Imbrogli: la grande beffa della carne locale e paesana e altre amenità per gonzi
di Marco Contursi
Nel mondo del food troppe volte l’abito non fa il monaco e non bisogna lasciarsi prendere dalle apparenze. Queste le considerazioni di fine giornata quando in una bella osteria di alta collina, dopo una serie di antipastini niente male, mi viene servita una bistecca “locale” pessima e per nulla frollata e del maiale altrettanto modesto.
Sbirciando in cucina vedo un pezzo intero con marchi che indicano provenienza estera. Eppure il posto mi aveva ben predisposto facendomi immaginare carne realmente locale, magari allevata da un anziano pastore. Perché troppo spesso, io per primo, ci lasciamo trasportare dall’atmosfera di un luogo, immaginando che tutto lì sia genuino.
Esempio classico: uno dei peggiori salumifici campani è situato in una zona bucolica e ho sentito tantissimi essere convinti che usasse carni di maiali allevati dietro casa, d’altronde per uscire al dettaglio a 6.5 euro il prosciutto e 4.5 euro la pancetta è davvero difficile che siano carni di qualità.
E dovrebbero farci pensare anche quegli agriturismi, alcuni davvero bellissimi, che hanno in recinto 2-3 maiali. A meno che non sappiano fare la moltiplicazione delle costolette e delle tracchie, come fanno a sfamare con i loro animali i clienti di un anno intero? Semplice, comprando alla grossa distribuzione la carne mentre gli animali esposti sono solo di scena.
Altro problema, quello delle macellerie di campagna o montagna. Anche qui sento spesso dire “io compro la carne in quel paesino perché è buonissima, solo animali del posto”…..Scordatevelo, il beccaio del paesino comprerà la carne al macello come fa il macellaio sotto casa vostra in città. In effetti, un tempo era davvero possibile trovare carni locali in macellerie di piccoli centri di campagna o montagna, questo perché ogni famiglia allevava ad esempio oltre al proprio maiale, un altro paio da vendere per monetizzare, e spesso venivano acquistati dai macellaio del posto.
Oggi questo, per le norme sanitarie e di rintracciabilità del prodotto, non è più possibile e quindi anche il macellaio del paese sperduto compra dove lo fa il collega della grande città. Trovare esposti in città la scritta “Carni Locali”, “Carni Paesane”, mi fa sorridere poiché non ho mai visto una mucca o un agnello a passeggio per Mergellina o sul lungomare.
Idem dicasi per i caseifici, ultimamente trovo sempre più spesso caseifici che fanno linee di prodotti molto allargate, personalmente qualche domanda me la pongo se trovo in Campania un plaisentif alle viole o un formaggio alle stelle alpine o altre erbe che non crescono da Bologna in giù e mi viene detto che è fatto qui da noi dove al massimo puoi trovarne uno al mirto o finocchietto.
Capitolo ultimo quello dei nonni e zii anziani che allevano, zappano, impastano, raccolgono, cucinano…..poveri vecchi, e fateli riposare!!! Eppoi se lavorano così tanto, è normale che i giovani non trovano lavoro….scherzi a parte, non se ne può più sentirsi raccontare o leggere nel menù, di patate raccolte dalla nonna, agnelli allevati dallo zio, gnocchi impastati dalla vecchia centenaria e via discorrendo. Ricordo, ancora ridendo, quando anni fa, in altra regione, un oste mi disse che la pasta la faceva la madre anziana e in cucina c’era un extracomunitario che impastava. Scoprii poi raccontando l’episodio a uno del posto,che la mamma era defunta da ormai 7 anni.
SVEGLIAMOCI. Iniziamo a porci e a porre delle domande sul cibo. E riportiamo il tutto a una essenza più semplice e autentica. Poiché chi produce seriamente, lo fa a costo di grandi sacrifici di tempo e di sudore e il tempo per inventarsi certe frottole per magnificare il suo prodotto, non ce l’ha.
21 Commenti
I commenti sono chiusi.
Complimenti Marco. D’accordissimo con te.
Grazie Diodato, quando ci vediamo per una grigliata da te di quelle buone però?porto un po di maiale alto livello :-)
Mi spiace ma non condivido l’analisi.
