Firenze, Trattoria Armando in Borgo Ognissanti: la quadratura del cerchio dei Giovani Igp
di Carlo Macchi
Ad un certo punto mi sembrava che l’enigma del morto assassinato in una stanza chiusa fosse più facile da risolvere. Vediamo se voi sareste stati più bravi di me.
La situazione era la seguente. Il primo giorno dell’anteprima del Chianti Classico dovevo vedere a pranzo un signore russo che veniva a Firenze in treno ed aveva poco tempo. Lui arrivava in mattinata, aveva la visita prenotata agli Uffizi e poi alle 14 ci saremmo visti a pranzo.
Dovendo prenotare io il ristorante (nonché pagare il pranzo per dovere di ospitalità) cercavo un ristorante comodo da raggiungere a piedi sia per me dalla Stazione Leopolda sia per lui dagli Uffizi, ma che non fosse lontanissimo poi dalla stazione. Inoltre immaginavo volesse mangiare piatti tipici ma in un locale dove si potesse stare tranquilli e parlare in pace (dovendo parlare in inglese avevo bisogno di moooolta pace). Doveva anche essere un locale carino, dove la cucina fosse comunque di buon livello e last but not least, che non si spendesse uno sproposito.
Il giorno prima, all’anteprima della Vernaccia di San Gimignano avevo chiesto a vari colleghi fiorentini un consiglio e mi ero ritrovato con almeno una decina di segnalazioni. Il primo però era un po’ fuori zona, il secondo troppo caro, quell’altro troppo moderno, uno troppo semplice, un quarto magari troppo rumoroso, per non parlare di quello che chiudeva rigorosamente alle 15, o che era specializzato in cucina vegetariana……..insomma, stavo veramente sudando freddo. Per fortuna tra i segnalati c’era anche Armando in Borgo Ognissanti.
Avendo avuto le rassicurazioni del caso telefono e prenoto per le 14-14.15, orario che a Firenze farebbe incazzare anche i santi (ma non quelli in Borgo Ognissanti..) perché sai che comunque fino alle 15.30 (se va bene) non chiudi il servizio.
Comunque poco prima delle 14 entro nel locale e mi trovo in un posto dove i ricordi familiari contano. Il ristorante, non certo grande (non più di 50 posti) è tappezzato di vecchie foto che mostrano attori e cantanti in compagnia dei titolari. Infatti il locale, nato nel 1957, era prima il classico vinaio fiorentino e solo col tempo e con un’affezionata clientela dai teatri vicini (e non solo) si è trasformato in ristorante. Le foto alle pareti non sono però ridondanti, quello che basta per creare quel giusto calore e familiarità. L’apparecchiatura è di buon livello, i tavoli ampi e i profumi in sala invitanti.
Arriva il mio russo con un po’ di ritardo ed iniziamo ad ordinare alle 14.30 ma il sorriso dei titolari non è tirato, forse perché ci sono ancora diversi tavoli pieni (buon segno se ciò avviene il martedì a pranzo).
Veniamo al sodo: il menù è strafiorentino con pochissime concessioni. Buoni i crostini di fegatini ed il prosciutto crudo, ma ho visto passare delle melanzane alla Parmigiana che ti chiamavano da lontano.
Tra i primi spiccano zuppa di cipolle, ribollita, minestra di fagioli col farro, nonché pici e pappardelle sul cinghiale, ma forse sono i secondi i piatti forti del locale. Erano infatti anni che non mangiavo una trippa alla fiorentina di questo livello, morbida ma consistente, perfettamente integrata col sugo, saporita ma non troppo, veramente un grande piatto! Anche il peposo ordinato dal mio commensale era veramente buono ma la trippa era da sballo.
Sarà stato il mio inglese non certo fluente che aveva bisogno di tempo per uscire fuori, sarà stato la voglia di goderci i piatti ed il buon Chianti Classico ordinato da una carta in via di rifacimento, sarà stato il servizio affabile e cortese nonostante l’ora tarda, sarà stato che in quella sala si stava veramente bene ma siamo usciti che erano le 16 passate. Prima però avevo fatto la bellissima scoperta che a pranzo i prezzi sul menù venivano scontati del 15%.
Morale: se siete in centro a Firenze e volete stare tranquilli, mangiare buoni piatti toscani e spendere una cifra giusta Armando è il posto che fa per voi, parola di lupetto!
