Garantito IGP | Frascati e Cannellino oggi, degustazione mirata delle nuove annate
di Roberto Giuliani
La tipicità, la riconoscibilità, sono aspetti che possiamo ritrovare nel Frascati? Direi di sì, nonostante il disciplinare consenta numerose combinazioni di uve e dosaggi. La ragione è molto semplice, qui conta di più il suolo, in seconda battuta l’altitudine e l’esposizione possono influire sull’acidità e la struttura, ma la composizione del terreno fa la vera differenza. Siamo in un’area di origine vulcanica, circa 8.300 km quadrati che occupano il versante settentrionale dei Colli Albani; il Vulcano Laziale si è formato circa 600 mila anni fa, l’attività magmatica ha alimentato l’edificio in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino all’inevitabile collasso che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro.
Le manifestazioni eruttive sono state prevalentemente di tipo esplosivo e hanno formato numerosi crateri, i più antichi sono quelli di Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci, oggi coltivati, mentre i più recenti hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, a imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli di Albano (168 metri) e Nemi (33 metri). Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino a 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa.
A seconda delle zone possiamo trovare pozzolane (dette “terrinelle”), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione che si riscontrano nelle parti più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all’acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; poi ci sono i tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato. Si tratta di suoli quasi del tutto impermeabili all’acqua e alle radici, questo comporta la necessità di effettuare scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; in misura modesta troviamo anche rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici. Sono quelle più vicine ai crateri e danno origine a terreni di scarso spessore, più adatti al pascolo o ai boschi; infine nelle zone pianeggianti, per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti, I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi e spesso umidi.
Le conseguenze di quelle antiche eruzioni si possono vedere addirittura nei pressi dell’aeroporto di Ciampino, basta passeggiare nei campi intorno all’Appia antica per trovare forte presenza di basalto.
Un altro elemento che deve farci riflettere è l’altitudine dei terreni coltivati a vite, che va dai 70 ai 500 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e nordovest.
Quindi: abbiamo un disciplinare che è stato “costruito” sulla base di ciò che nei vigneti esisteva tradizionalmente e sull’ingresso di qualche varietà alloctona. Ogni vino Frascati può essere composto da una miscellanea di uve in misure che possono essere molto differenti. Basti pensare che si possono utilizzare per un minimo del 70% del totale malvasia di Candia e malvasia del Lazio (puntinata), da sole o congiuntamente. Già questi due elementi danno luogo a molte variabili. Poi ci sono i trebbiani toscano e giallo, il bellone e il greco bianco che, sempre da soli o congiuntamente, possono arrivare a occupare il rimanente 30%. Se ciò non bastasse, si possono utilizzare altre uve consentite nella regione (fra cui, ad esempio, chardonnay, riesling, sauvignon, viognier, petit manseng, trebbiano di Lugana, pigato e tanti altri) per il 15% di quel 30% (che dovrebbe corrispondere al 4,5% del totale). Quindi, se un’azienda decide di mettere un’uva semiaromatica come il sauvignon nel proprio Frascati, nella misura massima consentita (4,5%), un seppur moderato impatto sulla personalità del vino ce l’ha.
Abbiamo poi la predetta questione territorio, e qui dobbiamo tenere conto che la maggior parte delle aziende storiche dispone di vigneti in zone differenti, fattore che allontana ulteriormente la possibilità di avere punti di riferimento chiari nei vini che assaggeremo. Ciò nonostante, le degustazioni effettuate in più occasioni (personalmente posso dire di essere cresciuto con i Frascati di Villa Simone, Conte Zandotti, San Marco, Castel De Paolis, Principe Pallavicini, L’Olivella, Pietra Porzia, Poggio Le Volpi, Fontana Candida e, perché no, anche Gotto d’Oro) hanno dimostrato alcuni punti in comune nella maggior parte dei vini, che potremmo condensare in freschezza, salinità, profumi ampiamente floreali e in seconda battuta fruttati, più o meno spiccata mineralità, colori luminosi ma mai carichi, elementi che ci riportano in modo piuttosto evidente al terroir dei Castelli Romani ed evidenziano una sempre crescente qualità dei vini.