Se è vero, come è vero, che spesso nei menu le carni sono dichiarate locali ma non lo sono, ma sulla provenienza va fatto un distinguo. Le nuove normative (anno 2010) sul SEUROP (classificazioni delle carni) impongono nella timbratura anche la provenienza che non è mai solo quella del macello ma anche quella del luogo di nascita (entrambi timbrati sulle carni. Vale a dire che posso aver acquistato un vitellino in Francia ed averlo allevato allo stato brado in Italia e ritroverò entrambe le tracciature sulla carne e sui suoi documenti di accompagnamento.
In merito al prezzo del maiale poi c’è da fare un grosso distinguo sui prezzi finali che indicano proprio come la provenienza possa essere tanto del contadino quanto del grande macello.
La carne di maiale a peso vivo è standardizzata da dei listini nazionali le cui oscillazioni viaggiano tra i 2,90 al kg ai 3,40 (a questo prezzo è costretto anche il contadino che vende al macellaio che acquista l’animale vivo!). E’ ovvio che poi il macellaio, dopo aver pagato il prezzo finale (composto da acquisto dell’animale – trasporto al macello – perdita peso – trasporto al rivenditore distributore e da questi al macelaio …ed ho fatto la trafila più lunga che esiste!) il prezzo arriva fino a 4,20-4,50 kg. Nell’ambito di questo costo di acquisto ci sono le tracchie (prevalentemente ossa e grasso , non dimentichiamolo mai!), o addirittura le cotiche, e la costoletta. Le parti più nobili o più richieste salgono di prezzo fino a raggiungere i 6,50 – 6,90 le altre (molto più limitate!) marginalizzano meno. A conti fatti un maiale di 200 kg. pulito costa introno ai 700 euro e ne rende circa 3.000 che considererei una buona marginalizzazione dei costi.
Detto ciò non si è considerato che le ossa e gli scarti vengono venduti ad aziende che ritirano alla porta a 1,90 al kg,.
Insomma quello della carne, estera o meno, è un business molto redditizio che, per fama acclarata e consolidata, è quasi sempre gestito da gente “poco raccomandabile”.
Da noi nel beneventano e avellinese le carni se sono paesane lo sono davvero e del resto non potrebbe essere altrimenti perchè (e Marco Contursi che è laureato in Legge lo sa) dichiarare il falso configura la frode in commercio che è reato gravissimo (tra le sanzioni anche la chiusura dell’esercizio commerciale).
La verità è che Slow Food ha fatto male a molti instillando principi alla Berrino, lontani da una realtà viva e “incappottati” in un manto di misticità per il quale una papacella napoletana, ossia un peperone per dirla in italiano, arriva a costare al consumatore anche 30 euro al kg….ma solo se è con il marchio del Presidio.
Il punto, a mio sommesso avviso, è un altro. Non dobbiamo confondere chi produce la materia prima con chi la vende. Chi produce è una cosa e chi vende un’altra. Chi somministra un’altra ancora. Le tre categorie seguono regole e principi differenti.
Solo per chiudere. I beccai acquistano carni locali anche per marginalizzare meglio e ridurre la filiera e i suoi costi saltando dei passaggi della grande distribuzione.
Basta farsi un giro dalle nostre parti (Campania anche qui!) e venire a parlare con i macellai locali.
D accordo sulla divisione tra chi produce e vende, e sul fatto che alcuni marchi fanno aumentare i costi,meno d accordo sul fatto che acquistare carni locali convenga ai beccai,una manzetta polacca costo mooooolto meno di una marchigiana.Sul maiale poi del prosciutto crudo a 7 euro non può mai dirsi di qualità…..anche io potrei sciorinare dati ma servono a poco o nulla.Uno solo:non è vero che chi ritira l ossa paga il macellaio,ho appena chiamato tre macellai e tutti mi hanno detto che sono loro a pagare al “sivaiuolo” questo per accordi tra le categorie e poi lui rivende gli scarti.
Gli unici di cui fidarsi, proprio in base all’analisi (che condivido nella sostanza) e alla replica (che condivido in parte, specie per quanto concerne la “santificazione” di certi prodotti venduti con margini “gonfiati” dal merchandising) sono gli esercenti (macellai, ristoratori, salumai) che espongono, partita per partita, documenti che consentano la tracciabilità COMPLETA del prodotto. Il macellaio dal quale mi rifornisco, in piena città, lo fa per abitudine, con tutti i suoi prodotti. Non è affatto “roba paesana” (e non potrebbe esserlo, per i già ampiamente citati motivi) ma almeno so quello che compro (e che mangio).
