Fiorduva 2002 Costa d’Amalfi Furore Bianco doc | Voto 93/100, il favoloso tempo lungo di Luigi Moio


Fiorduva 2002 Marisa Cuomo

MARISA CUOMO

Uva: ripoli, ginestra, fenile
Fascia di prezzo: 36-44 euro in enoteca
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

VISTA 5/5 – NASO 27/30 – PALATO 28/30 – NON OMOLOGAZIONE 33/35

Ci sono due elementi a fare Luigi Moio uno dei migliori enologi italiani di tutti i tempi: il dominio dei tempi lunghi (a volte sin troppo) proprio dei cattedratici di cultura e l’uso dei soldi come mezzo e non come fine. La prima qualità è il frutto di una rottura con il passato, anche il suo passato, fatto di una stagione che nasceva a ottobre e finiva ad agosto dell’anno successivo, e lo stacca da molti colleghi che invece di portare avanti una propria idea enologica si lasciano influenzare da mode, tendenze e muschilli.
La seconda qualità è ovviamente una spasa di panni al sole, visto che i suoi guadagni sono stati investiti in un’azienda che dovrebbe essere visitata almeno una volta nella vita da chi si picca di far parte del mondo del vino. Luigi non ha mai incrementato il numero delle aziende, non è precipitato nella bulimia di prestazioni, il suo progetto enologico non prende forma in corso d’opera, ma è come prefissato sin dalla sua nascita, proprio come una categoria kantiana.
Così Luigi ha perso alcune gare di cento metri, a volte anche i 1500, ma sui tempi lunghi non ce n’è per nessuno. E così sarà ancora per molti anni.
Sì, i muschilli possono essere talora irritanti, ma non possono impedirti di conquistare la persona amata, laurearti, raggiungere gli obiettivi della tua vita: fosse solo perché muoiono sempre prima di te:-)

Il Fiorduva 2002 alla Caravella vicino un ciuccio del ceramista vietrese Liguori

Così i vini si giudicano sempre da chi li pensa e da chi li fa.
Il discorso del tempo è ormai fondamentale per distinguere le bottiglie e le cantine. Non scelgo il vino alla Caravella di Amalfi perché in questa cantina nata nel 1959 ho una sola richiesta, sempre: mai un bianco con meno di dieci anni please.
Arriva il Fiorduva, a cui ho sempre preferito il Furore bianco base, anno dopo anno, scoperto, alla cieca, a prescindere dal millesimo. Un 2002 et voilà, al primo naso chiedo scusa a Luciano Di Lello, il giornalista di Repubblica che per primo ha creduto a questo bianco facendolo conoscere a Roma e dunque all’Italia (senti, laggiù fate un vino bianco buonissimo…in Irpinia? No, vicino Amalfi, aspetta…Fiorduva). Al secondo naso, quando l’esplosione di fico bianco e crisommola ben matura si libera dalle note speziate per poi lasciare posto alla salvia e alla fragranza della macchia mediterranea, zaffate salmastre e iodate, tocco fumé, ripenso a una osservazione di Paolo De Cristofaro sulla 2002 (un millesimo da rivedere grazie a chi ha lavorato bene in condizioni difficili).
In bocca esplode bene l’idea di vini di Luigi Moio, il tempo lungo appunto, c’è materia ma anche tantissima freschezza, davvero impressionante, lunga, piacevole, appagante. Torna la frutta con rimandi agrumati di pompelmo rosa calabrese, al palato il vino è come metallico, non ci sono concessioni dolci, il legno è come un’argine del fiume, preserva la corsa senza però intaccare la purezza assoluta della beva, la chiusura ha un finale ammandorlato che ripulisce il palato mentre si continua a salivare e a pensare, ancora un po’.
Dietro questo vino c’è sapienza enologica, ma c’è soprattutto tanta agricoltura eroica sostenuta dalla famiglia Ferraioli, con i terrazzamenti di Furore abbandonati per decenni ripresi uno ad uno come giardini patrizi, la tutela e il rilancio del reddito contadino, la salvaguardia della biodiversità attraverso l’uso di vitigni autoctoni della Costiera. In un territorio dove una veranda abusiva fa molto più reddito di un raccolto. E’ dunque un grande vino etico.
Dove l’errore? Semplice: non aspettare almeno cinque anni prima dell’uscita.
Ecco perché quando mi chiedono del vino di Luigi in genere rispondo: aspettiamo un po’, ancora un po’…
Una magnifica esperienza.
Ieri anche io ho avuto il miracolo di San Gennaro!

Sede a Furore- Via G.B. Lama, 16/18 – tel. 089/830348 – Fax 089/8304014 – [email protected]www.marisacuomo.com – Enologo: Andrea Ferraioli, con i consigli di Luigi Moio – Ettari vitati: 3,5, più 13 da conferitori. Bottiglie prodotte: 102.000 – Vitigni: Aglianico, Piedirosso, Falanghina, Biancolella, Ripoli, Fenile, Ginestra, Pepella, Moschella.

9 Commenti

  1. In una verticale di due anni fa, fu quello che mi intrigò di più. Lucià dobbiamo berlo vicino ad un altro bianco, sempre 20002, per capire qualcosa di più. Circa i tempi lunghi di Luigi. Nel mese di Marzo bevuto un ’94 nato per scherzo è ritrovato splendido. Forza, questo è facile.

  2. Pignataro la seguo da anni ma stamane intervengo per la prima volta per farle un complimento. Non è piaggeria, faccio il dentista…
    Lei è l’unico nel mondo del vino capace di fare autocritica

  3. E’ che i luoghi comuni fanno pensare ai bianchi come vini da pronta beva, al massimo entro l’anno successivo dalla vendemmia.
    Il panorama italiano è invece pieno, dall’Alto Adige con i suoi Gewurtztraminer alla Sicilia con l’Etna Bianco (penso al Pietramarina di Benanti), di esempi di bianchi da aspettare anni ed anni.
    Nel caso di Luigi Moio, il fatto eclatante è che, sin dalle prime presentazioni dei vini di Quintodecimo, fu proprio lui, testualmente, ad affermare con forza che “i miei vini rossi li voglio fruibili da subito, mentre i bianchi vanno aspettati dieci anni” …più chiaro di così!
    Evidentemente la sua formazione francese influisce non poco nel “concept” delle creature immaginate, ed il risultato è anche questo Furore.

  4. Il bello di questo vino, a prescindere da ogni altra considerazione tecnico-degustativa, è la sua reale non omologazione, non reiterazione e non replicazione in altro areale anche limitrofo. I vitigni del Fiorduva (nel suo complesso), per un arcano mistero crescono soltanto a Furore e dintorni e basta. Il resto viene da sè: uno dei migliori e più longevi vini bianchi d’Italia in assoluto. Ricordo che l’anno scorso a Gallarate rimasero tutti incantati ed estasiati quando ho presentato questo vino in degustazione ad una folta platea di persone competenti e semplici appassionati.
    Ad majora Andrea!

    1. Si si, infatti sembra che alla luce di recenti scoperte effettuate, i vitigni Fenile, Ginestra e Ripoli derivino da un sottoclone del Fiano di Avellino e gli antenati di Marisa ed Andrea abbiano origini irpine…;-)))))))))))))))))

      P.S. Grande Enrico, ” come te…sei grande solamente tu” !!!

  5. Com’è bello confrontarmi con persone così qualificate e competenti come te, Lello.
    Sei il solo.

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