L’annata 2017 ha rivelato qualche squilibrio, soprattutto nell’acidità che spesso è apparsa disgiunta dalla struttura dei vini: complessivamente, tenendo conto che è stata molto siccitosa e di difficile interpretazione, i risultati sono stati più che incoraggianti.
Ecco, sinteticamente, le mie valutazioni durante la degustazione effettuata il 23 novembre scorso presso il Consorzio del Frascati.
FRASCATI 2017
- Cantina Sociale di Monteporzio Catone: Susina, lavanda, fiori bianchi, limone; al palato è fresco, un po’ semplice e amarognolo, ma con buon ritorno agrumato.
- Gotto d’Oro: volatile, erbe di campo, agrumi gialli, leggera banana, pera, bocca appena più matura, acidità un po’ scollegata, salino, molto giovane, sensazione di residuo zuccherino.
- Tenuta di Pietra Porzia: colore più intenso, naso di frutta dolce, pesca, melone, susina matura; bocca di buona intensità, giusta freschezza, buon ritorno fruttato con finale agrumato, ha il dono della digeribilità e si beve con piacere.
- Crio 10 – Cantine San Marco: paglierino chiaro, floreale, asciutto, leggermente acidulo, ancora indietro.
- Crio 8 – Cantine San Marco: naso ancora fragilino, si intravedono gelsomino, mela verde, leggera ginestra, agrumi; più definito al gusto, sebbene la nota citrina sia piuttosto evidente, segno della necessità di ulteriore attesa.
- Le Rubbie – Casale Vallechiesa: una punta di zucchero filato, frutto dolce, al palato mantiene la nota di frutto maturo, l’acidità è slegata, non sembra fare parte del vino.
- Il Principe – Principe Pallavicini: frutto meno dolce ma sempre abbastanza maturo, bocca corrispondente, citrina, un po’ magra ma gradevole.
- Villa Simone: agrumi e fiori bianchi, mela renetta, sensazione di residuo zuccherino, buona base minerale, promette una buona evoluzione.
- Campo Vecchio – Castel De Paolis: pesca, leggero pompelmo, miele, un po’ più di ciccia al palato, discreta grassezza, sapido, buona piacevolezza, fine e ben fatto.
- Terso – Merumalia: agrumi gialli, leggero erbaceo, solforosa, al palato si sente un po’ l’alcol e il calore dell’annata; dignitoso.
FRASCATI SUPERIORE 2017
- Crio 12 De’ Notari – Cantine San Marco: leggera banana, pesca, minerale, al palato ha buona struttura, freschezza, buon tessuto ed esprime abbastanza bene i tratti salienti del Frascati.
- Biowine De’ Notari – Cantine San Marco: fiori, susina, pesca bianca, bocca fresca appena scomposta nell’acidità, ma non male nel complesso.
- Le Piantate – Cantine Volpetti: naso impreciso, sensazione di bucce, frutto un po’ ammaccato, a tratti richiama il formitrol; maturo in bocca eppure ancora squilibrato, con finale amaro e asciugante.
- 1960 – Almavini Casata Mergè: mango, mela, pesca bianca, frutto dolce e discretamente maturo; buon ritorno al gusto, anche agrumato, fresco, minerale, di carattere.
- Sine Metu – Cantina Sociale di Monteporzio Catone: naso con un buon frutto, gelsomino, pesca, agrume leggero, buon ritorno fruttato e leggera speziatura, fresco, vivace, discreta lunghezza, bel prodotto.
- Eremo Tuscolano – Valle Vermiglia: bouquet delicato ma variegato di menta, pera, mela, timo e ricordi floreali; al palato testimonia una buona materia e uno sviluppo godibile e ben sorretto dall’acidità.
- Conte Zandotti: profumo fine, floreal-fruttato, piacevole, bocca corrispondente, fresca, finale agrumato e di buona persistenza.