Gentile Sig Catalano,sono un macellaio con un pò di esperienza e se mi permette non mi trovo come lei li ha formulati,usando badi bene i pesi e i costi che lei mette su cui anche potrei parlare.Ma diamoli per buoni.
Lei parla di un maiale da 200 kg puliti , intende credo 2 mezzene,infatti non sarebbe possibile solo la polpa utile altrimenti il maiale peserebbe vivo oltre i 350 kg . Quindi da 200 kg “puliti” si ricavano se tutto va bene 150 kg(in media) e pur vendendoli tutti a 7 euro al kg (senza distinguere i vari tagli) si arriva a massimo 1050 euro di ricavo.
Io questo maiale dovrei pagarlo secondo il suo listino euro 3,4 x 280 kg(peso vivo)=952 euro.
Quindi secondo i suoi calcoli ci guadagnerei appena 50 euro oltre al fatto che per smaltire ossa,cotica e grasso io pago l azienda che lo ritira presso i ns laboratori.
I calcoli sono quindi tutti da rifare .
Circa poi la carne locale o estera mi limito a dire che il “buono” costa indipendentemente dalla provenienza dell’animale,quindi i prezzi troppo bassi secondo la mia esperienza non sono sinonimo di qualità.
Cordiali Saluti
Quindi quando vado alla macelleria del parco dell’uccellina non mi vendono razza maremmana lì allevata, e il fatto che la carne sia più piccola e non cacci acqua quando la cucino è frutto della mia illusione… Idem per abruzzo umbria et similia? Un articolo utile sarebbe stato: dove comprare carne locale (almeno in Campania)
Quando ho voglia di una bistecca di podolica ben frollata vado dal mio amico Gino Fedullo dell’agriturismo I Moresani…stop!!!
sono molto arrabbiato per alcuni commenti ,voi fate come sempre tutt erba un fascio,se mi venite a trovare nella mia chianca che si trova a CAIAZZO vi mostrero certificati di circa 100 anni di vitelli nati e cresciuti a CAIAZZO e venduti da me ,, come si dice da noi NATI CRESCITI E PASCIUTI A CAIAZZO
Marco d’accordissimo con te!
Conosci bene le “difficoltà” con il suino casertano. Ormai lo trovi in pub, ristoranti, bracerie agriturismi etc con margini di guadagno elevatissimi(hamburger di “pseudo” suino casertano di 200g in un panino con insalata 8€)
Nel mio caso che allevo, seleziono, trasformo e somministro ho serie difficoltà ad andare avanti.
Produrre qualità nn è semplice!
La gente, in linea di massima,legge e si informa poco o niente, segue solo la “moda”!
Per quanto riguarda il ritiro di scarti e ossa io personalmente ho sempre pagato fior di quattrini.
100€ stipula del contratto e 70€ più IVA per il ritiro di ogni singola volta!
Prezzo più economico in CAMPANIA!
Marco d’accordissimo con te!
Conosci bene le “difficoltà” con il suino casertano. Ormai lo trovi in pub, ristoranti, bracerie agriturismi etc con margini di guadagno elevatissimi(hamburger di “pseudo” suino casertano di 200g in un panino con insalata 8€)
Nel mio caso che allevo, seleziono, trasformo e somministro ho serie difficoltà ad andare avanti.
Produrre qualità nn è semplice!
La gente, in linea di massima,legge e si informa poco o niente, segue solo la “moda”!
Per quanto riguarda il ritiro di scarti e ossa io personalmente ho sempre pagato fior di quattrini.
100€ stipula del contratto e 70€ più IVA per ogni singolo ritiro!
Prezzo più economico in CAMPANIA!
Come si dice dalle mie parti le “sciabole appese e i foderi combattono”!
Caro Mattia, tu che nella tua tenuta Cafasso fai allevamento e somministrazione vera di suino casertano sai i costi e quanto costi produrre carne di qualità…oggi il maiale nero lo trovi a prezzi ridicoli, quasi come il bianco, mentre un nero ha costi di allevamento altissimi se si vuole farlo crescere bene.E visto che trasformi, che ne pensi di una pancetta stagionata a 4,5 euro al kg o di salsicce a 3.5, anche se di bianco????
