviene per le pizzerie che hanno più di cento anni. Resta la valutazione storica dalla quale non si può prescindere e che solo chi ha conoscenza piena dell’argomento può realmente comprendere.
Forse lo sforzo maggiore lo ha dovuto fare proprio Enzo Coccia quando decise di dare una svolta alla propria vita: con tanti nomi storici, giganti ancora in vita, due associazioni, cosa c’era da poter innovare nel mondo della pizza napoletana? Nel 1994 lasciò la pizzeria di famiglia, un po’ come capita a tutti i pizzaioli napoletani, per aprirne una sua in una zona dove non si era mai fatta una pizza nonostante l’espansione iniziata dal Dopoguerra. Questa cosa a chi abita a Milano o New York può non sembrare importante, invece in una città come Napoli spostarsi di cinquecento metri significa fare un viaggio di cinquecento anni. Figuriamoci passare da un quartiere all’altro, dalla zona della Ferrovia al Vomero. Due mondi, anche inflessioni dialettali diverse. Con questa apertura inizia la storia moderna della pizza napoletana, quella che ha portato al riconoscimento Unesco.
Infatti Coccia pensò che per fare una buona pizza fossero necessari ingredienti giusti e iniziò a cercarli fuori Napoli collegandosi al circuito di Slow Food. A differenza di tutti i suoi colleghi che aprivano il giorno, lui decise di aprire solo di sera. Quattro tavoli, massimo venti posti tutti stretti stretti. Fu il primo pizzaiolo a portare il prodotto tra gli intellettuali e i gourmet, restituendogli dignità e digeribilità: un processo di sensibilizzazione che non era affatto scontato visto che per due secoli la pizza era stata ignorata dai ricettari più importanti.
Iniziato lo sdoganamento, la storia del decennio successivo è quella del consolidamento: nel 2008 Coccia è il primo pizzaiolo napoletano che incrocia l’alta gastronomia, avviene a durante il Merano Winefestival con il gastronomo Luigi Cremona, quando prepara la pizza al tartufo. L’anno successivo è il primo pizzaiolo della storia a partecipare a un congresso gastronomico di livello internazionale: «Le Strade della Mozzarella» a Paestum assieme a Cracco, Marchesi e altri grandi cuochi.
Dopo anni di sacrifici la pizzeria si allarga, infine nel 2010 l’apertura del nuovo locale su prenotazione, sempre a via Caravaggio. L’unico pizzaiolo con due locali nella stessa strada. Arrivano champagne, vino e birre artigianali e tante pizze di ricerca con prodotti nuovi, oggi si direbbe gourmet.
Percorso analogo quello di Simone Padoan in Veneto dove ha portato la qualità e i nuovi metodi di lavorazione a favore del gusto e della digeribilità della pizza inaugurando la “scuola veneta”. Lui non ha dovuto scontrarsi con la tradizione, ma con una mentalità commerciale che guardava ai numeri sena scrupoli e senza vergogna, ancora oggi rintracciabile nell’offerta turistica di sedicente pizze in città come Venezia. Padoan ha inaugurato lo stile italiano, con la pizza a spicchi, cucinata. Imitato da millemiula pizzaioli.
Cuoco è Gabriele Bonci a Roma, anche lui parte da una situazione disastrata in cui si vendevano solo schifezze, bianca e rossa. Il gigante buono focalizza la sua attenzione sulla qualità degli ingredienti, della lievitazione senza lesinare attenzione ai temi ambientali. Oggi la sua influenza su tutto il mondo romano è fortissima, toccando anche la ristorazione e i vini. Grazie a lui nella Capitale è cresciuta una grande sensibilità ai temi dell’ambiente e della sostenibilità come in nessuna altra grande città italiana.
I tre hanno rivoluzionato il prodotto, dal Nord al Centro e al Sud dando una dignità assoluta e non ancora completamente percepita dagli stessi specialisti. Per questo 50 Top Pizza li ha premiati come «Benemeriti della Pizza»
3 Commenti
I commenti sono chiusi.
Scusate la domanda ma come è possibile che Franco Pepe sia passato dai primi posti delle passate edizioni al n. 13 della classifica di quest’anno. Ha dimenticato come si fa la pizza?
Ciao Francesco, Pepe non è né il primo né l’ultimo caso di retrocessioni, anche illustri, in questa classifica. Si è superati in genere per vari motivi: perchè sei distratto da altri progetti, perché hai perso importanti collaborazioni, per casini familiari, per casini giudiziari, perchè si è rotto il rapporto con un finanziatore o anche, molto banalmente e semplicemente, perchè gli altri spingono molto di più e sono più concentrati. Succede a tutti nella vita, e questo è stato il giudizio degli ispettori oltre che dei curatori. Fermo restando che 13° posto è tanta roba, non dimentichiamolo mai.
Finalmente ha aperto a Napoli un pizzaiolo che non ha mai vinto nessun premio, mamma mi e che pizz!!