Finger’s Roma. La dolce vita Japan Style. Fenomeno mediatico & cucina creativa
di Ugo Marchionne
La nuova apertura di Roberto Okabe, chef patron dei ristoranti Finger’s, vero e proprio fenomeno mediatico milanese, parla la lingua della capitale. Roma Caput Sushi, come spesso ho avuto modo di segnalare. Roberto Okabe, nella sua stessa definizione, è “software giapponese in hardware brasiliano”, modernità, essenzialità ed immediatezza la sua progettualità, bravissimo nel creare combinazioni inedite di sapori, ingredienti, profumi, texture e suggestioni. I suoi piatti sono sospesi tra Oriente e Occidente, tra Italia, Giappone e Brasile, fondendo tutto in un insieme armonico. Il vero iniziatore della cucina Fusion in Italia. I ricordi del sushi che preparava la mamma nelle grandi occasioni, la vibrante solarità della cucina brasiliana. Tanta estetica e tanta sostanza per uno dei ristoranti giapponesi in cui oltre alla materia prima è il conto finale ad essere d’impatto. Gli arredi interni sono evocativi di una Dolce Vita reinterpretata alla luce della sensibilità e dello stile modaiolo giapponese.
Grande materia prima, lavorata molto questo c’è da dirlo. Soprattutto nei rolls. Il pesce, il re della tavola, riesce ad esprimersi senza sofisticazioni invasive soprattutto nelle tartare e nelle ceviche, uno dei marchi di fabbrica di Roberto Okabe. La tartare mista con Gambero Rosso e sesamo tostato è delicatissima, cosi come altrettanto delicate sono le tartare di Tonno, Capasanta, Avocado & Tempura di verdure. Sumiso, Miso dolce, quasi prepotente ma non coprente. Acidità spinta nella ceviche di ricciola e pesce bianco, le note fruttate sono sovrabbondanti, ma il pomodoro riesce inaspettatamente ad equilibrare l’insieme insieme col peperoncino Jalapeno. Davvero un buon insieme. Entrare nel cuore di una clientela difficile come quella di Roma non è semplice, basta non iper-complicare le portate ed aumentare le porzioni.
Di livello sia la selezione sushi che i secondi. Uno dei migliori Miso Black Cod mai assaggiati, marinato e dunque cotto. Così come il delicatissimo Astice Finger’s, cotto in crosta di alga nori e dunque servito con maionese piccante e salsa ponzu. Contrasti, giochi di temperature e una materia prima di livello rendono i giochi di Roberto Okabe compiutamente riusciti. Sempre al limite, sempre spinti, mai banali, di comprensione non sempre facile. Non date nulla per scontato. Mai. L’esplosione salina e acidula del caviale di salsa Ponzu è un tocco di classe, così come le note di agrumi nel Black Cod. Gastrofighettismi, molti, ma si lasciano perdonare. Finger’s è uno dei ristoranti in cui è nato il fenomeno mediatico della cucina giapponese in Italia.
Bollicine? Yes, please! Obbligatoria è una tecnica bottiglia di Annamaria Clementi 2007. Naso ricco, agrumato, floreale supportato da un attacco in bocca sottile, avvolgente, bollicina gentile ma persistente. Acidità sostenuta, sapido e fruttato, punto e contrappunto rispetto alla rotondità delle portate precedenti. Una combinazione maiuscola con i secondi targati Finger’s. Coppia servita. Mano vincente.
Delicato il dolce, un trionfo di frutta esotica, cremoso, avvolgente, forse le note acide sono troppo spinte, i frutti di bosco sono rinfrescanti ma rinforzano il pizzicore palatale, si lascia godere ma con qualche piccola remora.
A due passi da piazzale Flaminio, a via Francesco Carrara, la zona non è il top in quanto ad illuminazione ed ambiente esterno ma è puro centro. Il patio esterno è un po’ condensato sul marciapiede, sicuramente non il massimo della comodità, ma il servizio è giovane e cordialissimo e fa dimenticare alcune pecche logistiche del ristorante tra cui una luce troppo giallina all’interno e fioca all’esterno.
La cucina giapponese è fatta anche di compromessi, bisogna essere arrotondata, smussata per piacere agli italiani, ed il tortino al cioccolato caldo è un valido esempio di ciò, così come la Finger’s Lobster anche in versione portata principale, più sostanziosa e corroborante.
Una cucina saputa, d’intelletto, qualche pecca in abbondanza ma stiamo parlando sempre di un mito della cucina nipponica in Italia, Roberto Okabe.
Piccola recensione del nigiri. Riso caldo, taglio del pesce in linea con i dettami giapponesi, morso scioglievole. Il nigiri più vicino a quello che si mangia a Tsukiji che si può trovare a Roma. Ineccepibilmente buono. I complimenti sono doverosi. Una linea di sushimen capaci e veloci, preparati. Una macchina ben oliata.
Sicuramente sarà interessante valutarne l’evoluzione, di una proposta e cifra gastronomica che ha resistito all’incedere del tempo e ai gusti della penisola bagnata dallo Ionio e dal Tirreno. Sapidità, spazialità, estetica e gusto. Commistione. Giappone e Brasile, l’eterno ritorno della cucina fusion.
Via Francesco Carrara 15
00196 Roma
06 323 4453