Federico Fazzuoli: il successo di Oscar Farinetti invita a riflettere. Dal Tavernello a Già



Guardate questa foto: non sembra Farinetti prima di EatItaly?

Oscar Farinetti

Due chieriche da sagrestani di periferia, sorriso bonario da vecchio zio che ti passa la paghetta di nascosto a mamma e papà, lo stesso destino lombrosiano: il vino per il popolo per sostenere la viticoltura in crisi

http://www.youtube.com/watch?v=m9wtV-lHO0w?

Da venti anni il dominio del pensiero smithiano regala la ragione a chi si arricchisce e il torto a chi ha una visione diversa dello sviluppo. E’ il mercato bellezza, si dice. Lo stato si faccia da parte, i deboli si facciano da parte ed è già tanto se vivono. Così le aziende sono finite in mano ai ragionieri e il valore sociale di chi ci lavora è mortificato con il precariato e la dequalificazione.
Ma davvero sul piano storico possiamo dire che è stato questo modo di vedere le cose a spingere in avanti la civiltà o non, piuttosto, la pulsione collettiva di cambiare le cose?
La questione è stata sollevata da Franco Ziliani e poi rilanciata dall’amico Angelo Peretti: è giusto identificare la Langa con questo vino?
Davvero la risposta all’invenduto e alle eccedenze deve essere la capacità di offrire qualcosa a minor costo degli altri paesi produttori del mondo vendendo un po’ di immagini di tradizione come spot?

La prima volta che vidi Oscar mi rimbalzava nella memoria olfattiva un’altra persona. Ieri sera, commentando il blog di Franco l’illuminazione! E’ lui, Federico Farinetti, alias Oscar Fazzuoli!

Mi auguro che l’arricchitevi di buchariniana memoria da lui strillato ai contadini langaioli faccia effetto e che le colline di Pavese si trasformano in una sorta di Fantasilandia.
Fino a quando spunterà un Farinetti in Australia piuttosto che in Cina, e la viticoltura piemontese che avrà seguito il suo pifferaio farà la fine delle ceramiche di Sassuolo piuttosto che delle industrie tessili comasche e lucchesi.

Auguri a tutti noi.

Ah, una sola cosa signor Oscar: non si incazzi per una chiocciola non data. In fondo in fondo, a che le serve?

13 Commenti

  1. bel commento Luciano! Continuo però a credere – “incazzature” per chiocciole non ricevute a parte – che Farinetti sia molto meglio del teorico dell’elicottero a Linea Verde, dell’aedo del Tavernello… Sicuramente conosce e ama il vino più di lui…

    1. Non c’è dubbio su questo. Ma di fronte alla somiglianza fisica (due sosia praticamente) non ho resistito. In fondo, caro Franco, per fortuna che siamo capaci ancora di divertirci un po’:-)
      Qua stanno tutti incazzati:-)

  2. ma come Luciano, ci sono ancora produttori che “s’incazzano” per il giudizio delle guide, per una chiocciolina non arrivata o un bicchiere inferiore alle aspettative? Suvvia, un po’ di spirito alla De Coubertin…

    1. Mi sono reso conto che la costruzione di una critica enologica autonoma è come l’attraversata di un deserto.
      Alcune aziende, non so dall’alto di quale piedistallo, ritengono che tutto sia loro automaticamente dovuto. Ma stavolta fanno palla corta, molto corta
      Pensassero a fare i vini buoni che è il loro lavoro. Si sono troppo abituati all’intreccio produzione/critica degli anni ’90 e adesso non capiscono quello che sta succedendo: confondono la guida con un catalogo e pretendono di entrare nel merito di ciò che si scrive
      Il mio non è un riferimento specifico a Farinetti con cui non ho mai avuto a che fare direttamente, sia chiaro.
      Ma nei prossimi mesi ne vedremo delle belle, ne sono sicuro

  3. ricordi Luciano, quando in epoca non sospetta ti mettevo in guardia sugli errori di Slow Food nell’accantonare bravi e esperti volontari per far spazio a un malinteso “modernismo”?
    il mio esempio era proprio la resa incondizionata al farinettismo.
    oggi GIA’ abbiamo le conferme che la strategia era sbagliata.

    1. Della vita associativa non posso esprimere giudizi perché non l’ho mai vissuta dall’interno.
      Quanto alla guida, invece, posso assicurarti di aver lavorato in piena e totale autonomia e che questa condizione, da quel che ho visto parlando con colleghi di altre aree, è un dato generalizzato. Mai per un secondo parlando con Giancarlo, il curatore con cui ci siamo rapportati, ho avuto la sensazione di giudizi e indicazioni pre-formulate. E lo stesso con Fabio nelle degustazioni finali.
      Slow Food Editore ha voluto così e questo ha anche creato qualche mal di pancia come è logico che accada.
      La mia battuta sulla chiocciola mancata a Farinetti è una ennesima sottolineatura di questa condizione di mio benessere psicologico in questa impresa editoriale. Non che l’autonomia si misuri negando i riconoscimenti aprioristicamente, bensì nella serena valutazione, resettando. Appunto.
      Questa, caro Maurizio, è la mia testimonianza
      Letto, firmato e sottoscritto:-)
      Quanto al farinettismo, il termine è complesso per liquidarlo così in due battute qui: ne ammiriamo la qualità di costruttore e inventore. L’imprenditore pulito-tipo che piace al Pd!

      1. a me quest’ultima frase mi ha messo giusto due brividini. sarà la febbre :-)

        1. Eppure la vicenda Calearo avrebbe dovuto togliere ogni dubbio che la differenza tra Pd e Pdl è, ideologicamente parlando, solo nella Elle:-))

          1. caro Luciano,
            ovviamente non mi riferivo al lavoro di estensione della guida dei vini, fermo restando che nemmeno quando c’ero io nessuno si è mai sognato di impormi alcunchè.
            ma a bra e dintorni i “rottamatori” hanno fatto tanti danni, e il farinettismo è stata la molla decisiva in una specie di “cupio dissolvi” che ha portato a ostracismi e messe al bando di chi, memore dei vecchi ideali non rampanti, non si adeguava ai business plan.
            direi che il paragone che tu porti tra pd e pdl regga perfettamente.
            avremo renzi reduce da hardcore nel prossimo CdA ?

  4. Ci sono già stati esperimenti dove il vino viene portato ad essere “analcolico”, “fish wine” “10°” e chi più ne ha più ne metta, altro non sono che che strategie di marketing atte ad avvicinare persone al “vino” che magari non ci si avvicinerebbero mai se non nei sushi bar di plastica o nei posti in dove fa scic avere un bicchiere di vino tinto in mano…Persone che quindi non apprezzeranno mai il buon vino e tutto ciò che ci sta intorno.
    Se vogliamo di vini fatti bene, leggeri a salutari ce ne sono a bizzeffe, mi viene in mente il Gragnano antesignano di tutti i novelli e beajuolas o come diavolo si scrive…
    Se si pensa che molti ragionano sul vino in base alla gradazione con l’equazione che se il vino ha un grado in più fa più male di uno che ha un grado in meno, senza badare alla qualità, a come viene fatto, agli effetti che può avere sullo stomaco e sulla testa…
    Certo che se l’istruzione sulla cultura alimentare e del vino ce la fa Zaia allora si che siamo a posto….
    Meglio bere poco ma bene
    CARPE DIEM

  5. Grande post sig. Luciano!
    Ma siamo proprio certi che siano davvero due individui distinti?
    e che Tavernello e Già non siano proprio lo stesso vino?
    Mi risparmio volentieri di scoprirlo.
    I baffi parlano da sè

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