- Heredio – Casale Vallechiesa: naso fresco con un frutto in parte esotico e abbastanza maturo; bocca atipica, disgiunta dalle sensazioni olfattive, meno convincente rispetto alla 2016. Da riprovare fra qualche mese.
- Racemo Bio – L’Olivella: fiori gialli, albicocca, mandorla, leggera muffa, bocca ancora citrina eppure burrosa, interessante anche se ora non sembra avere raggiunto la condizione ottimale.
- Poggio Verde – Principe Pallavicini: agrumi gialli, pesca matura, sfumature vegetali; al gusto è asciutto, non ha particolare dinamicità, buona sapidità e finale tutto sull’agrume.
- Gold Label – Tenuta di Pietra Porzia: preferito largamente il vino base, qui abbiamo qualche eccesso in dolcezza e uno sviluppo sul frutto esotico che allontana un po’ dal carattere del Frascati.
- Villa dei Preti – Villa Simone: probabile problema del campione (non è stato possibile riprovarlo da un’altra bottiglia), naso chiuso, debole, in bocca sembra in rifermentazione, peccato.
- Gabriele Magno: naso maturo ma anche agrumato, bocca corrispondente, un po’ dolce sebbene l’acidità sia presente, ma appare scollegata.
FRASCATI SUPERIORE RISERVA 2017
- Primo – Merumalia: susina, pesca gialla, mango, agrume maturo, stile moderno e non proprio tipico ma ben fatto.
- Vigneto Filonardi – Villa Simone: per me rimane uno dei più interessanti, note di gelsomino, banana, pietra focaia, frutta tropicale, sfumature di salvia e melissa; bocca con buona intensità, corpo, acidità, sale, lungo finale, molto equilibrato.
FRASCATI SUPERIORE RISERVA 2016
- Epos – Poggio Le Volpi: altra annata, altre caratteristiche, frutto maturo di ciliegia bianca, erbe aromatiche, vaghi cenni di idrocarburo, ricorda un po’ il riesling, non male ma certamente atipico.
- Sesto 21 – Almavini Casata Mergè: nota di erbe aromatiche, albicocca, ma anche menta, mentolo, molto particolare; bocca corrispondente, ampia e di buona complessità, indubbiamente atipico ma interessante.
FRASCATI SUPERIORE RISERVA 2015
- Luna Mater – Fontana Candida GIV: naso lineare, floreal-fruttato maturo, buon equilibrio e buona struttura al palato, godibile; finale lungo, maturo e con leggero lascito amaro.
La parte finale della degustazione è dedicata al Cannellino, vino dolce di antica tradizione, 6 campioni di cui uno del 2017 e gli altri del 2016. Va detto che hanno mostrato tutti notevole diversità fra loro, segno di un vino interpretato in modo del tutto personale da ciascuna azienda.
CANNELLINO DI FRASCATI 2017
- Conte Zandotti: colore quasi bianco, naso poco dolce, profuma di uva appena appassita, in bocca è dolce ma anche con buona acidità, mandorla, agrumi, finale piacevole e di buona complessità.
- Cantina Sociale di Monteporzio Catone: la sorpresa della giornata, agrumi maturi, frutta candita, bocca corrispondente, buona acidità (integrata) e dolcezza contenuta, finale lungo.
CANNELLINO DI FRASCATI 2016
- Casale Vallechiesa: bel naso fine e appena dolce, ottima fruttosità, mandorla dolce; al palato qualche limite, acidità insufficiente a compensare una dolcezza spiccata.
- Cantina Villafranca: naso un po’ ossidato, smaltato, molto dolce in bocca, stucchevole.
- Poggio Le Volpi: colore carico, oro intenso, naso di frutta candita e secca, completamente diverso dagli altri, difficile trovare un’identità alla tipologia.
- Villa Simone: buonissimo, forse il migliore, trama olfattiva ampia e complessa, dolce ma tenuta a frena da una speziatura fine; lungo al palato, profondo, salino.