Frattamaggiore, Mirù. La Cantina Nova di Michele D’Ambra e Ruggiero Ganzerli
Frattamaggiore Ristorante Mirù Cantina Nova
Via Padre M. Vergara 2016
Tel. 081.19255529
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Aperto sempre
Pasto completo senza vino da 25 a 40 euro
di Tommaso Esposito
Mirù sta per Michele, D’Ambra di cognome, e Ruggiero, Ganzerli.
Due appassionati di buon cibo e buon vino.
Il primo più versato per l’impresa.
Il secondo molto capace e destro tra i fornelli.
Nasce così, or sono dieci anni, questa osteria moderna diventata un punto di riferimento per quanti vogliano mangiare bene, e bere altrettanto bene, in questa parte della provincia napoletana che sta migliorando sempre più la proposta gastronomica in ogni settore, pizza compresa.
Ambienti caldi, familiari.
Servizio sincero, puntuale, affidato, non solo a Michele e allo stesso Ruggiero che ogni tanto si avvicina con le sue coccole ai tavoli, soprattutto al giovane Giovanni Angelino.
Oltre questo, le cifre che danno la certezza di trovarsi nel posto giusto sono essenzialmente due.
Una cucina basata sulle solide radici della tradizione campana.
Una tavola su cui giungono piatti resi moderni non tanto da taluni tratti creativi, bensì caratterizzati dalla qualità delle materie prime, recuperate soprattutto da produttori locali (dal baccalà alla cioccolata) nonché da una buona tecnica che, alleggerendo i condimenti eccessivi delle ricette canoniche e non sbagliando mai le cotture, esalta al meglio sapori e golosità.
Lo si nota subito con un percorso di benvenuto fatto di assaggi che rappresentano i prototipi, i fondamentali di una cucina contadina destinata a vivere in eterno, tale è la carica di ricordi evocati e di sapori percepiti, gustati.
Polpette fritte con rraù quello vero ‘strutto e ‘stratto per ore nel peppejare.
Frettate ‘e cepolla, frittata di cipolle.
Brasciola ‘e cotena ‘e puorco.
Parmiggiana, due gg mi raccomando, ‘e contratiempo.
Busecca, cioè trippe e centopielle al pomodoro caso e pepe.
Lasagnetta in bianco con salsiccia, broccoli e provola.
I primi fanno divertire il cuoco e pure gli ospiti.
L’abbellimento del piatto è un di più, un orpello.
La sostanza è quella che conta.
Friarielli, baccalà e candele spezzate a mano.
What else?
Mezzanielli spezzati a mano con una genovesa di tonno.
Poi i secondi che vanno da un coroniello di stocco alto così, fatto in cassuola con pomodoro, capperi, olive nere.
Una tagliata di manzo per i carnivori.
E un battuto di gamberi viola, glieli ha procurati il suo pescivendolo della porta accanto.
Preparati così, come li vedete, tanto per fungere da pre-dessert.
E funziona.
Alla grande.
Appena dolce, agrumato, fruttato e fresco com’è.
Lingue di gatto con ricotta e pere. Non perdetele.
Se poi ci sta ancora migliaccio e sanguinaccio, accomodatevi.
Non vi pentirete.
Poi per lo sballo finale un po’ di cioccolata.
Non fa male.
Anzi.
Insomma prendiamola così.
Noi siamo quello che mangiamo.
Soprattutto quando si mangia bene.