Fiano invecchiati: jam session 2003-2000 con Terredora, Matroberardino e De Conciliis a Taverna del Capitano
I bianchi italiani si dividono in partes tres come la Gallia di Cesare: quelli da bere in uno, massimo due anni, ossia la minoranza. Poi ci sono quelli capaci di resistere al tempo, la maggioranza. Infine quelli che si evolvono nel tempo, e sono rari. Il Fiano rientra in questa categoria, quando è prodotto in Irpinia è naturalmente vocato a questa evoluzione e basta conservarlo con cura. Ma nel Sannio e nel Cilento con qualche accorgimento è ugualmente possibile avere bei risultati anche a distanza di dieci anni.
La cantina della Taverna del Capitano è una delle più ricche della Campania. Mariella Caputo, una delle prime donne sommelier, premiata anche dalla Guida Ristoranti Espresso per la sua competenza, è stata una delle protagoniste della rinascita dei vini campani. Ecco perché quando arrivo in questo posto dove finisce la strada mi affido con sicurezza a lei senza neanche scegliere. L’altra sera mi ha proposto questa spettacolare jam session in cui ancora una volta il Fiano ha mostrato la sua indiscussa superiorità su tutti i vitigni a bacca bianca italiani proprio per questa possibilità di evolvere oltre che di resistere, ossia di affrontare il tempo come vantaggio e non come nemico.
Perella 2003 Fiano Paestum igt Viticoltori De Conciliis: il conforto
Abbiamo iniziato con una delle mie etichette del cuore, purtroppo non puntuali nella uscita ma sempre in grado di regalare grandi esperienze. Bruno è stato tra i primi a sperimentare macerazioni più spinte sulle fecce proprio con lo scopo di allungare la vita al bianco. Il Fiano ha sempre risposto bene, trovo stupefacente la freschezza dell’Antece 2004, un vino confortante come un vecchio zio che ti porta al cinema. Il Perella 2003 ha dimostrato di essere in perfetto equilibrio: al naso appena un filo ossidativo poi sovrastato dalla polpa di pera, la freschezza completamente dentro la materia che sosteneva in modo fermo. Un vino alla fine circolare secondo me giunto al suo nadir.
Valutazione ****
Campore 2002 Fiano di Avelino doc Terredora: l’emozione
Ecco un vino che dimostra la grande forza dell’areale di Lapio che evolve sempre in modo complesso con note di frutta ben evolute intrecciate alla macchia mediterranea, al miele di acacia, allo zafferano, alla salvia. Più suadente e tranquillo di quello di Montefredane, non meno affascinante ma scorbutico, indirizzato verso gli idrocarburi. Si tratta di una delle migliori vigne di fiano, su suolo argilloso in forte pendenza e questa esecuzione renderebbe possibile una bella figura a questo vino in qualsiasi batteria di bianchi coperta. Incredibile la freschezza, la dimensione della materia in corpo, l’allungo finale con il rimbalzo dal centro lingua all’ugola con una chiusura pulita e rinfrancante.
Valutazione *****+
Terre di Dora 2001 Fiano di Avellino doc Terredora: la monumentalità
Ecco un bianco che in una commissione di degustazione a sensibilità miste sarebbe arrivato primo. In pratica, figlio di una annatta effettivamente spettacolare, forse l’ultima registrata prima dell’ingresso dell’Italia in Amazonia ha tutti i requisiti a posto, a cominciare dal colore, giallo paglierino normale, al naso c’è frutto fresco e pieno accompagnato a una bella mineralità e un pizzico di fumé/tostato, in bocca esprime acidità ancora davanti alla materia, la trascina più che sostenerla, è pieno, lungo, giovanile, di buona beva, con chiusura infinita, pulita, secca. Sapido come tutti gli altri e senza alcuna dolcezza.
Valutazione *****
Radici 2000 Fiano di Avellino doc Mastroberardino: la scuola
Anche questo vino è in forma perfetta e smagliante, per inciso sono contento che l’etichetta, quella con il tralcio, sia stata cambiata e reso più essenziale. Soffre, come tutti i 2000, di una mancanza di allungo, di rimbalzo. C’è tanta materia, fruttata e minerale al naso, ma in bocca è come contratto, non si distende. Chapeau dunque per la tenuta spettacolare e per la assenza di effetti speciali, alla cieca non si direbbe un Fiano di tredici anni, ma manca l’emozione dei tre precedenti. Da bere in abbinamento al cibo grazie alla buona sapidità e alla discreta acidità-
Valutazione ***
Terre di Dora 2000 Fiano di Avellino doc Terredora: la scuola
Discorso simile per quest’altro 2000. Un vino di ottima tenuta, spettacolare se si pensa che, come il precedente, era stato pensat per durare una, al massimo due stagioni, con un prezzo che non superava sicuramente le 12mila lire allo scaffale. Tutto apposto, manca l’allungo e la complessità, come a tutti i 2000 che sinora ho provato.
Valutazione ***
Cosa dire cari lettori? Chi ha comprato e conservato ha fatto buoni affari. Il mercato dei bianchi invecchiati si sta allargando, ora sono quasi quindici le cantine irpine che hanno un prodotto con più di un anno di attesa come dovrebbe essere regola.
L’ennesima dimostrazione della assoluta superiorità del Fiano e dell’anima bianchista della Campania.
Il resto sono opinioni
3 Commenti
I commenti sono chiusi.
I vini che Mariella ha somministrato al ns. amico Luciano sono certamente eccellenti, ma la verità e’ che tutta la Taverna del Capitano e’ eccellente. Poi ora lo chef e’ in un particolare momento di forma, avrà qualche musa ispiratrice speciale. Se così è ci fa piacere per lui.
Ad majora amici della Taverna.
Mariella dimenticavo una cosa, se hai ancora una bottiglia di Campore 2000 mettimelo da parte che mi farebbe piacere assaggiarlo.
Un bacio a tutti.
Un fiano 2000 con allungo e complessità? Colli di Lapio di Clelia Romano.