Scusatemi in anticipo l’intromissione e la lungaggine, ma da ex lavoratore del settore salumiero, profondo (scusate l’immodestia) conoscitore di tematiche, problemi e produttori del settore, vorrei dire alcune cose.
Condivido in parte le analisi di Giustino Catalano, ma sulla questione “illusione della provenienza e qualità”, non posso far altro che condividere appieno Marco Contursi.
Sono un campano che vive in toscana da oltre 30 anni che ha lavorato per ben 8 anni in un salumificio dove si partiva dalla macellazione di una cinquantina di capi il lunedi per poi procedere alla loro lavorazione durante l’arco della settimana (e parliamo degli anni 80, figuratevi oggi). L’azienda si occupava anche di lavorazioni e forniture per conto terzi (Coop, Superal [adesso PAM]) oltre a rifornire i macellai della zona circostante e diversi grossisti. Volete che vi racconti del raggiro dei metodi di controllo istituiti dalle aziende di cui sopra? Di contraffazione di marchi e cartellini? No, ma potete immaginarvelo benissimo.
Direte voi: tutto questo lavoro con solo 50 capi macellati? Eh si, ma il camion che veniva una volta a settimana trasportando carni già sezionate (spalle, prosciutti, pancette, capocolli ecc ecc ) da un grosso macello dell’emilia, di altri camion che scaricavano prosciutti di provenienza estere (Belgio e Olanda in gran parte) che poi venivano lavorati in loco e molto spesso, fatti passare per nonstrali (come dicono i toscani, si, con la elle) Sulla qualità degli stessi animali macellati da noi, non mi dilungo troppo per non tediarvi; basta dire che uno dei soci del salumificio era anche allevatore. indovinate dove finivano gli animali difettati o malati? Sul controllo sanitario preferisco non esprimermi.
Passiamo ad altro: vi ricordate, anni fa ormai, del ritorno in auge della famosa carne di chianina (in toscana ovviamente)? Razza quasi estinta con la quasi estinzione dei contadini che la allevavano per lavoro, carne, latte in Valdichiana soprattutto. Bene…con un’operazione commerciale di tutto rispetto, la razza fu riportata in auge (fatto lodevolissimo in se) ma, dopo appena sei mesi dall’annuncio nel quale si vantava la ripresa dell’allevamento di questo generoso animale, MIRACOLO! Pressochè tutti i macellai delle varie provincie toscane, (sempre stati furbi come bottegai) disponevano già della pregiatissima carne!
Un’altra? In fatto di maiali, conoscerete di certo la famosa razza chiamata “cinta senese”
Era il maiale autoctono dei contadini di quella zona; una bestia che veniva allevata quasi sempre allo stato brado, portata persino a pascolare nei boschi (che qui abbondano) per nutrirsi di ghiande e radici che davano alle loro carni un sapore eccezionale. Veniva fatto ingrassare a dovere perchè, oltre alle carni, doveva fornire anche il lardo e lo strutto molto usati all’epoca. E’ una tipologia di animale che ha una massa grassa abbastanza consistente, per cui essendo inadatto anche alla lavorazione da parte delle industrie (e contrarissimo ai nuovi dettami alimentari che vogliono solo carni magre), veniva snobbato dalle aziende di trasformazione.
Ma, ahimè, anche qui, i contadini sono pressocchè estinti, e con loro quella razza.
Altra grande e furba operazione commerciale alcuni anni fa, e anche la cinta senese risorge! E’ giustissimo, fondamentale per l’ecosistema, la cultura, il come eravamo, che si preservino le razze autoctone, ci mancherebbe!
Solo che le contadinelle che li portavano a pascolare non ci sono più! La furbissima operazione commerciale (ahhhh….potenza dei contributi europei!) ha prodotto alcuni allevamenti che ospitano, in aree recintate a volte di pochissima estensione, centinaia di capi (ne ho uno a 500mt in line d’aria) Se vedeste come sono brulli quei terreni, vi chiedereste di certo: ma come fanno a sopravvivere? Immaginatelo….
E tutto questo fa costare un prosciutto stagionato di questi animali la strabiliante cifra di 100 euro al kg!
Facciano pure finchè trovano i gonzi che glielo comprano!