Trattoria Armando
Via Borgognissanti 140/R Firenze
Tel: 055217263
mail: [email protected]
Orario di apertura: pranzo: 12.15 – 15.00/Cena: 19.15 – 22.30
Chiusura settimanale: Domenica e lunedì a pranzo.
Questo articolo è stato pubblicato in contemporanea su
Alta fedeltà
Italian Wine Review
Lavinium
Luciano Pignataro WineBlog
Winesurf
6 Commenti
I commenti sono chiusi.
Caro Macchi che io sappia non esistono melanzane alla parmigiana,bensì esiste la parmigiana di melanzane.Posso testimoniare che ancora negli anni 70,il consumo di melanzane era pressocchè nullo in tutta la bassa emiliana e il suo incremento è avvenuto grazie alla presenza di tanti immigrati meridionali.Essendo questo un blog gastronomico è cosigliabile essere filologicamrnte corretti.Grazie e mi scuso per la benevola intromissione.
Esistono, esistono. Se ne faccia una ragione.
Di fatto non me ne faccio una ragione,poichè non esistono e se esistono me ne dia la prova.Ho vissuto a lungi in Emilia ,nel parmese tra gli anni 60 e 70 e iin nessuna trattoria e ristorante erano presenti piatti a base di melanzane.D’altra parte basta rifarsi alla cucina regionale di Veronelli e Carnacina dove non si fà nessuna menzione di piatti tradizionali emiliani con la presenza di melanzane,e la chiudo qui.
Tassone, non c’entra niente Parma. E’ fuori strada. Il piatto è lo stesso, con tutte le fisiologiche varianti: cambia il modo di definirlo, chissà per quale motivo linguistico perso nella notte dei tempi. Non mi allargo, ma certamente in Emilia, Toscana e Liguria si dice Melanzane alla parmigiana: che siano impilate come le liste di legno di una persiana, o che le liste di legno della persiana ne ispirino la sovrapposizione, sempre di melanzane si tratta. Anche se poi potrebbe esserci un aggancio col cucinare a strati degli emiliani e parmigiani, vedasi lasagne. Poi le vie del mangiare sono infinite, basta che arrivino nel piatto, che a questo punto si chiamerà come cavolo gli pare.
Precisazione x Scarpato: la Parmigina di Melanzane è, era e sarà sempre un piatto storico Napoletano e chi dice Melanzane alla Parmigiana dice un eresia.
Prova ne sia che l’ingrediente principe, insieme alle Melanzane e al Pomodoro, è la Mozzarella di bufala (con varianti Fiordilatte vaccino o Provola), alimento certo non tipico di Emilia, Toscana o Liguria.
Poi, all’interno della Campania, ne esistono ulteriori varianti che prevedono o meno la frittura semplice dell’ortaggio o il suo previo passaggio nell’uovo sbattuto o nella farina (varianti extraurbane che non rispecchiano comunque l’ortodossia).
E chi ha detto il contrario? Lei continua ad equivocare sull’aggettivazione, laddove “alla parmigiana” non significa “di Parma” o “secondo la moda di Parma”, “alla maniera dei parmensi”. Forse. Ripeto che “Parmigiana” o “alla parmigiana” sono la stessa cosa, sono lo stesso piatto di melanzane messe l’una sopra l’altra, pur con tutte le piccole sfumature di profumi e materie prime che caratterizzano l’Italia tutta. Qualche giorno fa ho mangiato le melanzane alla parmigiana a casa mia in Liguria, certamente qualcuno, diciamo a Salerno, ha mangiato la sua Parmigiana di melanzane: ci siamo entrambi goduti, forse, un bel piatto della tradizione. Che sarà anche partito da Napoli, ma ciò non significa che non possa aver attecchito anche altrove. Come di fatto è successo, vuoi per facilità, vuoi per bontà, vuoi per praticità. Non me ne può fregar di meno dell’ortodossia (scusi il francesismo), che mi interessa solo dal punto di vista culturale e tanto meno (e qui mi incavolerei anche un pelino) vorrei che certe prese di posizione fossero sintomi di chiusura, di “muri” da costruire all’altezza di Caserta in una difesa miope e asfittica del patrimonio campano. Che è anche mio, che vorrei avere la possibilità di conoscere anch’io, alla faccia dei vostri sterili distinguo.