Fiano Cerzalonga, il tesoro di Ferragosto
10 agosto 2002
Chi trova un amico trova un tesoro, noi siamo i ragazzi, i ragazzi, i ragazzi più ricchi del mondo! Così la canzoncina di un famoso sceneggiato televisivo di cui furono piene per mesi le orecchie di chi oggi è negli anta: «I ragazzi di padre Tobia», appunto. Non «True Faith» dei New Order sparata poi nella notte sulla costa cilentana, ma proprio quel motivetto del 1968, inno del baby-boom, balzato fuori dai meandri della memoria è la colonna sonora di questa settimana. L’invito di Eduardo Cicelyn una sera ad Acciaroli-bandiera-blu proprio al centro del borgo dove Florigi dispensa vini e formaggi nella sua Enoteca di fronte alla barche ormeggiate lascive nel porto. Al centro, cioè nella casa in pietra cilentana di Nicola e Antonia Tipaldi: vissuta per ricevere gli ospiti, la cantina in attesa delle barriques, vasche d’acciaio e voilà, ecco arrivare a tavola il Cerzalonga 2001. Nel naso mandarini sbucciati, albicocca, fragoline acerbe, sino al miele di castagno, in bocca abbastanza grasso, elegante, fresco e morbido allo stesso tempo, la conferma delle stupefacenti potenzialità del fiano cilentano, ritenuto il miglior bianco in Campania nella versione del Kratos 2001 di Maffini da Alessandro Masnaghetti. Cerzalonga è il nome di una località che vuol dire quercia lunga, qui Nicola Tipaldi (0974 904035) ha ripreso qualche ettaro del vigneto familiare e si è buttato nel gioco senza ansia come si deve per avere risultati capaci di sfidare il tempo. Scopriamo l’etichetta disegnata dal maestro Pietro Lista e la mano di Roberto Di Meo che segue Nicola con qualche consiglio. Anche il Cerzalonga 2000, non fermentato a temperatura controllata, lascia il palato pulito e soddisfatto, provato qualche giorno dopo su un piatto di cicoria selvatica e patatine cilentane nell’agriturismo di Prisco a San Mauro La Bruca (tel.0974.974153), appostati come falchi su Capo Palinuro. Eduardo, Pietro e Roberto: grazie a tre amici di vecchia data ho trovato il mio tesoro per Ferragosto. Così parlò Plinio il Vecchio.