Ovviamente ci sono quelle pochissime, eroiche, eccezioni ma, per trovarle, bisogna ricorrere al buon Diogene.
Scusatemi, spero di non avervi tediato troppo
Un’altra cosa voglio dirla….alcuni mi scrivono dicendo “ma non è sempre cosi, non fare di tutta un erba un fascio”……consentitemi, questo atteggiamento proprio non lo capisco……è normale che ci siano realtà serie ma proprio perchè tali, dovrebbero costituire la norma non l’eccezione e quindi non fare notizia. E’ come se uno parla della fame nel mondo e un altro dice “ma ci sono tanti che mangiano”…..e che vuol dire? Io parlo della fame, che non è meno brutta perchè c’è chi mangia…..idem io dico, se parlo del fatto che i macellai dei paesi non trattano più carne locale, che senso ha dire” ma alcuni la trattano”? Il mio era un modo per far aprire gli occhi a chi pensa che basti andare in luoghi di montagna o campagna per trovare in tutte le macellerie carne locale. E a dire il vero, il problema di chi spaccia per locale ,carne di altra provenienza è marginale ai fini del mio articolo poichè spesso siamo noi per primi a illuderci che abbiano carni locali e non ne chiediamo neanche la provenienza solo perchè situati i negozi in zone montane. Poi c’è chi mente ma è un altro discorso. L’atteggiamento errato su cui volevo porre l’attenzione è quello del lettore che mi dice “ma allora in Umbria e Abruzzo” non mi danno carne locale”……ma è mai pensabile che tutte o la maggior parte delle attività commerciali di carne di una regione trattino animali locali? ci sarà sicuramente chi la tratta ma non si può pensare che solo perchè regioni bucoliche abbiano allevamenti infiniti……ora vi dico una curiosità…..lo sapete che l’allevamento suino in Val d’Aosta è pressocchè nullo?Questo perchè il territorio non lo consente e quindi degli ottimi salumi come il lardo di Arnad o lo jambon de bosses vengono fatti con suini di altre regioni, selezionati con cura, e viene detto senza problemi.Io per primo in visita ai salumifici della regione, vedendo tutto quel verde dei monti immaginavo suini liberi dappertutto……siamo noi stessi troppo spesso i primi artefici delle nostre illusioni…..che poi qualcuno ci marci su e truffi sulla provenienza è un altro discorso e come diceva giustamente Giustino potrebbe avere risvolti penali ma la frode andrebbe provata, se uno ad esempio dice a voce false notizie sulla provenienza diventa difficile provare il reato senza una registrazione.E comunque un cliente non è un nas o ispettore dell antifrode.
Sign Nicola l ho letta con vivo interesse.Mi ha confermato cose di cui già avevo sentito parlare.Quanti sanno che sul sito del consorzio è possibile vedere una macelleria quanta chianina ha comprato e quando?Se un beccaio ne ha comprato 3 kg 6 mesi prima qualche domanda dovremmo porcela se continua ad esporre il cartello Qui Chianina!!!!!
Caro Marco pienamente d’accordo con te….poi altra nota dolente la frollatura, questa sconosciuta…..
Marco,
carne fresca e salumi a quei prezzi sono quasi impossibili!
Só benissimo cosa mangiano e come vivono i suini x produrre a quel prezzo.
Ma il consumatore attento e interessato, quando va in un locale a mangiare, puó chiedere tranquillamente la provenienza di quello che viene proposto.
Io da un po’ di tempo lo faccio, la stragrande maggioranza va in grosse difficoltà.
È un diritto conoscere la provenienza di quello che si mangia!
Grazie Marco. Ho solo raccontato l’esperienza avuta nel settore continuamente suffragata, tra l’altro, da quello che continuo a vedere in giro. Mi auguro vivamente che quei pochi eroi che, con grande sacrificio, continuano a portare avanti una produzione di qualità, non mollino. Agli altri mi sento solo di dire: occhi aperti e non lasciatevi abbagliare da spot milionari e “crediti” ormai ammuffiti.
SONO VEGETARIANA.
Sicura che le verdure siano davvero locali? :-)))))))))))))))))
Soltanto una considerazione: il nostro povero organismo, sollecitato da tanti “veleni” si comporta pure troppo bene……….
Che altro dire??!!!!